Tutto chiede salvezza 2: recensione della seconda stagione della serie Netflix
La seconda stagione di Tutto chiede salvezza fa un passo indietro ed abbandona la narrazione delicata e umoristica nel parlare di salute mentale
La prima stagione di Tutto chiede salvezza è stata una boccata d’aria fresca nel panorama italiano. La serie, tratta dall’omonimo romanzo di Daniele Mencarelli, ha mostrato le dinamiche dei reparti psichiatrici, i pregiudizi di cui sono vittime i pazienti e i giochi di potere dei medici e dottoresse che ci lavorano. Con delicatezza, umorismo e originalità, Tutto chiede salvezza si è ritagliata il suo piccolo spazio all’interno del catalogo Netflix. Questa seconda stagione, in uscita il 26 settembre, ha sulle spalle la responsabilità di portarci nuovamente in mezzo a quei corridoi.
Indice
Trama – Tutto chiede salvezza 2 recensione
La prima domanda che ci siamo posti è come fosse possibile che la storia tornasse a focalizzarsi nello stesso ospedale e come fosse possibile per la serie tentare di ricreare le medesime dinamiche in modo però nuovo, senza cadere in qualcosa di già visto. In questo la seconda stagione di Tutto chiede salvezza stupisce concentrandosi sull’arco narrativo di Daniele che, completamente cambiato dall’esperienza nel reparto psichiatrico, decide di rimettere in sesto la sua travagliata vita.
La relazione con Nina è ai ferri corti ed entrambi lottano per avere l’affidamento esclusivo di loro figlia Maria, è impegnato con gli studi, vive con dei genitori preoccupati e la sua salute mentale è messa a dura prova, ma la possibilità di svolgere un tirocinio presso lo stesso reparto psichiatrico dove è stato ricoverato in quella settimana e la possibilità di diventare infermiere sono le due cose che gli riportano speranza.
Un passo indietro rispetto alla prima stagione – Tutto chiede salvezza 2 recensione
Ritorno di vecchie conoscenze quindi, ma anche un buon escamotage narrativo per introdurre e conoscere nuovi personaggi. Sulla carta questa nuova stagione di Tutto chiede salvezza è quello che ci si aspettava dal successo che la serie ha riscontrato, ma quando si sposta sullo schermo tutto cambia. Le vicende dei pazienti ci avevano incantati per la loro delicatezza ed empatia con cui erano state trasposte sullo schermo, ognuno di loro aveva la sua storia da raccontare e il suo modo di farlo, ma soprattutto era l’atmosfera della camerata il vero punto di forza della serie.
Era la sensazione di conoscerli pian piano e di entrare in connessione con loro quello che rendeva Tutto chiede salvezza una serie così diversa dalle altre. In questi nuovi episodi questo viene a mancare sebbene nelle intenzioni si cerchi di replicare quelle identiche sensazioni. Daniele è sempre stato un personaggio cardine della serie, ma non il protagonista. Grazie a lui la narrazione ha avuto inizio, ma era più il collante, lo sguardo estraneo in un mondo a cui non apparteneva e che ha finito per incantarlo e cambiargli la vita. La narrazione corale viene a mancare rendendo Daniele di fatto il protagonista assoluto.
Ogni storyline – Nina, Maria, ma anche i medici, gli infermieri e i personaggi secondari vecchi o nuovi che siano – serve l’arco di redenzione di Daniele. Questo cambio di rotta implica che tutti i messaggi e le tematiche care alla prima stagione vengono meno rendendo Tutto chiede salvezza una serie come molte altre, un racconto di formazione senza mordente. Mancano d’empatia nella scrittura anche i nuovi pazienti, introdotti velocemente e con delle backstory appena accennate che non danno profondità ai personaggi.
Daniele – Tutto chiede salvezza 2 recensione
Non ci si sofferma più sulla salute mentale, sugli stigma e la discriminazione che in Italia sono ancora molto pressanti sull’argomento. Sebbene Daniele non abbia risolto i suoi problemi e cerchi disperatamente di conviverci e bilanciare la salute con la sua vita privata, vengono meno l’empatia e la delicatezza indispensabili a trattare determinati tematiche.
Come dicevamo, Daniele veste i panni del protagonista assoluto e dal retrogusto classico segnando così il momento in cui la sceneggiatura inizia a vacillare. La sensazione che si ha durante la visione è che gli autori cerchino in tutti i modi di convincere il pubblico a immedesimarsi con Daniele cercando di farci affezionare a lui forzatamente. La prima stagione aveva funzionato perché i personaggi ci erano stati presentati con i loro pregi e difetti, senza che questi ultimi venissero nascosti o travisati. È l’assenza di giudizio e la trasparenza che ha permesso a personaggi come Mario di essere apprezzati.
Nei nuovi episodi questa schiettezza viene meno a favore di una scelta narrativa poco condivisibile. Daniele ci è stato presentato come un ragazzo problematico che ha voglia di crescere, supportato da una famiglia affettuosa e da amici che capiscono cosa sta passando.
In conclusione – Tutto chiede salvezza 2 recensione
Nella nuova stagione c’è un cambio di paradigma importante: Daniele diventa una vittima. I genitori sono soffocanti, Nina viene dipinta come una ragazza insopportabile solo quando si relaziona con lui, con Gianluca non c’è più sintonia, i nuovi pazienti si prendono gioco di lui e le autorità lo dipingono come il bravo ragazzo che non è. Viene meno la possibilità di affezionarsi a questa nuova fase della sua vita anche se con i suoi difetti, anche se lotta con la sua irascibilità e la depressione.
Daniele viene rappresentato come un angelo incompreso anche mentre cede alla rabbia, si lascia manipolare o è un padre discutibile.
Tutto chiede salvezza fa un passo indietro portando sullo schermo personaggi bidimensionali, scritti appositamente per piacere creando l’effetto contrario facendo così venire in fretta la nostalgia per la serie che è stata. Dal 26 settembre su Netflix, qui il trailer.
Tutto chiede salvezza
Voto - 4.5
4.5
Lati positivi
- La volontà di distaccarsi dalle altre serie italiane
Lati negativi
- Le tematiche, vera chicca della serie, vengono trattate in modo superficiale
- La narrazione corale lascia il posto ad un protagonista assoluto
- I personaggi sono bidimensionali