È stata la mano di Dio: 5 motivi per cui il film di Paolo Sorrentino dovrebbe vincere un Oscar
È stata la mano di Dio: perché dovrebbe ricevere una candidatura agli Oscar?
Per molti È stata la mano di Dio è il film più bello ideato da Paolo Sorrentino nel corso della sua carriera e meriterebbe l’Oscar anche più de La grande bellezza, che ricordiamo ha trionfato ai Premi Oscar del 2014 nella categoria Miglior film straniero. L’ultimo lungometraggio del regista napoletano è uscito sulla piattaforma streaming Netflix lo scorso 15 dicembre, ma era già da settembre – quando la pellicola è stata presentata in concorso alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia – che i critici di tutto il mondo gridavano all’Oscar. A metà dicembre è poi arrivata la notizia che È stata la mano di Dio era stato scelto tra i quindici titoli in shortlist per la candidatura nella categoria Miglior film internazionale.
Ora, con l’annuncio delle candidature dell’Academy sempre più vicine, il pubblico è in trepidante attesa e soprattutto in fibrillazione, pronto a fare il tifo per il regista italiano, che spera di avere tra le mani il suo secondo Oscar e decretarsi come uno dei migliori registi internazionali del nostro secolo. Ma perché È stata la mano di Dio è così speciale, ma soprattutto perché dovrebbe ottenere la nomination e magari l’Oscar nella serata speciale del 27 marzo 2022? Chi ha visto il film ha ben chiaro i motivi per cui Paolo Sorrentino dovrebbe volare a Los Angeles e recitare il suo secondo discorso di vittoria sul palco del Dolby Theatre. Ma per tutti gli altri, ecco qui cinque punti fondamentali che dimostrano il valore del film con protagonista il giovane Filippo Scotti.
Il mito di Maradona – È stata la mano di Dio
Nel film, la storia d’amore tra Diego Armando Maradona e il Napoli non è solo una cornice, ma ha una grande influenza nella vita del giovane protagonista Fabietto, che dal Dio del calcio è stato letteralmente salvato. Lo stesso Maradona e la sua mano in particolare danno il titolo al film stesso. La mano de Dios è il goal fatto da Maradona nei quarti di finali dei Mondiali del 1986 ai danni dell’Inghilterra, grazie al quale la nazionale argentina vinse, diventando così campione del mondo.
All’interno della pellicola, la mano di Dio non è solo quella che ha portato l’Argentina alla ribalta, ma anche quella che ha salvato Fabietto da una morte certa. A circa metà della pellicola, Fabietto viene invitato dai suoi genitori a stare con loro un weekend nella loro casa in montagna. Il ragazzo però rifiuta per andare a vedere la partita del Napoli e vedere giocare il suo calciatore del cuore, Maradona. In quello stesso weekend i suoi genitori persero la vita asfissiati dal fumo del camino. Era stato proprio “la mano di Dio” a salvarlo e non quel Dio Onnipotente, ma quello del calcio Maradona. In questa incredibile storia vera, la passione per il calcio e per il giocatore argentino ha portato Fabietto lontano dai suoi genitori e soprattutto dalla morte certa.
Lo speciale rapporto di Fabietto e suo fratello Marchino
La famiglia Schisa è composta da cinque persone: ci sono il papà Saverio, la mamma Maria, Daniela, Marchino e Fabietto. Nonostante siano tre fratelli, sullo schermo vediamo evolversi il rapporto di Marchino e Fabietto, a discapito di quello con Daniela, che invece è sempre chiusa in bagno e parla con la sua famiglia attraverso la porta, anche quando la situazione diventa più delicata. Quella di Marchino e Fabietto, invece, è l’evoluzione di una relazione tra fratelli, che da semplice e quasi costretta diventa man mano sempre più duratura e consolidata, anche grazie – o per colpa – della tragica perdita che vede i tre ragazzi diventare orfani troppo presto. Appassionato di cinema, è proprio Marchino a installare in Fabietto la passione per la Settima arte, facendosi accompagnare a vari provini cinematografici, tra cui quello del regista Federico Fellini. Inconsciamente Marchino ha spinto Fabietto lontano da Napoli, alla ricerca della propria strada da percorrere verso il successo cinematografico.
