The Substance: analisi del film body horror di Coraline Fargeat
The Substance è un horror complesso quanto affascinante, con molteplici livelli di lettura e citazioni che lo rendono una complessa analisi sul male gaze e sulla società
The Substance (qui la nostra recensione) è uno dei film più interessanti dello scorso anno. Valso un il suo primo Golden Globe a Demi Moore, The Substance ha fatto molto parlare di sé. Non è comune per un horror rimanere nelle sale italiane per oltre un mese superando il milione d’incassi, ed è ancora più inusuale che venga pubblicamente riconosciuto anche durante le premiazioni.
Sorprende ancor di più perché The Substance è un body horror femminista. Il film, scritto e diretto da Coralie Fargeat, è una lucida analisi sulle aspettative della società e su come le regole patriarcali plasmano le donne ad odiarsi, a non piacersi mai, a migliorare costantemente, a cercare di non invecchiare. Perché ci si può amare ed accettare, ma la società non farà mai lo stesso.
Elizabeth Sparkle è un’attrice la cui carriera ha raggiunto un punto di rottura. Dopo essere stata licenziata, viene approcciata da un medico che le consiglia un trattamento per diventare la versione migliore di se stessa. Una volta iniettato il siero dalla sua schiena, in una scena che ricorda un parto, fuoriesce Sue, una versione più giovane e bella di Elizabeth. Le regole del trattamento sono semplici: il siero non può essere utilizzato più di una volta, le due dovranno alternarsi per sette giorni e poi fare lo switch e durante la settimana dovranno nutrire e prendersi cura l’una dell’altra. Ben presto Sue trova Elizabeth un ostacolo alla sua carriera e decide di non rispettare l’equilibrio, lasciando Elizabeth addormentata ed impotente più del previsto. Questo ha effetti disastrosi per la donna che invecchia molto più velocemente del normale. Sebbene Elizabeth sia oramai ridotta ad una donna vecchia e deforme non riesce ad interrompere il trattamento, ritrovando in Sue tutto quello che lei vorrebbe essere.
**L’articolo contiene spoiler**
La discesa di Elizabeth – The Substance, l’analisi
Sulla Walk of Fame viene aggiunta una nuova stella dedicata ad Elizabeth Sparkle. Riassunti in una manciata di minuti assistiamo, dall’alto, al mutamento di quella singola mattonella emblema di un’importante carriera. Prima assalita da fan, turisti e curiosi, poi ignorata, dimenticata, crepata e sporcata da una simbolica macchia di ketchup. La storia della stella sulla Walk of Fame segue la discesa della carriera anche dell’attrice a cui quel riconoscimento è stato dedicato. Elizabeth Sparkle è un’attrice vincitrice di un premio Oscar che, alle soglie dei cinquant’anni, conduce un programma di fitness del mattino. Il giorno del suo cinquantesimo compleanno, Elizabeth viene brutalmente licenziata in una delle scene più disgustose del film, sebbene sia tra le più innocue visivamente parlando.
Il produttore del programma di Elizabeth, che non a caso si chiama Harvey, la licenzia durante un pranzo di lavoro, dicendole senza mezzi termini che è troppo vecchia e che la produzione sta cercando un volto nuovo. La brutalità delle parole è accompagnata dalla violenza con cui Harvey divora i gamberetti che ha nel piatto. La macchina da presa indugia sulla bocca di Harvey mentre mastica, sui primi piani che mettono in mostra le labbra e le mani unte, il suo mangiare in modo scomposto e vorace. In ogni scena in cui c’è del cibo, quest’ultimo non è invitante, ma disgustoso.
Tutto in The Substance richiama una catena alimentare che diventa anche sociale, ma soprattutto il cibo qui ha una doppia valenza: Harvey può abbuffarsi in pubblico, si può permettere di essere il meno attraente possibile. A lui è permesso di essere brutto, di invecchiare e, comunque, non perde il suo ruolo e il suo potere. Un privilegio che ad Elizabeth non è concesso. Seppur bellissima, Elizabeth inizia a nascondersi, a vergognarsi del suo corpo, della sua immagine riflessa e a guardare con nostalgia le foto di quando era più giovane.
