Si alza il vento: il testamento poetico di Hayao Miyazaki
Un'analisi dell'ultimo film di Miyazaki, che affida al vento le sue ultime parole
Si alza il vento sarebbe dovuto essere il testamento di Hayao Miyazaki, l’ultima pennellata decisiva nell’invidiabile affresco del regista giapponese. L’annunciato ritorno nel 2016 e la lavorazione al nuovo film Kimi-tachi wa dō ikiru ka hanno però aggiunto un’ultima rifinitura alla leggendaria carriera di Miyazaki, dopo l’insoddisfacente corto Kemushi no Boro. In attesa dell’ultimo gioiello del regista, Si alza il vento rimane la summa di tutta la carriera di Miyazaki, nel quale troviamo gran parte delle idee e dei sogni che hanno animato l’universo Ghibli.
Trasposizione cinematografica dell’omonimo manga dello stesso Miyazaki, pubblicato tra il 2009 e il 2010 sulla rivista Model Graphix, il film è un gioco di richiami. Il progetto avrebbe dovuto fermarsi infatti al manga, ispirato dall’omonimo libro di Tatsuo Hori, a sua volta influenzato da Le vent se lève, un passo del poema Le Cimetiere Marin di Paul Valery del 1920. L’insistenza del produttore Toshio Suzuki convinse alla fine Miyazaki a trasportare sul grande schermo quello che è un vero e proprio lascito poetico.
Indice
- Il decollo: l’avvio della narrazione
- La centralità del sogno
- Confrontarsi con la realtà
- Un mondo con le piramidi
- Nahoko Satomi: preservare la purezza
- L’atterraggio: la conclusione
- Le vent sè leve… il faut tenter de vivre
Il decollo: l’avvio della narrazione – Si alza il vento
Si alza il vento è un film semi-autobiografico che racconta in modo più o meno fantasioso la vita di Jirō Horikoshi, progettista realmente esistito, inventore del Mitsubishi A6M Zero, caccia utilizzato dalla Marina imperiale giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. Si tratta dell’unico lavoro di Miyazaki incentrato sulla storia di un personaggio reale, per di più ambientato in un periodo davvero delicato per il mondo giapponese.
A partire dal 1918, ci viene mostrata la nascita della passione per il volo del giovane Horikoshi, ispirato da una rivista d’aviazione. La sera sognerà infatti il progettista italiano Giovanni Caproni, figura essenziale nella crescita del ragazzo. Una volta finiti gli studi, Jiro inizia a lavorare alla Mitsubishi, venendo assegnato alla progettazione di aerei da caccia. In questo periodo rincontra Nahoko, giovane ragazza che si scoprirà essere malata di tubercolosi e che egli aveva già incontrato durante il terremoto del Kanto qualche anno prima. Tra i due nascerà una storia d’amore che correrà in parallelo con il sogno maledetto di Jiro: la progettazione del più importante aereo giapponese. Si alza il vento si presenta come un vero e proprio elogio della passione e della dedizione all’arte e all’impegno ma che a volte può impedire di vedere la realtà delle cose.
La centralità del sogno
Jiro Horikoshi è un sognatore. Lo si capisce dalla scena d’apertura, quando ancora bambino sogna di pilotare aerei. A causa della sua miopia però, finirà per concentrare tutte le sue energie nella progettazione di questi, finendo per diventare figura centrale per l’aviazione giapponese. È pur vero che l’attualizzazione del sogno di Jiro comporta delle conseguenze disastrose nella storia, contribuendo alla brutale campagna di aggressione del Giappone durante la seconda guerra mondiale. L’utilizzo infatti dello Zero è tristemente ricordato per essersi reso protagonista di diversi raid aerei, tra cui quello di Pearl Harbor nel 1941.
Miyazaki però stacca il concetto riguardante lo Zero dal background del conflitto mondiale, concentrando la narrazione intorno al sogno e all’arte. Il focus riguarda infatti la volontà di Jiro di creare cose belle, senza accorgersi realmente del contesto storico e delle conseguenze che le sue azioni potrebbero avere. Il sogno di libertà, legato in particolar modo ai veicoli, è un topos nella produzione di Miyazaki. Dal castello fluttuante di Il castello errante di Howl al treno de La Città incantata, dal dirigibile di Kiki – Consegne a domicilio al sottomorino di Ponyo. Il veicolo assume una centralità nel condurre il personaggio in un’avventura oltre l’immaginazione umana. In Si alza il vento troviamo finalmente chi ha reso possibile questi sogni ma che deve scendere a compromessi con la realtà.
