Soldado: Recensione del sequel di Sicario, diretto da Stefano Sollima
Ecco a voi la nostra recensione di Soldado, secondo film della trilogia del Sicario interpretato da Benicio Del Toro, diretto da Stefano Sollima
Soldado recensione. Il primo Sicario è un film che, nel 2015, ha ricevuto un riscontro molto positivo sia dal pubblico che dalla critica. Nonostante una trama di base poco originale (cartelli messicani e polizia americana che agisce al limite della legalità) il film ha potuto contare su un cast davvero ben costruito. Josh Brolin, Emily Blunt e Benicio Del Toro hanno dato una spinta in più ad un film che dalla sua ha anche un ottimo comparto registico, affidato a Denis Villeneuve.
Nel 2015 Sicario ha rappresentato il primo film di una trilogia che vede come filo conduttore i rapporti fra il militare interpretato da Josh Brolin ed il misterioso “sicario” interpretato da Del Toro. Soldado, diretto dal nostro Stefano Sollima, è il secondo episodio della trilogia.
Soldado recensione del film con Benicio Del Toro
Non si può evitare, dunque, di cominciare questa recensione parlando del regista della pellicola in questione. Lionsgate ha chiamato Sollima a Los Angeles per dirigere questo secondo capitolo della saga. E le ragioni della scelta non sono sicuramente poche. Il curriculum di Sollima, infatti, vede la presenza di numerosi film e serie che hanno un comune denominatore: raccontare le realtà criminali in maniera realistica e allo stesso tempo spettacolare.
Romanzo Criminale e Gomorra non sono soltanto due delle migliori serie italiane di sempre. Queste, infatti, sono fra le prime serie italiane ad essere state tradotte in moltissime lingue in tutto il mondo ed acclamate universalmente. Perché dunque non affidare a lui un film che si occupa di criminalità organizzata e forze dell’ordine violente e corrotte (in qualche modo raccontate in ACAB)?
Soldado: la trama
Soldado racconta le vicende di alcuni agenti e militari del governo statunitense al confine con il Messico e del loro delicato lavoro di controllo della frontiera. Traffici internazionali, omicidi ed esecuzioni, poliziotti doppiogiochisti e violenti; il primo episodio ha dettato la direzione da seguire alla trilogia. A fare da filo conduttore a due storie che per molti versi potrebbero essere state separate fra loro è la presenza dei due protagonisti maschili.
Il cinico e violento Matt Graver; agente e militare del governo USA, che non si fa alcuno scrupolo ad applicare torture e raggiri al di la della legge per raggiungere i propri scopi; e Alejandro, ex trafficante di droga colombiano divenuto un sicario, spesso proprio al servizio di Graver. Obiettivo di Alejandro e miccia detonatrice delle trame di Graver è la sete di vendetta dell’ex criminale verso molti dei boss del cartello messicano. Questi infatti, si sono macchiati dell’omicidio dell’intera famiglia di Alejandro.
Obiettivo di questo capitolo: scatenare una guerra fra cartelli messicani concorrenti per frenare il dilagante traffico umano al confine con gli Stati Uniti. Traffico che si rivela spesso copertura per infiltrazioni di terroristi di matrice islamica. Per far ciò, lo spietato Graver decide di inscenare il rapimento della giovanissima figlia di un boss messicano.
Ciudad Juarez regna
Viene dunque rimosso il personaggio interpretato da Emily Blunt per dare spazio ad altri, in particolare ai personaggi dell’altro lato del confine. Ed è qui che la mano di Sollima si fa vedere e lascia il segno. Mentre il primo film, nonostante l’interesse verso i personaggi criminali, tripartiva la sua attenzione verso i due agenti e il sicario, qui viene dato molto più rilievo alla realtà criminale.
Sollima, con alle spalle un’esperienza nella narrazione criminale ormai riconosciuta e rispettata, fa ciò che gli viene meglio: portarci all’interno della cruda e spietata criminalità organizzata. Messicana, in questo caso. Nonostante l’incipit del film faccia pensare ad un’evoluzione della trama verso i presunti rapporti fra Narcos e terroristi, Sollima vira presto la macchina da presa verso la “quotidianità” dei cartelli messicani. Più in particolare, di quei cartelli che si occupano del delicato lembo di terra che separa Messico e Stati Uniti.
Il regista italiano è stato capace di mostrare una realtà che, come spesso accade, preferiremmo non conoscere. Povertà, immigrazione illegale, trafficanti di droga e di uomini, ragazzini reclutati per compiere atti criminali. Per Sollima non è stato difficile colmare le poche distanze che separano la Napoli di Gomorra al Messico di Soldado.
In molte scene si può apprezzare un certo auto citazionismo di Sollima verso alcuni clichè di Gomorra; più in particolare lo si nota nei modi di fare dei giovanissimi criminali, musica in primis. In alcuni casi, infatti, sembrerà sentire uscire dalle auto dei narcos qualche canzone trap napoletana. Segno di una vicinanza purtroppo ristretta fra i criminali di quel mondo e del nostro, nonostante la differenza di lingua.
Made in USA
Un applauso va fatto ai due giovani attori che interpretano Isabel, la figlia del boss, e il giovanissmo neo criminale, entrambi facenti parte del “lato” messicano della storia. Tuttavia tale bravura nel gestire il lato criminale della storia ha, in qualche modo, fatto risultare meno riuscita la “parte” statunitense della storia. Sarà perché le dinamiche che interessano Graver e il governo statunitense sono state già ben messe in scena nel primo capitolo; in questo secondo capitolo, tuttavia, queste risultano un po’ sottotono e già viste.
Sia chiaro, il tutto risulta comunque ben costruito e recitato in maniera egregia. Tuttavia l’inserimento della storia parallela dei giovani narcos spinge lo spettatore a voler approfondire di più questa sottotrama piuttosto che la storia di Graver. Sembra, ancora una volta, che Sollima sia dotato di un talento naturale nel raccontare storie dal punto di vista dei criminali, più che delle forze “dell’ordine”.
Ottima come sempre la prova di Benicio Del Toro, anche lui ormai collaudato nel ruolo del fuorilegge del Sudamerica, e che anche qui si rivela pieno di sorprese e talento. Il ruolo del Sicario è, sicuramente, uno di quelli che resteranno nell’immaginario collettivo.
Conclusioni
Sequestri, omicidi, scontri nel deserto messicano: questo e molto altro attende lo spettatore che andrà a vedere Soldado. Un film che, per certi versi, risulta inferiore al primo; mentre in altri risulta, se non migliore, sicuramente più originale nel raccontare un diverso punto di vista della storia. Merito questo della sapiente ed esperta mano di Stefano Sollima, sempre di più patrimonio artistico e culturale, nonché vanto, della cinematografia italiana.
Recensione Soldado
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- La sottotrama messicana
- Sollima sa come raccontare la criminalità
Lati negativi
- La trama dei soldati americani è poco incisiva
- L'ombra pesante del primo, grande capitolo