Smile 2, la recensione: il Male torna a sorridere nell’horror di Parker Finn

Il Male torna a sfoggiare un sorriso demoniaco in Smile 2, dal 17 ottobre al cinema

A distanza di due anni dal grande successo di Smile, il Male torna a sfoggiare un sorriso demoniaco in Smile 2, sequel dell’horror che ha segnato per Parker Finn l’esordio alla regia di un lungometraggio. Una premessa accattivante, una serie di spaventi davvero efficaci veicolati anche un sapiente utilizzo dell’espediente del jumpscare e la nascita di una mitologia attorno a un demone che tormenta le sue vittime portando a una strana epidemia di suicidi (commessi col sorriso sulle labbra), hanno fatto di Smile un esordio convincente premiato dagli ottimi incassi al botteghino. Ora Parker Finn torna su quelle premesse con una nuova storia e una nuova protagonista, confezionando un sequel piuttosto ancorato alle origini ma più grande e audace. Naomi Scott è Skye Riley, una popstar appena tornata sulla cresta dell’onda dopo la dipendenza da droghe e alcol e dopo aver provocato uno spaventoso incidente che ha causato la morte del suo fidanzato Paul (Ray Nicholson). Un tour mondiale è alle porte e tutti si aspettano grandi cose da Skye, a cominciare dalla madre manager Elizabeth (Rosemarie DeWitt), passando per ogni singolo membro dell’entourage che la circonda, la casa discografica e, non ultimo, le schiere di fan.

Peccato che Skye sia ben lontana dall’essersi ristabilita del tutto e per niente a suo agio con le pressioni esterne pur facendo del suo meglio. In un momento di debolezza e sopraffatta da un dolore alla schiena che la affligge dall’incidente, si rivolge al suo amico Lewis (Lukas Cage) in cerca di Vicodin ma arrivata a casa del ragazzo assiste impietrita al suo violentissimo suicidio. L’ultima cosa che Skye vede sul volto di Lewis è un inquietante sorriso. Da quel momento la popstar è tormentata da una serie di orribili visioni che la portano a pensare di essere sul punto di perdere la testa. Ma noi sappiamo cos’è successo a Lewis e sappiamo che il Male è tornato, con un nuovo volto e un ghigno ancor più spaventoso.

smile 2 recensione

Smile 2. Temple Hill Entertainment

Indice:

Dal trauma al lato oscuro dell’industria musicale, un sequel emotivamente molto più impattante – Smile 2 recensione

I demoni peggiori sono quelli che abitano dentro di noi e i veri mostri da combattere sono quelli legati al trauma. Parker Finn ce lo ha già detto e mostrato con la parabola di Rose Cotter nel primo film. E ci ha spiegato anche che, nonostante proviamo in tutti i modi a liberarcene, questi mostri non ci lasciano così facilmente, spesso fino alle conseguenze più estreme. Il demone di Smile ha un chiaro valore metaforico – è quasi un’incarnazione dello stress post traumatico – e in Smile 2 questa stessa metafora è portata avanti con maggior forza e con una storia che si adatta perfettamente al simbolismo. I demoni contro cui lotta Skye sono più reali e umani che mai e questo è chiaro sin dall’inizio di una storia emotivamente molto più impattante che riflette sul lato oscuro dell’industria musicale.

Assumiamo sin dal principio il punto di vista di Skye, interpretata dalla bravissima Naomi Scott, e col procedere di una discesa nell’incubo sempre più oscura sviluppiamo per lei una sincera empatia. Non è difficile pensare a esempi concreti di star costrette a nascondere, sotto la facciata da dare in pasto al pubblico, il proprio lato più vulnerabile e non è difficile nemmeno pensare a quanto quello stesso pubblico sia avido delle fragilità e debolezze dei propri idoli. Quella di Parker Finn è una riflessione sul trauma espressa a chiare lettere, così come è chiaro il commento sociale che ne emerge. Con il dito che sembra puntato, nel finale, verso ognuno di noi.

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Smile 2. Temple Hill Entertainment

Una regia ispirata e un brillante utilizzo dei jumpscare – Smile 2 recensione

Ancor più che nel primo film, in Smile 2 Parker Finn lavora sul labile confine tra realtà e allucinazione, con una regia che punta tanto (e bene) sull’inganno visivo e percettivo, tra giochi di sguardi, di luci e di specchi che riflettono un’immagine frammentata tanto quanto l’interiorità della protagonista. Oltre a saper giocare brillantemente con la dimensione dell’ambiguità, Finn è un regista che continua a dimostrare di saper sfruttare un espediente spesso abusato e bistrattato nel genere horror. Stiamo parlando del jumpscare, che qui viene utilizzato con padronanza e con una certa parsimonia rispetto al primo film. Le apparizioni che tormentano Skye – la cui sorridente manifestazione è onnipresente nella vita della popstar – sono spesso introdotte da jumpscare anche più articolati e strutturati di quel che ci si aspetterebbe. In ciascuno di questi momenti Finn ama indugiare sul volto di Naomi Scott, che ha una gamma di espressioni terrorizzate davvero impressionante.

Uno dei momenti visivamente più interessanti è una sequenza in cui la povera Skye ha a che fare coi ballerini del suo corpo di ballo in una scena in cui il terrore si mescola a una vibrante ironia (e qui ci fermiamo per non rovinarvi l’effetto) e Finn si muove spesso e volentieri per tutto il film sulla linea tra orrore e black comedy. Il livello di violenza e di sangue aumenta rispetto al primo film, con un paio di incursioni nel territorio del body horror, soprattutto (e in maniera molto esplicita) nel finale. Smile 2 è un sequel riuscito, che non mancherà di accontentare chi ha apprezzato il primo film e che rappresenta una visione ideale per la spooky season nel suo essere tanto intrattenente quanto spaventoso. Il minutaggio è piuttosto corposo, con 2 ore e 7 minuti in cui la tensione non cala e di cui non si sente il peso, ma che sarebbero stati spesi meglio se anche i personaggi secondari avessero avuto un approfondimento maggiore. Al cinema dal 17 ottobre con Eagle Pictures (qui il trailer).

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Smile 2. Temple Hill Entertainment

Smile 2

Voto - 7

7

Lati positivi

  • La regia di Parker Finn, il sapiente utilizzo dei jumpscare e la prova della bravissima Naomi Scott
  • Il commento sociale e le riflessioni sul lato oscuro dell'industria musicale

Lati negativi

  • I personaggi secondari avrebbero potuto essere approfonditi meglio, specie a fronte di un minutaggio piuttosto corposo

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