Confrontarsi con la realtà – Si alza il vento
Come anticipato, Jiro, seppur sognatore e ottimista, perde di vista le conseguenze dell’attuazione del suo sogno. La creazione dello Zero che verrà utilizzato per portare guerra e distruzione nelle campagne militari del Giappone, infatti richiama scenari spesso e volentieri rimossi dal ricordo del popolo giapponese. Miyazaki però, dichiaratamente pacifista, decide di non dare spazio alle scene di guerra non per proseguire in una qualsivoglia propaganda apologetica ma per permetterci l’immersione nella psicologia del personaggio.
Le conseguenze disastrose della produzione dello Zero sono anticipate ed esemplificate in uno dei molti sogni di Jiro con Caproni. Quest’ultimo riuscito nella progettazione di un grosso aeroplano in grado di portare dozzine di passeggeri, mostra orgoglioso la sua creazione a Jiro. Subito subentra però la realtà: le ali dell’aereo deflagrano e l’areo affonda nell’acqua. Ciò che colpisce è che Jiro non si accorge realmente del fallimento di Caproni e non capisce le conseguenze terribili dell’avvio dell’aeronautica giapponese, proprio perché ossessionato dalla realizzazione del proprio sogno. Non si tratta di crudeltà – Miyazaki non cade in facili moralismi – ma di cieca passione e dedizione riassunta dalla domanda del conte Caproni: “Tu tra un mondo con le piramidi e un mondo senza piramidi, quale preferisci?”, sottolineando come quello di volersi librare nel cielo sia un sogno maledetto.
Un mondo con le piramidi
Gli aeroplani sono un sogno maledetto perché portano il peso del destino di divenire strumenti di massacro e distruzione, ma nonostante ciò Caproni sceglie un mondo con le piramidi. Seppur queste siano una delle più grandi opere dell’uomo, spesso ci si dimentica come la loro creazione abbia comportato la vita e le sofferenze di numerosi schiavi agli ordini di spietati faraoni. Lo stesso concetto può essere applicato al contrario al sogno di Jiro. Lo Zero infatti viene spesso ricordato come strumento di morte e distruzione, ignorando però il lato tecnico e artistico che lo ha portato alla luce. Si alza il vento concentra la sua narrazione proprio su questo lato. La risposta di Jiro alla domanda di Caproni è infatti esemplificativa al riguardo: “Voglio solo progettare aerei”. Una risposta che indica la purezza che muove Jiro Horikoshi, ma che ritarda anche il momento del confronto con la propria moralità.
Questo avverrà con l’entrata in scena del tedesco Castorp, capace di riportare il nostro protagonista alla realtà dei fatti. Castorp infatti contribuisce ad evidenziare il background storico della vicenda, sottolineando anche la crudeltà di un Giappone che ha arrogantemente mosso guerra alla Cina, ha creato uno stato marionetta nella Manciuria e si è alleato con il partito nazionalsocialista tedesco. Jiro, anche quando assiste a un pogrom in Germania nei confronti della popolazione ebraica, rimane in silenzio, quasi a rifiutare la realtà. La sua attenzione non viene distolta dai suoi sogni, ma anzi tornerà subito al lavoro. È però Castorp a rivelarci la natura maledetta dei sogni. Lui stesso è condannato, avendo dimostrato dissenso nei confronti del regime. Nonostante questo rimane allegro, sapendo che quel momento di pace è l’ultimo residuo di sogno davvero felice, a differenza di Jiro. Assorto nel suo obiettivo, finirà per danneggiare anche le persone care.
Nahoko Satomi: preversare la purezza
Il conflitto tra creatore e creazione viene esternato anche nella forma della storia d’amore con Nahoko Satomi, giovane ragazza malata di tubercolosi, conosciuta da Jiro quando era ancora una bambina. I due si rincontrano una volta ragazzi e finiranno per innamorarsi. Per seguire Jiro, la giovane deciderà di andare via dalla casa di cura in cui si trovava, accettando di accelerare la sua malattia. Anche in questo caso il nostro protagonista, sognando un amore puro e duraturo con Nahoko, non si accorge delle conseguenze a cui avrebbe potuto portare questa decisione. Viene da chiedersi dunque se la storia d’amore tra i due giovani, così come il sogno di Jiro, sia folle o romantico. Il personaggio di Nahoko è molto diverso da altri personaggi femminili come Kiki o San in Principessa Mononoke ma è fondamentale per istituire un parallelo con il sogno di Jiro.
