Cobra Kai 6 – Parte 3: la recensione della stagione finale

Con il caricamento degli ultimi cinque episodi si conclude la sesta e ultima stagione della serie spin-off di Karate Kid. Un ritorno alle origini fatto di colpi di scena e (tanta) nostalgia

Dopo averci gettato nel bel mezzo del torneo di karate più importante al mondo, ecco che Cobra Kai torna su Netflix con gli ultimi episodi della sua sesta e ultima stagione. Un finale che chiude il cerchio di un’avventura durata sette anni e che rimette ancora una volta al centro della sua narrazione il rapporto di amore/odio tra i suoi due protagonisti, Johnny Lawrence (William Zabka) e Daniel LaRusso (Ralph Macchio). Nel farlo riconferma la formula delle precedenti annate, rinunciando, però, alla sua componente più smaccatamente teen e ritrovando, finalmente, il suo spirito iniziale.

Nata nel 2018 come diretto spin-off di Karate Kid, la serie creata da Hayden Schlossberg e Jon Hurwitz per YouTube e poi prodotta e distribuita da Netflix a partire dalla terza stagione si conclude così all’insegna di un ritorno alle origini, di un senso dell’epica intriso, sì, di nostalgia ma capace comunque di non prendersi mai troppo sul serio. Il finale perfetto, insomma, per una serie che, allungata e annacquata all’inverosimile, sembrava aver perso la giusta direzione ma che, almeno in questi ultimi episodi, sa trovare la sua perfetta chiusura, riuscendo, ancora una volta, a divertire ed emozionare fan vecchi e nuovi.

Indice:

Trama – Cobra Kai 6 recensione

Dopo che il Sekai Taikai, il più importante torneo di karate al mondo, è stato brutalmente interrotto a causa della morte di uno dei suoi partecipanti, Daniel, Johnny e compagni hanno fatto ritorno a Los Angeles. A un mese dal fattaccio, però, il desiderio di rivalsa e i conti in sospeso portano i vari sensei (Silver in primis) a spingere per una degna conclusione del torneo. È così che, dopo Barcellona, diventa proprio la Valley il teatro dello scontro finale. Una lotta per il titolo tra i tre dojo superstiti: il Miyagi-Do, il Cobra Kai e gli Iron Dragons.

Ma molte cose sono cambiate dall’inizio del torneo, a partire dal passo indietro di Kreese (Martin Kove) e dal ritiro di Kim Da-Eun (Alicia Hannah-Kim) che hanno lasciato il Cobra Kai senza un capo e pronto, forse, per essere reclamato. E mentre i ragazzi, tra scelte dei college e amori a distanza, sono preoccupati per quello che gli riserverà il futuro dopo la gara, Danny e Johnny fanno i conti col proprio passato, con i loro (buoni o cattivi) maestri e con ciò che sono diventati.

Cobra Kai 6 recensione

Cobra Kai 6. Sony Pictures Television

Un ritorno alle origini

È quasi un ritorno alle origini questa parte finale della sesta e ultima stagione di Cobra Kai. Alle origini della serie stessa, nata nel 2018, ma anche del film cult del 1984 di cui la serie è diretto spin-off. Dopo i toni particolarmente cupi degli episodi ambientati a Barcellona, la serie torna infatti nella Valley per chiudere il suo racconto lì dove tutto era cominciato. Per farlo sceglie ancora una volta di ambientare la resa dei conti finale nella sede del torneo di Karate della città, la mitica All Valley Arena, mettendo i suoi protagonisti di fronte a paure vecchie e nuove.

È così che, rispetto alle ultime annate, a tornare centrali sono le dinamiche più iconiche della serie e del film di riferimento. Dalla rivalità, trasformata finalmente in amicizia, tra Danny e Johnny al rapporto maestro-allievo tra Miguel (Xolo Maridueña) e Johnny stesso, in un finale di stagione dove il Cobra Kai, dopo cambi ai vertici di ogni tipo, torna finalmente a essere di nuovo il vero protagonista.

Cobra Kai 6 recensione

Cobra Kai 6. Sony Pictures Television

Colpire per primi, ancora una volta

Messa da parte la sua componente più smaccatamente teen sono proprio Johnny Lawrence e il suo dojo a riprendersi infatti il centro della scena. Così facendo è come se la serie ritrovasse, per un attimo, la sua grinta iniziale, quel mix fatto di ironia, musica rock anni ottanta (Thunderstruck degli AC/DC!) e salti nel passato che avevano fatto della serie ai suoi esordi qualcosa di più di un semplice sequel nostalgico o del teen drama corale che sarebbe poi inevitabilmente diventata.

Un finale di stagione dove i combattimenti e la loro epica ritrovano centralità, tra citazioni di Rocky, immancabili riferimenti a Karate Kid (con tanto di You’re The Best in sottofondo) e una morale che ribalta, almeno in parte, la filosofia del vincere ad ogni costo figlia degli anni Ottanta, mentre personaggi vecchi e nuovi concludono le loro parabole nei modi più coerenti possibili, chi riscattandosi in extremis chi scoprendo, nonostante tutto, di avere comunque già vinto.

Cobra Kai 6 recensione

Cobra Kai 6. Sony Pictures Television

Cobra Kai never dies

Forte di new entry tecnicamente all’altezza (l’artista marziale Rayna Vallandingham nella parte di Zara, Lewis Tan in quella del sensei Wolf) e coreografie dei combattimenti (finalmente di nuovo uno contro uno) più elaborate che in passato, questa ultima stagione di Cobra Kai 6 risulta così forse la più avvincente degli ultimi anni, capace, almeno negli ultimi episodi, di bilanciare al meglio la sua componente marziale con le sue dinamiche da soap, la sua aderenza al genere con l’affetto per il passato e i suoi modelli di riferimento.

Certo, gli elementi che hanno caratterizzato la serie in queste stagioni sono ancora tutti lì, dalle schermaglie amorose alle amicizie tormentate, dai tradimenti infiniti a un dojo sempre più simile a una famiglia allargata, per non parlare del peso di un passato sempre pronto a tornare. Ma nel congedarsi dal suo pubblico pare che Cobra Kai 6 decida di concentrarsi, nel suo ultimo atto, soprattutto su quello che, sin dal principio, era (o avrebbe dovuto essere) il cuore della serie: il viaggio di formazione fuori tempo massimo di un villain finalmente scopertosi protagonista.

Cobra Kai 6

Voto - 7

7

Lati positivi

  • Accantonate le dinamiche da teen drama la serie torna alle sue origini, ridando centralità alla figura di Johnny e alla sua parabola
  • A dispetto della dispersività degli episodi precedenti, questa terza parte funziona e ci regala un finale decisamente riuscito

Lati negativi

  • Alcune soluzioni di scrittura restano confusionarie e poco credibili
  • Certi personaggi secondari vengono dimenticati o scarsamente sviluppati

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