5 Modi di Viaggiare nel Tempo al Cinema

L’espediente del viaggio nel tempo è stato utilizzato innumerevoli volte nel Cinema. Abbiamo individuato 5 modi diversi di approcciarsi al tema.

Se c’è un espediente narrativo capace di inchiodare quasi ogni tipo di spettatore davanti allo schermo quello è il viaggio nel tempo. Talmente codificato ma anche capace di reinterpretazioni quando necessario da riuscire a risultare sempre efficace, indipendentemente dal modo in cui viene adottato.

Che si viaggi a ritroso nei secoli in chiave comica o si cerchi di impedire un futuro post-apocalittico, l’idea di intervenire per modificare eventi su cui, teoricamente,  non si potrebbe avere potere resta un tema di enorme fascino. Proprio per le sue capacità di adattamento ai vari generi abbiamo provato a tratteggiare 5 diversi approcci a questo espediente adottati dal mondo del cinema, selezionando un esempio per ciascuno di essi.

1) Il Viaggio nel Tempo “Classico”  (Ritorno al Futuro, 1985)

Back to the Future

L’avventura temporale per antonomasia, la più classica tra le variazioni. Si torna nel passato per compiere un’impresa e, così facendo, si modifica il corso degli eventi. Una volta tornati nella propria epoca sarà possibile constatare di persona le conseguenze di ciò che si è compiuto durante il viaggio, nel bene e nel male. Un approccio che permette, principalmente, di esplorare i rischi legati a questo genere di impresa e rappresentare la fragilità delle dinamiche che guidano la nostra vita. Basta che Marty McFly spinga via dalla strada il pavido George per mettere a repentaglio il fatto che quest’ultimo diventi, trent’anni dopo, suo padre!

Il capolavoro di Robert Zemeckis (e relativi sequel) sono la rappresentazione più efficace del “Paradosso del Nonno” di René Barjavel – tornare indietro nel tempo per uccidere un tuo antenato innescherebbe una reazione a catena che potrebbe portare a impedire la tua stessa nascita!
 Zemeckis e il fido co-sceneggiatore Bob Gale sfruttano il viaggio nel tempo anche per ironizzare (all’acqua di rose, va detto) sulla “innocenza” dell’America anni ’50 in contrapposizione agli estremi pop di quella anni ’80 e talvolta lo fanno con grande efficacia (memorabile la reazione di Doc alla notizia che l’attore Ronald Reagan diventerà Presidente degli Stati Uniti, “e il vicepresidente chi è, Jerry Lewis?!“)

2) Il Viaggio nel Tempo “Immutabile”  (The Terminator, 1984)

Terminator

In totale contrapposizione con le avventure di McFly abbiamo quella di Kyle Reese che, nel capostipite di James Cameron, torna nel passato per impedire che il Terminator interpretato da Arnold Schwarzenegger uccida Sarah Connor, futura madre del leader della Resistenza umana contro lo strapotere delle macchine. Qui gli eventi già accaduti sono “scolpiti nella roccia” e viaggiare nel tempo non porta a nessun cambiamento. Tutto è già avvenuto e il solo traguardo conseguibile è quello di una nuova consapevolezza di sé. Kyle si innamorerà di Sarah e concepiranno insieme proprio il futuro eroe di guerra la cui esistenza era il fulcro della missione. Kyle non era al corrente del suo ruolo in questa storia e lo scoprirà solo vivendo questa avventura. Qui l’influenza dell’uomo nello scorrere del tempo è praticamente nulla e questo approccio viene spesso adottato per mettere sotto i riflettori le psicologie dei personaggi piuttosto che gli spericolati paradossi.

Sappiamo comunque come questo genere di interpretazione possa essere infida perché apparentemente sembra portare i protagonisti a muoversi su binari pre-stabiliti che impediscono deviazioni volontarie. Per chi non avesse ancora le idee chiare al riguardo consigliamo la lezione tenuta dal sarcastico Miles a un confuso Hurley in un episodio della quinta stagione di “Lost” (in cui i protagonisti vivevano proprio questo approccio al viaggio nel tempo).

 

3) Il Viaggio nel Tempo “Scientifico”  (Primer, 2004)

Primer

C’è chi, invece, decide che il Viaggio nel Tempo può essere trattato al pari di qualsiasi altra scoperta scientifica e opta per un approccio all’insegna del rigore più assoluto. Scritto, diretto, prodotto e interpretato dall’esordiente Shane CarruthPrimer” è diventato un cult mondiale proprio per il modo in cui decide di rifiutare ogni tipo di spettacolarizzazione del tema per concentrarsi sulla sua plausibilità. Se fosse davvero possibile viaggiare nel tempo cosa accadrebbe? Quali strumenti servirebbero? Quali sarebbero le conseguenze a lungo andare sul fisico e la psiche dei viaggiatori? I due protagonisti, inoltre, iniziano a testare la macchina del tempo da loro creata con un fine ben preciso: arricchirsi in Borsa…esiste una motivazione più realistica di questa?!