Come cambia il programma con Sue al comando – The Substance, l’analisi
L’arrivo di Sue accentua in modo drastico tutto questo. La prima differenza che si nota tra la vita di Elizabeth e quella di Sue è il programma di fitness. Il programma mattutino condotto da Elizabeth – che richiama il famoso show di aerobica di Jane Fonda – è pensato da donne per le donne: la crew dietro la macchina da presa è esclusivamente femminile, si intuisce in una conversazione che le spettatrici siano donne della stessa età di Elizabeth, ma soprattutto il suo è realmente un programma di allentamento. Le inquadrature fisse al centro dello studio permettono alle spettatrici di osservare quello che fa Elizabeth per replicarlo, la donna poi indossa un completo comodo per far esercizio, ma che allo stesso tempo nasconde e maschera un corpo che sta iniziando a subire i segni dell’età.
Con Sue tutto cambia. La produzione muta lo show da programma di fitness a un canale voyeuristico. La prima differenza che spicca è il completo di Sue: un body rosa scollato, nessuna calza che le fascia le gambe e una coda di cavallo ed un make up quasi fanciulleschi. Dietro le macchine da presa, questa volta, ci sono solamente uomini. Quello che cambia è lo sguardo con cui Elizabeth e Sue vengono viste, ed è lo sguardo, il male gaze e la sua interiorizzazione ad essere il vero protagonista ed antagonista di The Substance.
Il male gaze – The Substance, l’analisi
Quando negli anni Settanta la critica cinematografica Laura Mulvey ha teorizzato che lo sguardo della macchina da presa non è neutro, ma è dominato dallo sguardo maschile che osserva i corpi femminili trasformandoli da personaggi a oggetti sessuali, la percezione del cinema stesso è cambiata. Il male gaze è talmente sfruttato e abusato da cinema, fotografia e televisione (ma anche dalla letteratura e dall’arte) da essere diventato la norma.
La regista e sceneggiatrice Coralie Fargeat esaspera questo concetto fino a renderlo palesemente esagerato: i primi piani del corpo frammentato di Sue (i primi piani su dettagli del corpo e la narrazione che si ferma solamente per ammirare il corpo del personaggio femminile sono due delle tecniche più sfruttate dal male gaze) sono talmente smodati e amplificati da non risultare seducenti o erotici, ma solamente fastidiosi. Sue non si sta esercitando, ma si muove per soddisfare l’appetito sessuale degli uomini che la stanno guardando.
Una voglia che deve essere soddisfatta sempre e comunque: in una scena del film, Sue – dopo aver ucciso Elizabeth ed essere venuta meno all’obbligo dell’equilibrio tra le due – si rifugia in bagno perché sta perdendo i denti e parti del suo corpo stanno cedendo. Uscita, disperata e visibilmente a disagio, si imbatte in Harvey e nel gruppo di produttori della rete che la guardano piena di aspettative e che da lei vogliono un sorriso, che sia carina per loro. Tutti uomini anziani che non notano quanto Sue sia in difficoltà perché, banalmente, non gli interessa.
“Tu sei sempre una”- The Substance, l’analisi
L’aspetto più interessante di The Substance non è la messa in scena così palese del male gaze, ma il modo in cui Elizabeth e Sue lo hanno interiorizzato. La perdita del lavoro di Elizabeth coincide con la perdita del suo ruolo sociale, della sua identità, del potere che deriva solamente con l’essere guardata poiché è l’unica realtà che conosce. The Substance mette in evidenza come il valore di una donna, per la società, passa inevitabilmente per la sua bellezza. Bellezza che deriva dall’essere magre, essere giovani ed eroticamente attraenti. Sue possiede tutte queste caratteristiche: Margaret Qualley indossa del trucco prostetico sui glutei per renderli perfetti quanto irrealistici, è giovane, ma soprattutto appaga lo sguardo maschile e non soltanto col suo aspetto.
La voce all’altro capo del telefono che dà istruzioni ad entrambe su come funziona substance dice sempre una frase che fa da monito alle protagoniste, ma anche allo spettatore: “ricorda, tu sei sempre una”. Ma sia Sue che Elizabeth che lo spettatore se ne dimenticano. Elizabeth e Sue si odiano perché hanno interiorizzato il male gaze di cui sono paladine, ma anche schiave.
