Recensione de L’uomo dal cuore di ferro
La recensione de L'uomo dal cuore di ferro, con Jason Clarke e Rosamund Pike
L’uomo dal cuore di ferro recensione – L’orrore dei campi di sterminio nazisti è stato raccontato molte volte nel cinema da diversi registi. Pensiamo a pellicole storiche come Schindler’s List di Spielberg, vincitore di ben 7 statuine, o ad un capolavoro unico come La vita è bella di Roberto Benigni. L’uomo dal cuore di ferro, diretto da Cèdric Jimenez, offre un punto di vista differente. Il film si spinge alle origini di quel male che alimentò poi l’orrore dei campi di concentramento. La storia si concentra su Reinhard Heydrich, una delle figure più terribili e oscure del III Reich. Conosciuto come “Il macellaio di Praga”, Heydrich è stato uno dei massimi esponenti dell’ideologia nazista, nonché artefice della “soluzione finale”. “L’uomo dal cuore di ferro”, come preferiva chiamarlo Hitler, fu tra i primi a pianificare una serie di attacchi contro gli ebrei piantando così i semi dell’Olocausto.
Girato interamente in pellicola 35mm, il lungometraggio di Jimenez racconta l’inarrestabile ascesa ai vertici del potere di Reinhard Heydrich, fino al giorno del suo attentato avvenuto a Praga. Jason Clarke interpreta il glaciale comandante nazista mentre Rosamund Pike veste i panni di sua moglie Lina, la donna che lo spinse a sposare l’ideologia nazista. Vi consigliamo di non perdervi la nostra recensione de L’uomo dal cuore di ferro. Buona lettura.
L’uomo dal cuore di ferro: la recensione
Adattamento cinematografico del romanzo “HHhH – Il cervello di Himmler si chiama Heydrich”, L’uomo dal cuore di ferro è la storia di Reinhard Heydrich, uno dei più potenti gerarchi della Germania nazista. Il film racconta l’ascesa al potere di Reinhard, dalla fallimentare carriera nell’esercito fino a diventare una delle figure più pericolose e temute del Terzo Reich. Jan e Jozef sono due ribelli addestrati in Inghilterra che, aiutati da un nucleo della resistenza cecoslovacca, progettano un attentato ai danni di Reinhard Heydrich insediatosi con il suo regime di terrore a Praga. La pellicola di Jimenez si concentra sui giorni antecedenti l’attentato, spaccandosi in due tra il punto di vista del feroce nazista e della resistenza.
Apprezzabile il contributo cinematografico che L’uomo dal cuore di ferro cerca di offrire, dandoci un punto di vista differente sul regime nazista. Questo perché il cinema non è semplice intrattenimento ma anche, talvolta, arricchimento culturale, o quanto meno uno stimolo per scoprire qualcosa che non conosciamo bene. Partendo da queste considerazioni, i presupposti del film sono interessanti e ci siamo seduti in sala con entusiasmo e curiosità.
“L’uomo dal cuore di ferro”, un personaggio (e un film) rimasto a metà
La sensazione che abbiamo avuto a fine proiezione è quella di un film che vuole raccontare troppe storie, appiattendo così personaggi e trame. Partiamo proprio dalla figura di Reinhard Heydrich, che in pochi minuti di girato viene cacciato dall’esercito, si sposa e arriva ai vertici della sua carriera nel partito nazista. Quando lo spettatore inizia a fidelizzare con il la figura del “macellaio di Praga” (interpretato dignitosamente da Jason Clarke) ecco che la telecamera di Jimenez si volta per puntare su Jan, Jozef e gli altri membri della resistenza.
La caratterizzazione del protagonista rimane sospesa a metà. Ci sono tutti gli elementi che ci dicono che Reinhard è cinico, folle e spietato. Eppure la sua presenza sulla scena non incute mai timore e soggezione, pur essendo un maligno il personaggio non trasuda malignità. Per fare paragoni di come in realtà dovrebbe/potrebbe essere un personaggio di tale caratura pensiamo ad altri villains nel cinema; ad esempio all’imponenza in scena di un cattivo scritto e recitato bene come Amon Goet, il macellaio nazista spielberghiano di Schindler’s List, giusto per rimanere in tema. L‘Adolf Hitler del film La caduta è un’altra figura così ben caratterizzata da diventare spaventosamente magnetica in alcune delle sequenze più famose di quella pellicola.
Il Macellaio di Praga non è il solo personaggio poco caratterizzato del film. Anche altri ruoli secondari che sembravano centrali come Lina (Rosamund Pike) vengono poi messi da parte. Da thriller politico L’uomo dal cuore di ferro evolve lentamente in spionaggio ed azione, soprattutto nella parte finale, forse la più riuscita dell’intera storia.
L’uomo dal cuore di ferro, conclusioni
Un altro punto di vista sulla II guerra mondiale ma a “conti fatti” niente di sorprendente. L’uomo dal cuore di ferro è una storia potenzialmente interessante riadattata per il grande schermo in maniera poco soddisfacente. Nonostante diverse carenze della pellicola di Jimenez il film in definitiva si lascia guardare per i circa 120 minuti di girato. Certo, leggendo il cast e la sinossi ufficiale ci si aspettava molto di più.
VOTO FINALE - 6
6
L'uomo dal cuore di ferro
The Good
- Un nuovo punto di vista
- Cast scelto
The Bad
- Storia spezzata a metà
- Personaggi poco sviluppati