The Order: recensione del film di Justin Kurzel – Venezia 81
Justin Kurzel porta al Lido un film di genere, ben girato, ben interpretato ma raccontato male
Mancava un film di genere in Concorso a questa Venezia 81 (visto quanto presentato fin ora almeno) e ha rimediato Justin Kurzel (lo stesso di Assassin’s Creed) con The Order, di cui vi presentiamo la recensione. Un thriller ambientato in Idaho dove un agente dell’FBI cupo e solo, interpretato da un grande Jude Law, dà la caccia ad un sovversivo gruppo di suprematisti bianchi. Pur essendo ambientato 40 anni fa è purtroppo attuale nel raccontare la persistenza e pericolosità dei gruppi d’odio che rivendicano con convinzione religiosa il loro predominio.
Gli echi di quanto mostrato si fanno sentire ancora oggi e basti pensare che lo stesso libro che ha ispirato L’ordine (il gruppo mostrato nel film) ha funto da modello per coloro che hanno compiuto l’assalto a Capitol Hill nel 2021. Interessante il parallelismo, ottima regia e grandi interpretazioni (Nicholas Hoult ormai è sempre più cattivo) peccato che nonostante la buona confezione The Order sia un film fin troppo prevedibile nel suo rispettare gli stilemi del genere.
Indice
Trama: una cittadina tranquilla – The Order recensione
Nella cittadina di Couer d’Alene non accade mai nulla di grave e i criminali peggiori sono i cittadini che non rispettano le normative sulla pesca. Quando Terry Husk, agente dell’FBI, viene trasferito lì il timore di un pericolo incombente si fa reale. Di lì a poco iniziano ad essere scoperte una serie di rapine a banche e mezzi blindati legate a delle misteriose esplosioni. Con l’aiuto di un giovane detective del posto, sottovalutato ma decisamente sveglio, Husk inizierà a scoprire il marcio che si cela dietro l’apparente quiete della cittadina.
I crimini non sono infatti legati alla solita voglia di denaro, ma hanno radici più profonde nel lato oscuro della città. Tra il gruppo di suprematisti White Power, c’è infatti un dissidente, che stufo di attendere che il proprio gruppo faccia qualcosa decide di prendere in mano la situazione, formare un esercito e dichiarare guerra contro il governo degli Stati Uniti.
Forme di sacrificio – The order recensione
È la predisposizione al sacrificio il fil rouge che lega i due personaggi protagonisti di The Order, da un lato l’agente interpretato da Jude Law e dall’altro il nazista di Nicholas Hoult. Entrambi infatti sono disposti a dar via tutto pur di portare avanti la propria causa e pur essendo su versanti opposti i due sono quanto più simili si possa pensare. Non è un caso se Kurzel li fa incontrare più volte durante il film e i personaggi si studiano, quasi si rispettano e in fondo sembrano anche capirsi, in un gioco di sguardi che fa onore ai due interpreti. Questa perseveranza nel portare avanti la propria causa e ciò che collega il film ai giorni nostri, infatti all’apparente sconfitta dei nemici segue l’assalto al Campidoglio di circa 40 anni dopo.
L’ordine non può essere sconfitto, non è composto solo da uomini ma soprattutto da un’idea e per quella non bastano i proiettili. Lo stesso vale per l’FBI, rappresentata da Terry Husk. Un antieroe, un personaggio noir a tratti, disposto ad abbandonare la famiglia, a perdere salute e veder morire i propri compagni ma non a smettere di cacciare. È interessante il parallelismo che il regista crea tra la giustizia ed il suo esatto opposto, spaventoso a tratti, forse perché fin troppo reale.
“Secondo me quello muore” e poi succede davvero – The Order recensione
Per quanto interessante tutto ciò, il problema di The Order sta però nel come Kurzel ha deciso di narrare la vicenda. Volendo tenere fede al genere ha forse esagerato nel rispettarne i canoni e ciò che ne risulta è un racconto debole. Lo si guarda il film, eppure alla prima inquadratura sul personaggio (che non menzioneremo per evitare spoiler) si sente puzza di morte, così come è evidente chi verrà sfruttato per incastrare i cattivi e chi è invece non può morire. Fatta eccezione per Law e Hoult gli altri personaggi sono strumentali, caratterizzati unicamente dal ruolo meccanico che avranno nel far progredire la trama, dal giovane partner del protagonista, passando al suo superiore e arrivando alle mogli del villain.
Presenti forse per fedeltà agli eventi, ma non pervenuti. Così come non lo è il climax finale, preceduto da una costruzione attenta, una serie di eventi che lasciano presagire un grande scontro, la creazione di un esercito, un furto da 4 milioni di dollari e poi “se ne sono andati tutti” recita un personaggio. Sì ma che fine hanno fatto? Cos’è successo nel mezzo non è dato di saperlo e per quanto l’epilogo sia suggestivo (da un punto di vista tecnico si può dire ben poco) è decisamente anticlimatico. Un vero peccato.
The order
Voto - 6
6
Lati positivi
- L'impianto tecnico e le performance
Lati negativi
- La narrazione e i personaggi secondari