Bastardi senza gloria – Recensione del film di Quentin Tarantino
Ecco la recensione di Bastardi senza gloria, il film di Tarantino con Christoph Waltz, Brad Pitt e Michael Fassbender.
Con il suo sesto film, Tarantino definisce in maniera ancora più chiara quelle che sono le sue più grandi passioni cinematografiche. Inizia a citare in maniera massiccia il cinema spaghetti western e i film di Sergio Leone. Con interpretazioni straordinarie da parte di Brad Pitt, Michael Fassbender e Diane Kruger, Bastardi senza gloria dona anche il premio Oscar come migliore attore non protagonista ad un indimenticabile Christoph Waltz, qui al suo esordio sul grande schermo.
La storia si intreccia tra un gruppo di soldati dissidenti che fa stragi di nazisti, per arrivare ai pezzi grossi del terzo Reich; e le vicende di una ragazza ebrea sopravvissuta ad un blitz tedesco che cambia identità ed inizia una nuova vita come direttrice di un cinema. Sono tanti i temi trattati da Quentin Tarantino in questo che (vedremo il perché) potrebbe essere il suo capolavoro.
Bastardi senza gloria – Recensione del film di Quentin Tarantino
Tanto tempo fa, nella francia occupata dai nazisti…
Con le primissime immagini di questo film, Tarantino ci spiega quali sono le sue intenzioni. Tributare il cinema classico, per primissima cosa. Nel primo capitolo vediamo immagini statiche e campi lunghissimi creati dal regista e dal direttore della fotografia Robert Richardson (già presente in Kill Bill). Ma la star indiscussa di questa prima scena è, senza alcun dubbio, Christoph Waltz. L’attore austriaco, fino a quel momento presente unicamente in piccole produzioni tedesche e austriache, veste alla perfezione i panni de “il cacciatore di ebrei” Hans Landa, regalandoci una delle interpretazioni più memorabili del cinema moderno.
Questa scena è dominata da un sentimento di tensione crescente in maniera intelligente ed equilibrata. Un cerchio simmetrico inizia con la cornice creata da una delle figlie di Pierre Lapadite, che scostando un panno steso svela l’arrivo di una truppa nazista. Da questo istante in poi, veniamo travolti dal carisma e il fascino malvagio di Hans Landa, che con straordinaria eleganza svolge un interrogatorio al padrone di casa per tentare di scoprire se nasconda degli ebrei.
Venti minuti di colloquio, dove Christoph Waltz passa dal parlare francese, all’inglese, al tedesco dimostrando una padronanza di linguaggio impareggiabile (ed è uno dei motivi per cui questo film andrebbe visto in lingua originale) e giunge alla terribile -ma immaginabile- conclusione che sì, monsieur Lapadite nasconde una famiglia di ebrei sotto le assi del pavimento del soggiorno.
La simmetria concettuale che cerca (e trova) Tarantino si conclude con la splendida immagine della figlia della famiglia ebrea che fugge verso i boschi, mentre Hans Landa le urla “Au revoir, Shosanna!“. Qui la ragazza è nel centro dell’immagine, in una cornice oscura creata dall’interno buio della casa, tributo a Sentieri Selvaggi di John Ford, del 1956.
Perché definirlo il capolavoro di Tarantino?
Per giungere a questa conclusione così netta, bisogna analizzare due punti differenti. Il primo è la filmografia di Tarantino, e la sua storia cinematografica. Sin dai primissimi inizi, Tarantino ha studiato minuziosamente il panorama cinematografico mondiale, tributandolo nelle maniere più intime e difficili da cogliere. Perciò il suo percorso professionale ha avuto degli inizi fortemente sperimentali, dove lui è riuscito a creare delle opere di fortissimo impatto mentre provava nuove tecniche narrative e cinematografiche. Non è un caso che quelli che sono i tratti distintivi di Quentin Tarantino siano stati sviluppati lungo tutte le sue pellicole, per poi essere sempre riproposti in quelle successive.
In questo percorso, Bastardi senza gloria è il primo film completamente maturo sotto tutti i punti di vista. Ogni carattere dapprima sperimentale diventa una granitica certezza utilizzata dal regista con esperienza, arrivando a creare una perla storica del cinema moderno. L’altro punto, forse più banale e semplice da raccontare, è l’ultima battuta della scena finale del film. Attenzione allo spoiler!
Qui Aldo Raine, interpretato da Brad Pitt, ha appena inciso una svastica sulla fronte di Hans Landa, e guarda orgoglioso il risultato del suo gesto, nell’immancabile inquadratura dal basso. Subito dopo aver rimosso il coltello dalla fronte del nazista, Raine commenta orgoglioso:“Sai che ti dico Utivich? Questo potrebbe essere il mio capolavoro.”
Insomma, a dirlo è lo stesso Tarantino, regalandoci queste parole come congedo con la conclusione del film. E se lo dice lui…
Conclusioni
Bastardi senza gloria rappresenta quindi l’opera più matura di uno dei registi più apprezzati al mondo, unendo l’esperienza maniacale del regista alla bellezza dei tributi dei film classici. Un film che permette di riflettere sulla brutalità dell’olocausto, vedendolo da un punto di vista diverso, a volte leggero a volte tremendamente forte, con la straordinaria meraviglia estetica a cui Tarantino ci ha abituati.
Siete d’accordo nel giudicarlo, forse, il suo miglior film, oppure siete più affezionati alle sue prime opere? Fatecelo sapere nei commenti!
Bastardi senza gloria
Voto - 9
9
Lati positivi
- Grandi interpretazioni
- Maturità del regista espressa egregiamente
Lati negativi
- Tema dell’olocausto mai trattato direttamente
- Alcune citazioni troppo complesse da cogliere