In una scena, Elizabeth, ormai invecchiata e nascosta nel suo appartamento, passa la nottata a seguire le ricette di un libro di cucina regalatole da Harvey mentre guarda un’intervista fatta a Sue dove la ragazza parla male di Elizabeth ripetendo quello che Harvey le aveva detto quando l’ha licenziata: che oramai era troppo vecchia per condurre un programma di fitness, che aveva fatto il suo tempo, che non aveva nulla da insegnare alle più giovani e di certo Sue non prova empatia né rispetto per lei.
La scena dello specchio e l’invidia femminile – The Substance, l’analisi
Uno dei metodi della società patriarcale di tenere sotto controllo le donne è il falso mito della competizione femminile. L’idea che le donne non sappiano essere solidali tra di loro, che siano invidiose e pronte a tutto per le attenzioni maschili – in ogni ambito da quello privato a quello lavorativo – è uno degli stereotipi più subdoli poiché tende all’individualità a sfavore del collettivo. Ed è quello che succede ad Elizabeth. Non la vediamo mai interagire con altre donne se non con Sue e soltanto con rabbia ed invidia, senza il suo lavoro si ritrova sola ad affrontare i suoi demoni. Le frequenti citazioni a Shining rimandano al suo essere perseguitata dai fantasmi. Il lungo corridoio con la moquette ispirata al famoso pavimento del film di Kubrick con le sue foto appese al muro, foto in cui era più giovane e all’apice della carriera, richiama il suo essere perseguitata da un unico fantasma: l’immagine di una se stessa che non esiste più.
Sue, come le sue foto disseminate nel suo appartamento, in strada e nel corridoio degli studios, le ricorda che non è più giovane, più desiderabile e senza valore. La scena dello specchio, sequenza cardine di The Substance, riassume in una manciata di minuti proprio questo. Ottimista, Elizabeth organizza un appuntamento con un suo vecchio compagno del liceo, l’unico che ancora la considera bella, degna di valore e attenzione. Poco prima di uscire di casa si guarda un’ultima volta allo specchio e, prima di chiudere la porta del bagno dove Sue dorme aspettando il suo turno per lo switch, i suoi occhi si soffermano sulla ragazza. Sue, come sempre, appare irreale per quanto è bella. Elizabeth alla sua vista si sente insicura, torna allo specchio e modifica il modo in cui è vestita, come ha acconciato i capelli, il trucco, ma quando sta nuovamente per uscire il cartellone fuori dalla finestra raffigurante Sue la blocca. Così torna in bagno e il loop continua, finché non decide di non uscire, non soltanto con Fred, ma di passare la settimana in cui lei è al controllo chiusa in casa davanti al televisore, nascosta.
Elizasue e l’odio della società – The Substance, l’analisi
Per questo vedere Elizasue che si fa carina per partecipare al programma di Capodanno è un momento agrodolce. Elizabeth non era riuscita ad uscire di casa nemmeno quando era una bellissima donna, ancor prima che Sue la facesse prematuramente invecchiare, ma si sente sicura quando non ha più una connotazione umana, ma è mostruosa. Non le importa se ha un orecchio sullo scalpo pelato, l’orecchino lo indossa comunque. Non importa se l’unica ciocca di capelli le cade mentre l’arriccia, uscirà comunque di casa e salirà sul palcoscenico.
Elizasue è la più sicura delle tre, è l’unica che davvero si accetta. Se l’antagonista fosse stata realmente Sue – raffigurata come un mostro i cui passi pesanti riecheggiano prima ancora che la vediamo – o Elizabeth – che viene rappresentata come una strega disneyana -, il film avrebbe avuto un finale lieto. Ma il vero mostro è la società, quella rappresentata da Harvey. Quando Elizasue, sicura di sé ed emozionata per l’esibizione, sale sul palco, il pubblico la bracca, le urla contro, la insegue in una scena che ricorda molti altri film, da Carrie lo sguardo di Satana a The Elephant Man fino ad arrivare a Frankenstein. Finalmente Elizabeth si è accettata così com’è, si piace anche quando ha un aspetto poco umano, ma non è abbastanza. Per essere accettate bisogna rispondere ai requisiti che la società impone, senza di essi l’unica alternativa è fare come Elizabeth: coprirsi, non uscire di casa, nascondersi.