Velvet Buzzsaw: recensione del film con Jake Gyllenhaal
Una horror comedy sopra le righe che non riesce a convincere a pieno
Tra i nuovi arrivi originali nel catalogo Netflix di questo mese c’è Velvet Buzzsaw, un thriller dal (debole) potenziale horror di cui vi presentiamo la nostra recensione. Dietro la macchina da presa il regista californiano Dan Gilroy che aveva già diretto Jake Gyllenhaal nell’ottima performance de Lo Sciacallo (The Nightcrawler) nel 2014. Gilroy emerge infatti dal suo, fino ad allora, anonimato dirigendo un film dalla forte impronta satirica ricevendo svariati riconoscimenti: tra cui la candidatura a Miglior sceneggiatura originale agli Oscar del 2015.
Il suo ritorno lo vede cimentarsi un thriller particolare, incentrato sulle esclusive dinamiche del mondo dell’arte moderna che la fa proprio da protagonista. Velvet Buzzsaw è stato presentato al Sundance Film Festival e successivamente distribuito sulla piattaforma di streaming Netflix. Per quanto riguarda il cast la scelta di Gilroy ricade nuovamente sul duo Jake Gyllenhaal e Rene Russo, già consolidato ne Lo Sciacallo. Ruoli minori spettano poi a Toni Collette, Zawe Ashton, Tom Sturridge e John Malkovich che, dopo Bird Box, è al suo secondo lungometraggio originale targato Netflix.
Indice
La trama – Velvet Buzzsaw recensione
Los Angeles pullula di artisti emergenti, gallerie d’arte avanguardiste e collezionisti danarosi. Questa dinamica metropoli è l’isola felice di snob e superficiali mercanti d’arte, curatori e galleristi. Prima fra tutti si staglia l’eclettica figura di Morf Vanderwalt, un rinomato e pomposo critico d’arte interpretato da Jake Gyllenhaal. Morf intrattiene una relazione sessuale con un’agente emergente, Josephina (Zawe Ashton). Si tratta di una delle sottoposte della gallerista Rhodora Haze (Rene Russo), un tempo parte di una rock band chiamata Velvet Buzzsaw. Dopo un’iniziale e sbrigativa presentazione dei personaggi ci addentriamo nel mistero. Josephina rinviene infatti il cadavere di un suo vicino, Ventril Dease.
Senza farsi troppi scrupoli entra nella sua vecchia casa dove scopre che Dease è l’autore di una consistente quantità di dipinti dal carattere magnetico. Josephine sospetta che abbiano un certo valore e nonostante l’uomo abbia cercato di disfarsene la sua ambizione la porta a rubarli. Li mostra dapprima a Morf che ne rimane estasiato. I quadri suscitano un fascino oscuro e misterioso in coloro che li osservano e si domandano quale sia l’ispirazione del pittore. Non passa però molto tempo prima che quella che sembra essere stata una scoperta fortuita si tramuti in una maledizione letale. I quadri rivelano la loro natura sovrannaturale e prendono di mira Morf, Josephine, Rhodora e tutti coloro che intendono speculare sopra il loro ritrovamento.
Velvet Buzzsaw: la vendetta dell’arte
Se ne Lo Sciacallo Dan Gilroy puntava il dito contro il business del macabro e la fredda strumentalizzazione dei media stavolta va contro la mercificazione dell’arte, ormai ridotta ad un costoso ornamento. Nel suo ultimo thriller è proprio l’arte a fare da protagonista nonché giustiziera di sé stessa.
I quadri dipinti da Dease, sulla scia dello stile de Le Pitture Nere di Goya, ammaliano in un primo momento coloro che li osservano. Eppure l’incantesimo iniziale lentamente si dissolve e lascia il posto ad un incubo lucido. I protagonisti dei dipinti si animano e tormentano le menti dei malcapitati osservatori. Sembra che si prendano la loro personale vendetta per essere stati venduti e divulgati ad un pubblico superficiale e vanesio. Si instaura quasi un dialogo di natura ammonitrice tra l’arte stessa e lo spettatore. La vena satirica del film mira a ristabilire l’importanza della componente romantica nell’arte moderna. Mette, inoltre, in cattiva luce i membri della feroce e gerarchizzata élite artistica moderna.
I personaggi
Jake Gyllenhaal regala sempre performance di livello e in Velvet Buzzsaw non è da meno. Il personaggio di Morf viene arricchito da manierismi eleganti conformi all’ambiente circostante ed un guardaroba impeccabile. Inizialmente Morf vanta una posa rilassata ed un’espressione imperturbabile. Nella seconda parte del lungometraggio Gyllenhaal perde invece la sua compostezza dinanzi ad una serie di eventi sovrannaturali e ci regala un’interpretazione più godibile e realistica.
L’attrice britannica Zawe Ashton è poi una bella scoperta, nonostante abbia già avuto ruoli minori in numerose serie tv e film. I più attenti infatti la ricorderanno nel ruolo di Alex in Animali Notturni di Tom Ford. In generale si tratta di un lungometraggio corale in cui nessun soggetto sovrasta gli altri. Questo però non spiega la mancanza di un approfondimento psicologico e caratteriale che da una sensazione di distacco e di incompiuto. Se siete in cerca di un thriller psicologico questo non è quindi il film per voi.
Considerazioni finali
Ad essere sinceri (e forse brutali) già il titolo ci fa storcere il naso. Viene da chiedersi se fosse voluto o se non ci fossero opzioni migliori. Comunque mai giudicare un libro dalla copertina, o dal titolo in questo caso. Dopo un’attenta visione del lungometraggio, però, gli iniziali dubbi vengono confermati. L’esordio è abbastanza promettente, l’idea di fondo è davvero originale e solletica la nostra curiosità ed anche il cast fa ben sperare. Eppure il risultato è mediocre.
Oltre alla mancanza di un approfondimento psicologico dei personaggi notiamo fin da subito un’ambientazione fredda ed asettica che ci estranea dalla vicenda anziché coinvolgerci. Dopo il rinvenimento dei quadri maledetti veniamo catapultati in una sorta di capitolo alternativo di Final Destination in cui la morte è rappresentata da un’arte spietata ed intransigente. E quello che sarebbe potuto essere un thriller avvincente si tramuta presto in un horror di serie B.
Spesso la componente ridicola che emerge pian piano che si visiona la pellicola è voluta dallo stesso regista. Ne sono un esempio l’atteggiamento caricaturale di Morf o ancora la buffa scelta dei nomi (Morf, Rhodora, Ventril) volta forse a deridere una presunta aristocrazia moderna ed inconsistente. Altre volte, invece, il film sprofonda in dinamiche superficiali e prevedibili che ne compromettono l’esito finale. Velvet Buzzsaw non cade mai nel trash, per lo meno non fino alla scena finale che lascia senza parole e non in senso positivo. Nonostante uno sviluppo grossolano e frettoloso, il messaggio di denuncia di Dan Gilroy arriva forte e chiaro.
Velvet Buzzsaw
Voto - 5
5
Lati positivi
- L'impronta satirica
- Trama originale
Lati negativi
- Mancato approfondimento dei personaggi
- Epilogo