Osmosis: recensione della serie tv Netflix di Audrey Fouché
La nuova e distopica serie tv francese debutta su Netflix: ecco la recensione!
Osmosis è la nuova serie televisiva Netflix creata da Audrey Fouché, precedentemente sceneggiatrice in Les Revenants e ne I Borgia. La serie riprende il filone fantascientifico tanto familiare al portale di streaming Netflix e lo contestualizza in una non troppo futura Parigi. Perfetta sintesi tra Black Mirror e Maniac, Osmosis si articola in otto episodi dalla durata media di 40 minuti ciascuno. Thomas Vincent dirige la resa cinematografica di un esperimento scientifico e sociale che garantisce l’incontro con la propria anima gemella. Interpreti principali di questo nuovo Netflix original sono Hugo Becker, noto principalmente per il ruolo di Louis Grimaldi in Gossip Girl e Agathe Bonitzer.
Ancora una volta, dopo il successo di Stranger Things, Le terrificanti avventure di Sabrina e Sex Education, Netflix rivolge le sue attenzioni ad un pubblico giovane, prettamente adolescente. Un pubblico all’altezza di tematiche sempre più oscure, paranormali e dai risvolti macabri, essendo ormai difficile da stupire e soddisfare. Osmosis si rivela, però, essere un prodotto di poco impatto che non sfrutta appieno il suo potenziale fantascientifico. Paradossalmente protende per uno sviluppo drammatico degli eventi narrati anziché coinvolgere lo spettatore nelle sperate atmosfere di mistero e di inquietudine.
Ecco la nostra recensione, buona lettura!
Osmosis: la recensione
La promettente Esther Vanhove (Agathe Bonitzer) ha progettato un impianto tecnologico in grado di dare a dodici soggetti scelti e consenzienti la possibilità di trovare quello che tutti noi rincorriamo nell’arco della vita. La felicità che, in particolare, qui viene intesa come il ricongiungimento con la propria anima gemella. Sembra quasi troppo bello per essere vero.
Assieme al fratello Paul (Hugo Becker) Esther brevetta l’applicazione Osmosis e prima di lanciarla ufficialmente sul mercato ne sperimenta gli effetti su dodici candidati. Al fine di trovare l’assoluta compatibilità è necessario che il sistema, denominato Martin, scandagli il loro cervello. Gli viene dato libero accesso al loro bagaglio di emozioni ed esperienze, così come ai loro segreti più intimi. I candidati credono davvero nel progetto e si affidano completamente ad una tecnologia che non conoscono fino in fondo e di cui ignorano i rischi.
E se Esther sembra più interessata al far risvegliare la madre dal suo stato comatoso che al successo dell’applicazione, Paul ne è un sostenitore convinto. Ma qual è il prezzo da pagare per trovare l’amore vero?
Osmosis: il futuro indolore dell’amore
La percezione comune è che conoscersi e frequentarsi nella maniera tradizionale sia un’usanza sempre più in disuso. La paura del rifiuto e del dolore ci hanno portati gradualmente ad evitare il contatto diretto e a premere sul pedale dell’acceleratore. Da qualche anno a questa parte ci vengono propinate una serie di applicazioni di incontri che ci permettono di “rovistare” tra i profili, spesso ritoccati, di altri utenti e di scovare quello che più ci piace.
Allo stesso modo i ragazzi che si sottopongono all’esperimento di Esther hanno avuto un rapporto conflittuale con l’amore e preferiscono mettere tutto nelle mani dell’app Osmosis. I soggetti sono tutti accomunati dalla ricerca di una felicità che sia indolore e senza conseguenze.
Sembrano non realizzare che l’impianto che hanno lasciato che gli fosse impiantato nel cervello possa essere hackerato e sortire degli effetti indesiderati. C’è chi è sempre stata rifiutata per via del suo aspetto esteriore, chi viene ostacolato da una dipendenza dal porno, chi, poi, ha il cuore diviso tra due persone e non sa cosa sia meglio scegliere. Persino i due creatori Esther e Paul si affidano all’operato dell’applicazione e fuggono da un rapporto reale. A mano a mano i confini tra realtà e fantascienza si assottigliano ed assistiamo all’ennesima osmosi.
Osmosis: la buona tecnologia
Nonostante in alcuni episodi le atmosfere dark ed i primi piani claustrofobici ricordino i toni macabri di Black Mirror, la serie ideata da Audrey Fouché riabilita la concezione odierna di tecnologia. La fantascienza gioca un ruolo importante nell’alimentare la paura nei confronti delle nuove scoperte scientifiche e degli avanzamenti tecnologici. Temiamo che le macchine ci eguaglino o superino e che la loro evoluzione di estenda anche al campo emotivo. Così facendo sarebbero in grado di provare rabbia, paura e gelosia e comprendere la loro situazione di subordinazione.
L’intelligenza artificiale creata da Esther, però, viene inizialmente rappresentato come una figura benevola. La scoperta della giovane Vanhove non è altro che uno strumento per fare del bene, per aiutare le persone ad ottenere ciò che vogliono. Per i dodici candidati si tratta dell’amore duraturo mentre Esther desidera che la madre si risvegli finalmente dal coma. L’inadeguatezza dello strumento quindi non risiede nella tecnologia di per sé ma nell’uso improprio che i suoi detentori potrebbero farne per i loro scopi personali.
Osmosis: conclusioni
Probabilmente Osmosis potrebbe piacerci di più se non affrontasse tematiche già viste e riviste. Dopo Black Mirror, che ha alzato notevolmente l’asticella, Netflix ha continuato a cavalcare l’onda di una fantascienza brutalmente godibile. Stavolta il fattore originalità è venuto meno ma per fortuna questo non ha inciso sulla qualità visiva e sulle performance degli attori della serie.
Osmosis procede ad un ritmo piuttosto lento. Da una parte attendiamo con ansia il colpo di scena, dall’altra una narrazione lenta ci permette di addentrarci meglio nelle dinamiche interpersonali e di conoscere meglio i personaggi. Tutto sommato la serie è gradevole e scorrevole anche se la regia è poco sperimentale. La pecca, infatti, è che questa osa poco, a tratti la serie è un po’ piatta e ci dà l’impressione di qualcosa di già visto.
Assistiamo alla graduale osmosi tra logica e paradossale mentre guardiamo Paul, Esther e gli altri candidati lasciarsi andare all’oblio fornito da Osmosis e prendere poi consapevolezza di sé . In un certo senso la serie si focalizza maggiormente sulla loro sfera emotiva e protende, quindi, per un andamento drammatico. Così facendo inciampa sulla suspence e delude leggermente le aspettative. Osmosis pare non condannare la denaturalizzazione dell’amore attraverso l’app ma punta il dito contro le imperfezioni umane, i nostri bassi istinti ed i comportamenti erronei dettati da paura e gelosia.
Osmosis
Voto - 7
7
Lati positivi
- performance credibile degli attori
- incuriosisce ed invoglia a procedere la visione
Lati negativi
- regia poco sperimentale
- poco d'impatto