Questo approccio da una parte permette di ancorare più che mai la storia alla realtà degli spettatori rinunciando agli effetti visivi e puntando tutto sul realismo. L’esempio migliore in tal senso è come i due viaggiatori, decidendo che il giovedì successivo sarebbero tornati indietro di 24 ore, passino il mercoledì barricati in albergo per evitare di incappare nei futuri loro stessi! Tutto questo, però, ovviamente costringe gli spettatori a uno sforzo di concentrazione superiore alla media e a un obbligato “rewatch” del film per coglierne tutti gli snodi narrativi. Se vi sentite coraggiosi sappiate che “Primer” è disponibile solo in in lingua inglese e che il web è zeppo di infografiche che cercano di rimettere ordine fra le numerose timelines che si intrecciano nell’arco della storia (qui ne trovate una esemplare). In bocca al lupo!

4) Il Viaggio nel Tempo “Paradossocentrico”  (Timecrimes, 2007)

Timecrimes

Ammettiamolo: gli amanti dei Viaggi nel Tempo vanno pazzi per i paradossi!!! Uno dei fattori più divertenti e stimolanti durante la visione di film in cui il protagonista salta avanti e indietro fra le epoche è proprio il rischio di incontrare se stesso e innescare reazioni a catena sempre più complesse e deflagranti. Esistono storie che puntano la quasi totalità della loro efficacia proprio sul ricorrere costantemente ai paradossi temporali ma questa scelta, nonostante l’appeal dell’espediente, rischia di rivelarsi talvolta controproducente.

Timecrimes” (“los cronocrimens” in originale) di Nacho Vigalondo è considerato uno dei migliori film realizzati negli ultimi anni sul tema dei Viaggi nel Tempo ma rappresenta anche il limite estremo dell’approccio “paradossocentrico”. Il protagonista crede di assistere a un omicidio e, per sfuggire al killer, finisce per utilizzare involontariamente una mcchina del tempo sperimentale e rivivere la stessa giornata più volte.Ogni suo tentativo di cambiare le cose si rivelerà controproducente perché non farà altro che confermare come tutto quello a cui assistiamo nel corso del film sia frutto dei suoi costanti viaggi temporali. Il regista si diverte a collegare ogni singolo evento attraverso paradossi calibrati al millesimo e, senza spoilerare, possiamo ammettere che la sceneggiatura è un meccanismo oliato nei minimi dettagli. Questo, però, è anche il limite di una storia costruita in questo modo; l’intreccio è guidato dalla necessità di far quadrare ogni paradosso a discapito dei personaggi che, spesso, sembrano comportarsi in maniera sconclusionata pur di rientrare nel “disegno generale”. Alcuni spettatori lo ameranno ma altri si ritroveranno spesso a commentare: “Perché diavolo quel tizio si comporta così? Io non lo farei mai al suo posto” e questo può essere un serio ostacolo alla sospensione dell’incredulità.

5) Il Viaggio nel Tempo “Pretesto”  (About Time, 2013)

About Time

Giochiamo un altra volta sul filo degli opposti e dopo le storie “paradossocentriche” ne affrontiamo una in cui, al contrario, le regole dei Viaggi nel Tempo sembrano finire nel dimenticatoio quasi subito. La commedia scritta e diretta da Richard Curtis (“Love Actually“, “I Love Radio Rock“), infatti, sembra fatta apposta per scatenare l’ira dello spettatore “talebano” che odia alla follia ogni ingenuità e ogni buco narrativo. Molte delle critiche ricevute da questo film si concentrano sulla fragilità del suo intreccio “fantascientifico” ed è difficile dare loro torto. La storia del ragazzotto (Domhnall Gleeson) che scopre di possedere il dono di riavvolgere il tempo e lo utilizza prima per trovare la donna dei suoi sogni (Rachel MacAdams) per poi abusarne nel tentativo di rendere “perfetta” la loro storia d’amore si diverte a stabilire delle regole per poi ignorarle. Lo spettatore più attento inizierà a contare presunti “svarioni” di sceneggiatura fin dai primi minuti e questo, ovviamente, si riflette sul giudizio finale.

Peccato che, a nostro parere, tutto questo sia voluto. “About Time” parte da uno spunto volutamente fragile e poco approfondito (perché i maschi della famiglia di Gleeson possono riavvolgere il tempo? Mah…) proprio perché non è quello il fulcro della storia! A Curtis interessa piuttosto riflettere sulla inutilità della ricerca della perfezione da parte di tutti noi nel corso delle nostre vite e, per farlo, adotta una metafora di genere. Non a caso il protagonista attraverso le sue disavventure temporali arriverà a una consapevolezza profonda: inseguire la perfezione non è possibile e per farlo, spesso, si perde di vista quanto di bello già possediamo. Il Viaggio nel Tempo come spunto per parlare di temi complessi in modo coinvolgente.

E voi? Avete altri esempi che rientrano nelle suddette categorie? Non esitate a farcelo sapere!

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