Paolo Sorrentino si mette a nudo
Sappiamo che l’Academy ha una particolare propensione per i film tratti da storie vere. È stata la mano di Dio però non è solo il prodotto tratto da una storia vera, ma è la messa in scena della storia del regista. Paolo Sorrentino ha messo a nudo se stesso e senza alcun filtro ha portato sullo schermo la sua vita, la sua tragica storia non per autocommiserarsi, ma per mostrare quanto la sua vita sia stata di ispirazione anche e soprattutto alla sua carriera. Ha eliminato quello che era lo stile grottesco di La grande bellezza, per dare vita a qualcosa di più intimo, con una narrazione sincera, il cui dolore è capace di unire regista, attori, personaggi e pubblico in un abbraccio solo. L’intimità del regista diviene quindi una narrazione universale, un cinema che condivide storie parallele, gioie viste con gli occhi di un ragazzino e dolori vissuti nel pieno dal pubblico che resta affascinato dal profondo segreto rivelato attraverso ciò che il regista meglio sa fare: il cinema.
Napoli bella come non lo era mai stata prima
In È stata la mano di Dio c’è Napoli, una Napoli come non era mai stata rappresentata prima d’ora. Una Napoli diversa da quella di Troisi, diversa da quella di Pino Daniele (benché il cantante sia presente con la sua musica) e per quanto forte sia anche la presenza di Maradona, la Napoli del calciatore non è la stessa di quella di Fabietto. La Napoli del protagonista e di Sorrentino è quella delle contraddizioni che da sempre ha affascinato non solo gli abitanti, ma soprattutto chi la conosce poco. È la Napoli che toglie il fiato all’alba, quella dai toni caldi degli anni Ottanta, quella che non va mai a dormire, quella delle belle donne e dei vicoli scuri di notte. Questa è una Napoli tutta da vivere, che ha dato a Paolo Sorrentino i natali e che gli è stata vicino nonostante i dolori e nonostante lui sia andato via per cercare la sua strada. La Napoli di È stata la mano di Dio è arrivata a Los Angeles e con le sue coste, con le sue grotte ha affascinato anche l’Academy.
L’incredibile valore del cast
È stata la mano di Dio non avrebbe avuto questo grande successo se non fosse stato scelto un cast all’altezza di portare in scena personaggi davvero esistiti e che sono stati a cuore al regista fin da quando è nato. Menzione particolare al giovane Filippo Scotti che ha interpretato Fabietto/Paolo Sorrentino, e che grazie a questa sua prima interpretazione stellare ha vinto anche il Premio Marcello Mastroianni al Festival di Venezia come migliore attore emergente. Filippo è riuscito a mostrare nel corso di tutto il lungometraggio l’evoluzione di Fabietto, costretto a diventare suo malgrado Fabio. Il giovane attore è stato accompagnato in questa sua prima avventura da colleghi di un certo calibro, come ad esempio Toni Servillo, che con Paolo Sorrentino ha collaborato già in La grande bellezza.
Qui interpreta il saggio padre di Fabietto, un uomo dalla parola sempre pronta e che come tutti i padri è prima di tutto un uomo che commette errori. Al suo fianco c’è Teresa Saponangelo, che interpreta l’ironica mamma Maria, pronta sempre a fare scherzi, che ama la sua famiglia e la sua vita, nonostante non sia perfetta. Menzione particolare anche per Luisa Ranieri, che nella pellicola interpreta zia Patrizia, una donna bellissima che potrebbe avere tutto dalla vita, ma che purtroppo deve affrontare il dolore di una vita malata. È stata la mano di Dio è pieno di personaggi iconici al suo interno, tutti interpretati da attori incredibili che hanno reso questa pellicola ancora più speciale. L’Italia tutta si è innamorata dell’ultimo lavoro di Paolo Sorrentino e spera che sia così anche per l’Academy.