Dying for Sex: recensione della serie tv su Disney Plus
Dying for Sex è la nuova serie tv targata Disney Plus che esplora la sessualità e la malattia in modo inedito.
Tratto da un podcast col medesimo nome, Dying for Sex narra la storia vera di una donna che, malata di cancro terminale, decide di abbandonare la sua vecchia vita per esplorare la propria sessualità in ogni sua forma e sfumatura. Con protagonista Michelle Williams, la serie creata da Kim Rosenstock e Elizabeth Meriwether non si limita a raccontare la diagnosi di una paziente malata terminale accompagnata da uno spaccato della sanità americana, né a raccontare il sesso in maniera superficiale. Con un tono che unisce la commedia nera al drama, Dying for Sex è una vera e propria lezione di educazione sessuale e affettiva.
Indice
La trama – Dying for Sex, la recensione

Dying for Sex. Pasta with Sauce, Elizabeth Meriwether Pictures, Wondery, 20th Television.
Dopo aver ricevuto la diagnosi di cancro metastatico al seno al quarto stadio, Molly decide di cambiare totalmente vita spinta anche dal matrimonio disastroso con Steve. Tra i due il rapporto è ormai agli sgoccioli a causa di una passata diagnosi di Molly, che è guarita dal cancro già qualche anno prima. Da quel momento, Molly per Steve è diventata più una paziente che una compagna di vita e tornare a quella dinamica sembra perfetto per l’uomo, ed un incubo per Molly che odia suscitare compassione. Ad aggiungersi alla già lunga lista di motivi che l’hanno spinta a lasciarlo al primo posto c’è il sesso.
Per Steve, il corpo di Molly oramai è inevitabilmente collegato alla malattia. Dal canto suo, Molly non ha mai sperimentato davvero la propria sessualità. «Voglio provare almeno una volta ad avere un orgasmo con un’altra persona» si confida la donna, mentre stila la lista delle cose che vuole sperimentare prima di morire.
Una lezione sull’affettività e sulla scoperta – Dying for Sex, la recensione

Dying for Sex. Pasta with Sauce, Elizabeth Meriwether Pictures, Wondery, 20th Television.
La riscoperta di se di Molly passa sì per il sesso, ma soprattutto per la sessualità. Dying for Sex separa bene le due cose grazie ad una scrittura che scardina gli stereotipi e si allontana dalla retorica paternalista e caritatevole con cui, solitamente, vengono dipinti i protagonisti che hanno delle malattie terminali. Molly affronta un viaggio che somiglia più ad un lutto, ad un saluto. La notizia che il cancro le è tornato e che ha pochi anni di vita, l’ha risvegliata da un intorpidimento che la faceva restare bloccata in una situazione sentimentale al limite del tossico, dandole il coraggio di fuggire da un matrimonio con un uomo che la tratta come una paziente e non una moglie. A sorpresa, il sesso e la malattia sono due argomenti che si combinano perfettamente.
Dying for Sex indaga indubbiamente il piacere femminile e le sue sfumature che Molly, incastrata in una relazione in cui il sesso era diventato un tabù, non ha mai esplorato. Ma, soprattutto, la serie è una lezione a tutto tondo sull’ educazione sessuale ed affettiva, sul potere del sesso che si traduce in una conoscenza del proprio corpo, ma anche della propria psiche. La vita di Molly non si riduce ad una to do list di cose da fare prima di morire, ma per la protagonista diventa prioritario conoscersi. Più la lista di partner sessuali di Molly si allunga, più la donna prende coscienza di sé stessa e di traumi legati alla sua malattia che nemmeno sapeva di avere.
Una commedia agrodolce – Dying for Sex, la recensione

Dying for Sex. Pasta with Sauce, Elizabeth Meriwether Pictures, Wondery, 20th Television.
Su questo Dying for Sex è una serie che si diversifica dalle altre anche grazie ad un buon ritmo e ad uno stile che strizza l’occhio alla commedia. Con otto episodi da mezz’ora l’uno, la visione scorre in un attimo per via anche di una struttura narrativa già ben collaudata da altre serie simili che vogliono unire la comedy con il drama. Il merito è anche di dialoghi ridotti all’essenzialità, senza fronzoli, al contrario di una regia caratterizzata da un montaggio spesso frenetico, da flashback che riportano in superficie la storia clinica critica di Molly e da situazioni che si alternano in fretta. Tutto questo non sarebbe possibile senza il carisma e il magnetismo delle due attrici protagoniste. Jenny Slate dà vita ad una Nikki tragicomica il cui temperamento sarebbe troppo per chiunque, ma non per Molly e non per la situazione che le due amiche vivono e condividono.
Dying for Sex è supportata da un senso di sorellanza che rende l’intera storia ancor più tenera e agrodolce, senza cadere nel melenso. Non che ci fosse bisogno di ulteriore conferma, Michelle Williams continua a regalare ruoli che sembrano cuciti su di lei. Grazie alla sua interpretazione (e ad una sceneggiatura che si svincola da strade già intraprese), Molly appare una persona reale e non un personaggio costruito su un canovaccio utilizzato troppo spesso. Un pericolo che Dying for Sex che allontana fin dalla prima sequenza, costruendosi un’identità forte e ben definita.
Dying for Sex
Voto - 8
8
Lati positivi
- Non si cede mai alla compassione o al già visto, ma anzi la malattia e il sesso vengono descritti in modo originale
- Le due attrici protagonisti, menzione d'onore a Michelle Williams
- Il ritmo veloce che va dritto al punto