Jiro viene obbligato a confrontarsi con la realtà ancora una volta da un personaggio esterno, la sorella Kayo, la quale, in lacrime, gli chiede perché abbia trascinato Nahoko in questa follia. La reazione di Kayo simboleggia quella dello spettatore nei confronti dell’atteggiamento ingenuo di Jiro, all’alba di una devastante guerra. La ragazza, vicina alla morte, alla fine deciderà di fuggire via per lasciare nella mente di Jiro il ricordo della sua bellezza, metafora del ricordo di un Giappone disincantanto prima della condanna della guerra. Anche Nahoko è un personaggio condannato, ma l’uscita di scena per preservare il ricordo della bellezza rappresenta in senso lato la purezza del sogno, non contaminato da alcuna conseguenza.
L’atterraggio: la conclusione – Si alza il vento
Nella scena finale assistiamo al messaggio che ci lascia Miyazaki. Jiro, una volta completato e collaudato lo Zero, stacca gli occhi dal volo della sua creazione, mentre tutti festeggiano. La gioia lascia improvvisamente il suo volto e il suo sguardo si perde verso la campagna giapponese. La presa di coscienza avviene proprio in questo momento. Jiro realizza infatti di essere parte della macchina da guerra che si sarebbe messa in moto da lì a qualche tempo e che il suo sogno è un sogno maledetto dalla devastazione che porteranno gli aerei. Si rifugia quindi ancora un’ultima volta nella fantasia con Caproni, contemplando probabilmente il suicidio. Lo spirito di Nahoko però gli ricorda che deve vivere, perché deve essere felice di aver vissuto e realizzato quel sogno.
Qualcun altro avrebbe probabilmente progettato lo Zero e la guerra sarebbe ugualmente scoppiata. Tanto vale che Jiro abbia vissuto appieno il suo sogno, con purezza e disincanto, realizzando qualcosa di veramente bello per la sua vita. Non è un caso che Si alza il vento inizi e finisca con due sogni del protagonista molto simili, fatti dalla stessa persona che è riuscita a mantenere un cuore puro. Per Miyazaki, infatti, una vita senza sogni è una vita incompleta, che rimane ferma a terra e non riesce a volare lontano. Il sogno, seppur maledetto, è l’ingrediente segreto della vita, la quale senza non sarebbe tale. Il regista con la frase all’inizio del film tratta da Le cimitière marin di Paul Valéry – “Le vent se lève! Il faut tenter de vivre!” – invita infatti gli spettatori a vivere appieno la propria vita, senza alcun rimpianto.
Le vent se lève… il faut tenter de vivre
Si alza il vento come abbiamo detto avrebbe dovuto costituire l’opera finale della carriera di Miyazaki. Nel film infatti sono riscontrabili molte tematiche che hanno dato vita ai film del regista giapponese, seppure sia strutturalmente e narrativamente diverso rispetto a opere precedenti. A differenza di film come Kiki – Consegne a domicilio o Il mio vicino Totoro, dove ogni scena rappresenta un piccolo film a sé in vista del finale, in Si alza il vento, la narrazione tende a perdersi nel tortuoso, portata in diversi luoghi e anni dal vento. Ed è proprio al vento che Miyazaki affida il suo ultimo film e la sua visione del mondo; invitandoci a seguire lo slancio bergsoniano del creare ogni nostro singolo secondo. Affida al vento la capacità di innamorarsi delle piccole cose, come la lisca di un pesce o il sogno di un bambino, l’importanza di vivere appieno le proprie vite e i propri sogni, anche se potrebbero avere conseguenze fatali.
È questo il testamento di Miyazaki, che tramite il Conte Caproni, alter ego animato di sé stesso, sprona Jiro, suo figlio Goro e tutte le giovani leve a dare fondo alla propria creatività, vivendo i propri sogni senza riserve e rimpianti. L’inclusione nel film della poesia di Paul Valéry è un invito proprio al desiderio di vita, al battersi per aver successo nella realizzazione dei propri sogni. Miyazaki aveva deciso di concludere la propria carriera con un film molto personale, che mostrava come tutte le delusioni e ossessioni possano essere effimere, ma che l’importante sia continuare a sognare. Il volo, il cinema, l’amore gli hanno ricordato, così come si ricorderà Jiro, che in fondo valeva la pena sognare, valeva la pena vivere.