The VVitch: recensione del film di Robert Eggers
La strega di Robert Eggers: riflessioni sulla favola e sul mito moderno
The VVitch recensione. Nell’immaginario classico, qualora focalizzassimo l’attenzione sul mondo fiabesco, i mostri delle rispettive fiabe, spesso e volentieri, non sono orchi, gnomi, troll o streghe. I veri antagonisti sono i genitori dei protagonisti e il vero orrore non si ritrova tanto nel sovrannaturale, nel metafisico, ma all’interno della natura umana. Il regista Robert Eggers è consapevole di ciò. Basti pensare al suo primo cortometraggio dal titolo Hansel e Gretel , in cui riprende l’omonima fiaba dei fratelli Grimm. E lo ha dimostrato anche nel celebre film: The VVitch.
Il film ha ricevuto il plauso da parte della critica e ha incassato 40 milioni di dollari, a fronte di un budget di 3 milioni. L’inquietante opera prima del regista americano è un horror metafisico ambientato nel New England nella prima metà del diciasettesimo secolo. Un film tenebroso e originalissimo, in cui l’elemento della stregoneria e del maligno fungono da chiave di lettura per abbattere, una dopo l’altra, le varie certezze dello spettatore. Ma andiamo con ordine.
Trama
The VVitch è ambientato nel New England, anno 1630. William è un religioso puritano che viene allontanato dalla comunità in cui vive, a causa di un estremismo nell’osservare la parola di Dio. Decide così di recarsi, assieme alla moglie Katherine e i suoi cinque figli, nei pressi di un bosco con la speranza di vivere in modo umile, praticando l’agricoltura e l’allevamento, aiutando a sfamare la sua famiglia. Però, quel già misero quadretto conosce ben presto una sorte avversa: Samuel, il figlio neonato, scompare improvvisamente e per tutto il film non verrà mai ritrovato.
Questa terribile tragedia scatena un progressivo odio tra i membri della famiglia, i quali mettono in scena la parte più nascosta e remota delle rispettive identità, composta da bugie, superstizioni, omissioni, reciproche accuse. Thomasin, la figlia adolescente, è insofferente con i due fratellini gemelli, tanto che li spaventa raccontando di essere una strega. Caleb, il figlio minore, si accorge dello sviluppo sessuale di Thomasin e deve reprimerlo perché ne è inconsciamente attratto.
L’intero film è un continuo crescere di situazioni negative: il raccolto va male, nonostante il padre si sforzi duramente; gli animali si comportano in modo insolito. Ma soprattutto, la sorte avversa si abbatte anche sui rispettivi protagonisti, dal momento in cui vanno incontro alla morte. Il tutto orchestrato, a quanto risulta dal film, da un caprone nero che si rivelerà essere Black Philip.
Tuttavia, l’unica che sembra avere la meglio è Thomasin, la quale, rimasta sola, decide di parlare al caprone che (come abbiamo appena detto) si rivela essere il diavolo. Egli l’alletta a una vita di intensi e meravigliosi piaceri. Thomasin accetta. Spogliata degli abiti e della fede, la ragazza si reca nel bosco e si unisce ad una comunità di streghe danzanti attorno ad un fuoco. Tutte, assieme a Thomasin, si sollevano in aria in preda ad un’inquietante euforia. La metamorfosi è compiuta.
The VVitch recensione: una fiaba moderna
The VVitch, prima ancora di classificarlo come un horror, è una fiaba archetipa. Un film che riprende pienamente la struttura, i vari stilemi, gli elementi metaforici e le sottili crudeltà di un normale racconto fiabesco. Un film che, sì, si articola sul sovrannaturale, sulla superstizione, sul peccato nudo e crudo; che parla tramite il mezzo dell’orrore più angosciante e opprimente. Ma, principalmente, racconta la vicenda di una famiglia capace di umiliare, ripudiare, ferire e rinnegare la figlia (ritorna ancora una volta l’immagine di Hansel e Gretel) a causa della fame, della superstizione e della paranoia che annebbiano il contatto con la realtà.
Due sono i punti di forza su cui si muove il film di Eggers. Il primo è il talento dello stesso regista statunitense, il quale narra una storia con rigore e perfezione, dosando i toni e i modi delle immagini e del sonoro, “costringendo” lo spettatore ad incollarsi davanti allo schermo. Il tutto aiutato dalla (a nostro avviso) splendida fotografia di Jarin Blaschke, dalle musiche (a tratti inquietanti) di Mark Korven e da un cast strepitoso. Il secondo punto è di aver calato la storia nella storia. The VVitch, come viene evidenziato a chiusura del film, è basato sull’attento lavoro condotto dal regista e dai collaboratori sulla vita dei primi coloni dei Seicento, e sulla mania della caccia alle streghe. I dialoghi del film sono tratti da quanto è stato rinvenuto sui documenti: diari, atti pubblici, sentenze. Il tutto per rendere The VVitch “vero”.
Fin dai primi minuti, il film di Eggers scivola verso la conclusione. I personaggi diminuiscono, le angosce aumentano; le ambiguità si moltiplicano rabbrividendo nel profondo, anche di fronte alla liberazione gioiosa (e satanica) nel finale. È forse una vittoria per un singolo, ma è una sconfitta per tutti: genitori, famiglia, amici, società, filosofia, religione. Umanità intera.
Conclusioni
In The VVitch, Robert Eggers mostra una straordinaria maturità artistica. Realizza un possente e terrorizzante ritratto di famiglia che ha smarrito la fede, declinando ad una visione moderna. Tutti i membri si sentono nel peccato, colpevoli: chi non rispetta i comandamenti, chi comincia a provare certi desideri, chi ruba, chi non sente più la voce di Dio nel cuore: l’unità della famiglia è fratturata già dall’inizio del film. I valori basilari non garantiscono più una sicurezza e persino il capo famiglia non è in grado di guidare, proteggere e sfamare i propri cari.
Il “nuovo”, quel mondo selvaggio – metafora dell’ignoto – che l’uomo vuole addomesticare con vecchi valori poiché ritenuti sicuri alla propria sopravvivenza, è solo un grande ostacolo in cui la famiglia patriarcale crolla e si dissolve. Le resta soltanto quella forte sensazione di accerchiamento, di isolamento, di paranoia e di claustrofobia.
Il film horror The VVitch pur sviluppando temi e sottotesti di notevole importanza, non perde mai il suo obiettivo principale: provocare paura, proiettare un’ombra nel futuro, specialmente se è l’autorità paterna ad essere messa in discussione: un re che viene denudato, che espone le sue debolezze e si sceglie di vivere in maniera diversa rispetto ai valori e ai metodi che non sembrano funzionare.
Ci possono essere dei rischi nell’accettare determinate scelte; ma dopotutto (e questa è la domanda implicita che il film pone dopo un’attenta rilettura metaforica del film): è preferibile l’ignoto (leggi: il nuovo) o un noto detestabile, inefficace e insopportabile?
The VVitch
8.5 - 8.5
8.5
Lati positivi
- Trama
- Musiche e fotografia