Zodiac: spiegazione del film di David Fincher
Chi è il killer dello zodiaco? Cerchiamo di dare una risposta a questa domanda aperta da 40 anni
David Fincher dirige nel 2007 Zodiac, film ispirato ad una serie di noti omicidi avvenuti tra gli anni ’60 e ‘70 e attribuiti al cosiddetto “killer dello zodiaco”. Il regista americano ha provato a dare una spiegazione del comportamento di Zodiac cercando di capire cosa guidasse la sua mano omicida. Altre volte, le terrificanti gesta di questo assassino hanno ispirato la realizzazione di contenuti cinematografici, televisivi o letterari. Nel quarto episodio di American Horror Story Hotel abbiamo una vera e propria tavola rotonda cui partecipano i più noti assassini statunitensi: la presenza di Zodiac è, naturalmente, d’obbligo.
Inoltre, in American Horror Story Cult, i suoi crimini vengono addirittura attribuiti ad un gruppo di donne sanguinarie, che agiscono in nome del manifesto anti-uomo “SCUM”. Forse è proprio l’incertezza circa l’identità di questa misteriosa figura che ne ha alimentato ed accresciuto il mito. Chi è? Perché lo ha fatto? Le ipotesi scaturite dalle indagini sono molte, ma qual è la vera realtà dei fatti?
Indice
- La versione del film
- Il finale: la spiegazione di Zodiac
- Arthur Leigh Allen è il vero colpevole?
- È davvero possibile dare una spiegazione a Zodiac?
La versione del film
Il film è basato sui romanzi scritti da Robert Graysmith, vignettista che alla fine degli anni ’60 lavorava presso il San Francisco Chronicle, interpretato magistralmente da Jake Gyllenhaal. È il 05-07-1969 quando nella redazione del giornale viene recapitato il primo inquietante enigma di Zodiac. La passione di Graysmith per l’enigmistica e una malsana attrazione per la misteriosa figura del serial killer lo spingeranno ad andare sempre più a fondo della questione. Da qui in poi ha inizio una vera e propria caccia all’uomo: giornalisti e poliziotti lavoreranno senza sosta per fermarne l’inarrestabile follia omicida dell’assassino.
Ad un primo periodo dove minacce, enigmi e lettere sono all’ordine del giorno seguiranno anni di silenzio. Il caso, che ha destabilizzato la vita di coloro che l’avevano preso in carico, rimane quindi aperto; solamente Robert sembra non essersi mai davvero arreso. In particolare ritiene che uno dei principali sospettati, Leigh Allen, sia stato erroneamente scagionato, tutte le prove ed il buon senso sembrano ricondurre a lui.
Il finale: la spiegazione di Zodiac
Nella seconda parte del film, viene dato libero sfogo all’ossessione quasi scientifica di Robert che inizia a condurre un’indagine per conto suo. Il vignettista conosce ogni dettaglio del caso ed ogni parola scritta dal serial killer nei suoi enigmatici messaggi, questo lo porterà sempre più vicino alla risoluzione della vicenda. Tutti gli indizi raccolti nel tempo sembrano confermare la colpevolezza di Leigh Allen anche se l’unica prova tangibile, quella calligrafica, sembra scagionarlo. Questa mancata corrispondenza ha salvato più volte Allen dal tribunale, permettendogli di sfuggire alle maglie della giustizia.
Il film termina con due scene estremamente significative. Robert si reca nel negozio di ferramenta presso il quale Allen lavora. “Posso aiutarla?” chiede l’uomo, “no”, risponde il vignettista. Si guardano: Robert ha finalmente visto gli occhi dell’assassino, e Leigh sa che quello sconosciuto ha capito tutto. Questa sequenza rappresenta l’epilogo solo per l’ossessione del protagonista, ma il vero “finale” della vicenda ha luogo nel 1991. All’aeroporto di Ontario viene mostrato a Michael, sopravvissuto alla furia omicida di Zodiac, una serie di foto con dei sospettati. L’uomo indica il volto di Allen affermando che su una scala da 1 a 10 è sicuro 8 che quello sia il colpevole. Fincher, come accade raramente in casi di questo tipo, si espone sulla vicenda avallando la versione di Robert secondo la quale Allen è il killer dello zodiaco.
Arthur Leigh Allen è il vero colpevole?
Sembra che non ci siano dubbi circa la colpevolezza di Arthur Leigh Allen, tanto che lo stesso regista sembra avallare questa versione. Effettivamente, come visto anche nel film, erano diverse le prove che sembravano incastrarlo: i coltelli presenti nella sua macchina il giorno dell’omicidio di due ragazze presso il Lago Berryessa, alcune sue affermazioni e delle strane coincidenze. Tutto ciò permise alla polizia di ottenere ben tre mandati per perquisire la sua abitazione. A tutto questo si aggiungono le accuse di molestie sessuali che lo costrinsero a passare alcuni anni in carcere. Nella sua casa le forze dell’ordine trovarono inoltre molte armi e ingenti quantità di esplosivo.
Le uniche prove concrete che avrebbero potuto portarlo definitivamente in tribunale per i crimini attribuiti a Zodiac sarebbero state due: la calligrafia ed il DNA presenti sulle lettere. Nessuna delle due ha trovato corrispondenza con Allen. Tuttavia, né la polizia di Vallejo né di San Francisco l’hanno mai rimosso dalla lista dei sospettati. Insomma, Leigh è sicuramente il sospettato ideale, e per questo – nonostante la mancanza di prove sostanziali – è difficile abbandonare l’idea che lui possa essere il vero colpevole. Fincher decide così di appoggiare la tesi del protagonista Robert, dando a questa straziante ed estenuante caccia all’uomo una giusta conclusione.
È davvero possibile dare una spiegazione a Zodiac?
Esiste quindi una vera spiegazione di Zodiac? È possibile dare una risposta ad una vicenda che in 40 anni di indagini da parte della polizia non ha trovato risoluzione? Quello che fa riflettere è che dietro questo “signor nessuno”, dietro a lettere ed indovinelli senza nome, si cela una scia di morte e dolore. Persone morte senza una ragione apparente, senza alcuna giustizia. Per questo Robert, così come anche Fincher, ha cercato di trovare un volto a queste mani insanguinate. Come detto prima, quindi, è significativo che la pellicola si concluda con due sequenze dove il fulcro è proprio il volto dell’assassino. Sono scambi di sguardi simbolici, che servono a far mettere il cuore in pace ai protagonisti della vicenda.
Ma di fatto, nessuno sa e saprà mai chi è il vero autore di quegli omicidi. Sono diversi i mitomani che hanno cercato di attribuirsi i “meriti” dei misfatti, oppure che hanno cercato di trovare delle analogie con il Mostro di Firenze. Il finale di Zodiac, quindi, vuole solamente concludere uno dei più grandi e complessi casi di cronaca nera statunitense. Rappresenta solamente una teoria, basata su intuizioni e prove decisive ma non schiaccianti. Arthur Leigh Allen è l’assassino che vorremmo vedere in carcere, che tutti vorrebbero guardare negli occhi chiedendogli “perché”? Fincher ci ha permesso di guardarlo negli occhi, ci ha permesso di fargli sapere che noi sappiamo cosa ha fatto. Ma non sapremo mai il perché.