I giorni del dolore: paura della morte e resistenza al lutto in sei grandi film.
5) L’Attesa (2015). In un’antica villa siciliana vive Anna, reduce dall’improvvisa morte del figlio Giuseppe. Pochi giorni dopo il funerale, ella riceve la visita di Jeanne, fidanzata di Giuseppe, ignara della morte del ragazzo. Inaspettatamente, Anna decide di ingannare la ragazza: senza rivelarle la verità, la costringe a restare con lei nella vana attesa del fidanzato. In concorso al Festival di Venezia, l’opera prima di Piero Messina è un film estremamente introspettivo e intimo. Dimostrando di avere appreso la lezione del suo maestro Paolo Sorrentino (Messina fu il suo aiuto regista per La Grande Bellezza), il regista unisce con sapienza il gusto estetizzante della forma e la ricchezza psicologica dei caratteri in campo. Non conta una trama o uno sviluppo narrativo visibile; quello che importa sono i non-detti, gli sguardi, i sussurri, i cambiamenti interiori dell’individuo. Anna vive quattro diverse condizioni: l’amorevolezza di chi non vuole dare una notizia così tragica ad una donna a lei sconosciuta; l’egoismo di chi approfitta della situazione per non rimanere da sola; il barlume di speranza in un ritorno impossibile; la triste rassegnazione ad un inevitabile addio. L’Attesa è la parabola di una mater dolorosa che cerca in ogni modo di non arrendersi alla realtà e alla quale dà corpo e anima una grandissima Juliette Binoche. Di straziante potenza la sequenza iniziale in cui Anna urina per terra in Chiesa durante la cerimonia funebre: quell’apparente e rinnovata rottura delle acque è per lei l’unico modo possibile per ribadire il proprio statuto di madre.
‘ Sei giovane! Lo dimenticherai e ti innamorerai di nuovo. Tu vivrai, e questo è tutto. Vivrai perché è quello che fanno tutti, sempre. ‘
6) Magnolia (1999). Earl Partridge è un vecchio miliardario, nonché malato terminale a causa di un tumore ai polmoni e al cervello. Jimmy Gator è un celebre conduttore televisivo dall’oscuro passato, che scopre di avere due mesi di vita a causa di un tumore alle ossa. Il film è un gigantesco affresco della disperazione umana, che intreccia le vite scoraggiate e disilluse di nove personaggi rocamboleschi e spaventosamente reali, petali di quell’unico grande fiore che è l’umanità. Paul Thomas Anderson dirige un melodramma puro, capace di tenere sempre viva l’attenzione dello spettatore, nonostante la titanica durata di 200 minuti. È un film corale e totale, che ritrae con maestria i più vari sentimenti umani, regalando emozioni purissime e (tante!) lacrime. Il merito è anche del formidabile cast, nel quale spiccano un eccellente Tom Cruise, nel ruolo che gli valse il Golden Globe e la candidatura all’Oscar come attore non protagonista, e soprattutto una gigantesca Julianne Moore, entrata nella storia del cinema con la formidabile scena della furiosa esplosione di rabbia nei confronti di un farmacista impertinente. Magnolia è uno di quei film che cambiano la vita, che entrano nella testa e non ne escono più, che fanno cambiare il modo di percepire la vita intorno. Nonostante gli argomenti sviscerati, Magnolia è un grande inno al magico potenziale della speranza, perché sull’orlo del baratro può esserci ancora spazio per lo stupore…quand’anche esso derivasse da una catartica pioggia di rane in una piovosa notte d’Estate. Indubbiamente uno dei miei film preferiti in assoluto. Vedetelo, abbandonatevi e amatelo come merita!
‘ E così c’è il racconto dei tre impiccati, quello del sommozzatore e quello del suicida. Ci si imbatte in strane storie, fatte di coincidenze, di fatalità, di vicende che si intersecano. E di come, di perché e di chi può saperlo. E noi di solito commentiamo: <Beh, se l’avessi visto in un film non ci avrei creduto!>. Il parente di qualcuno incontra l’amico di qualcun altro e così via…e l’umile opinione di questo narratore è che di cose strane ne accadono in continuazione: è sempre così, è sempre così! E il libro dice: <Noi possiamo chiudere con il passato, ma il passato non chiude con noi>. ’