Bayoneta: recensione del film Originale Netflix
Netflix propone la storia di un pugile in cerca di rivincita nel suo film Originale Bayoneta
Bayoneta recensione. Un pugile messicano, all’apice della sua carriera, si vedrà costretto a cambiare radicalmente vita in seguito ad un evento sconcertante. Tutta la sua forza fisica non gli sarà d’aiuto ad affrontare i fantasmi del suo passato, che costantemente gli si presenteranno nella mente. Il peso di ciò che ha fatto lo schiaccerà sempre di più in una morsa asfissiante, anche dall’altra parte del mondo. Miguel dovrà quindi essere forte, soprattutto psicologicamente, per continuare ad andare avanti e dedicarsi a ciò che conta davvero, ossia la sua famiglia.
Una produzione Netflix sicuramente forte, ma che si nasconde dietro una banalità e una retorica che stufano subito. Una storia vista e rivista, che non offre niente di nuovo. Un cast interessante, che tuttavia da solo non basta. Un’ora e quaranta circa che passano lentamente, senza grandi spunti o novità. Un film tra i tanti, tecnicamente elementare, mai però quanto la sceneggiatura debole e già vista. Ecco quindi Bayoneta: la recensione.
Bayoneta recensione – La trama
Miguel “Bayoneta” Galíndez è un pugile messicano acclamato, tra i migliori del suo tempo. All’apice della carriera, durante un incontro la sua vita cambia per sempre. Il suo avversario, al decimo round, si rialza proprio quando sembra sul punto di cedere. Lo stesso Miguel è stremato, con diverse ferite sul volto. Per dare una conclusione al round, gli sferra un altro pugno sul viso, troncando la sua vita. L’evento, che non lo ha condannato giuridicamente, gli farà abbandonare la boxe, ormai diventata un incubo.
Per questo motivo decide di trasferirsi in Finlandia, un paese lontanissimo dal suo Messico, per allenare le nuove leve. Trasferendosi abbandona però sua moglie e sua figlia, che per anni lo credono morto. L’incontro del suo allievo risulterà fallimentare, facendo perdere a lui e ai suoi soci molti soldi. Ormai alla deriva ricade nel limbo dell’alcol, non trovando vie d’uscita. Trovando il coraggio di telefonare a sua moglie, sente dopo quattro anni anche la voce di sua faglia, facendogli capire quali siano le sue vere priorità. Decide allora di tornare ad allenarsi, fare il suo ultimo incontro, vincerlo e tornare con un po’ di soldi dalla sua famiglia. Le cose, però, prendono una piega inaspettata quando capisce che l’incontro è truccato. Questo evento gli farà riaffiorare alla mente un evento del passato, che gli farà decidere di abbandonare la boxe una volta per tutte.
Bayoneta recensione – La tecnica
La regia di Kyzza Terrazas, al suo secondo lungometraggio ufficiale, è confusa, incentrata più sul tipo di ripresa da utilizzare che sulla narrazione della storia. La camera non è quasi mai fissa, anche nelle riprese più statiche, dando un senso di dinamicità eccessiva e a volte fuori luogo. Belle alcune inquadrature dal basso e interessanti i primi piani, che scrutano i protagonisti in tutte le loro espressioni. Degna di nota la fotografia, aiutata dai paesaggi mistici della Finlandia e dal sole messicano. Buono il dosaggio delle luci.
Gli interpreti svolgono egregiamente il loro lavoro, regalando delle performance all’altezza. Spicca in particolare il protagonista, Luis Gerardo Méndez, che impersona il disagio psicologico di un uomo distrutto. Il suo dolore è visibile non solo dalle urla e dalle lacrime, ma anche dagli occhi vuoti e privi di vita. Notevole anche Brontis Jodorowsky, noto per la sua interpretazione di Nicolas Flamel in Animali Fantastici e dove trovarli – I crimini di Grindelwald.
La sceneggiatura non offre niente di nuovo al panorama del cinema sportivo, ma nemmeno di quello drammatico. La storia è trita e ritrita; la differenza qui sta solo nella produzione originale Netflix. I colpi di scena non mancano, ma sono prevedibili e quasi annunciati. La narrazione è costellata di flashback, che rimandano a quell’evento che tanto lo ha cambiato. I dialoghi risultano un po’ forzati, appesantiti da una retorica inefficace e anzi anche leggermente fastidiosa. La colonna sonora è dissonante, non ben amalgamata con le immagini che scorrono. Il motivo ricorrente è dato da una chitarra stonata, che solo in parte rappresenta l’inferno provato dal protagonista.
Bayoneta recensione – I temi
Il disagio psicologico di Miguel è un trampolino di lancio per affrontare diverse tematiche, tipiche dei film drammatici. L’abbandono, la nostalgia, la lontananza dalla famiglia. E ancora: rimorsi e rimpianti, il dolore costante e continuo, i fantasmi del passato che mai e poi mai scompaiono. Naturalmente anche il mondo della boxe viene rappresentato, senza però diventare il fulcro del lungometraggio. Gli incontri truccati, la paura e il pericolo del mestiere sono sotto i riflettori, ma in posizione marginale. Uno stereotipo ricorrente è quello legato al paese d’origine di Miguel, il Messico. Viene addirittura citata la cocaina, nella tipica metafora della neve. Il problema, tuttavia, è che la citazione appare assurda e fuori contesto, così come gli altri riferimenti alla nazione sudamericana.
Ricorrente anche la figura di un cervo, che il pugile intravede diverse volte nel corso del film. Nella scena finale quest’ultimo appare debole, per poi accasciarsi a terra. Ha la gola tagliata e gli occhi gli si chiudono lentamente. In seguito vengono inquadrati due alberi della foresta finlandese, e la camera li segue fino ad arrivare alla loro cima. Metafora di un ciclo che si chiude, di una fase ormai conclusa della vita di Miguel, e di una possibile ascensione, di un ritorno alla vita. Il pugile sta infatti tornando a casa, da sua figlia. Ha ormai ritrovato il senso dell’esistenza, e quei pochi spiccioli guadagnati in una terra così diversa dalla sua potranno essergli utile per ricominciare da zero.
Bayoneta recensione – Conclusioni
Film Originale Netflix di cui non si sentiva l’esigenza. Risorse impiegate per scrivere e girare una storia assolutamente banale, che non dà nulla di nuovo al panorama filmico. Delle buone interpretazioni sprecate, una tecnica elementare e con poche rifiniture. Un lavoro che certamente non passerà alla storia, che può interessare tuttalpiù gli appassionati di boxe. Mediocre e senz’anima, la cui visione non arricchisce il background cinematografico.
Bayoneta
Voto - 5
5
Lati positivi
- Interpretazione degli attori
- Fotografia
Lati negativi
- Sceneggiatura banale e già vista
- Colonna sonora non amalgamata
- Dialoghi forzati
- Eccessivamente lungo