IT di Stephen King – Meglio il film o la miniserie Tv?
L’Adattamento
Sgombriamo subito il campo da equivoci: “It” è un romanzo impossibile da riadattare.
Come accade spesso con le opere di Stephen King l’horror è un veicolo per raccontare molto altro; ironicamente, sembra quasi necessario “tradire” la fonte originaria per ottenere un buon risultato (“Shining” è l’esempio lampante). Entrambe le trasposizioni cercano di aderire più o meno fedelmente alla trama ma, così facendo, si scontrano con le difficoltà di comprimere un libro monumentale.
Va detto che risulta disonesto commentare questo elemento per il film di Muschietti data la scelta di dedicarsi solo alle vicende dei Perdenti ragazzini e di spostare il loro ritorno da adulti nel sequel in lavorazione. Questo, però, cancella quel sublime Gioco di Specchi tra passato e presente che rappresentava la spina dorsale del romanzo. Vedere come la minaccia di It si propagasse immutabile nel tempo mentre tutti i giovani “eroi” erano invecchiati e più amareggiati è un elemento chiave della storia ma nel film viene rimandato a data da destinarsi.
Al contrario, la miniserie diretta da Wallace giocava molto sull’alternanza passato-presente adottando anche pregevoli espedienti di scrittura (i flashback al momento della “convocazione” degli adulti a Derry, ad esempio). In questo modo anche l’incontro fra gli ex-Perdenti al ristorante cinese, quel momento toccante in cui tutti tornano per un attimo ragazzini, acquista più forza se poco prima è stata mostrata l’esperienza terribile da loro vissuta anni addietro.
Per fortuna, la scelta di trasporre l’azione dal 1968 al 1988 per il film di Muschietti non si risolve in uno scimmiottamento degli anni ’80. Per King usare gli anni ’50 era inevitabile dato che quel decennio lo aveva vissuto appieno ma per un regista classe 1973 il rischio di una ricostruzione “posticcia” di quell’epoca sarebbe stato altissimo; meglio optare, di conseguenza, per un’epoca a lui più affine.
Concludendo: Miniserie Tv o Film?
La risposta è nessuno dei due…o entrambi, a seconda del vostro punto di vista o della vostra sensibilità.
La miniserie Tv soffre di un invecchiamento drammatico eppure, per chi la scoprì da ragazzino, resta un esempio di terrore che il film moderno non riesce a eguagliare. Vale la regola del “Chi prima arriva Meglio alloggia“, insomma. Non importa se il lavoro di Wallace sia nettamente inferiore perché si è radicato nell’immaginario collettivo al punto da impedire che l’obiettività di uno spettatore possa prendere il sopravvento.
E poi c’è Tim Curry. La sua interpretazione è l’esempio da manuale di cosa significhi nobilitare un film con la sola presenza. È come se il suo “It” fosse una stanza dai muri scrostati e mal tenuta ma al cui interno venisse esposto un Van Gogh! Il genio artistico rende quasi invisibile agli occhi il contesto, facendo credere di assistere a una esposizione in un luogo meraviglioso.
Il film è in sala in questi giorni. Godetevelo senza l’assillo del confronto perché, ne siamo sicuri, molti spettatori quattordicenni lo ameranno molto di più della vecchia versione. D’altronde, se c’è una cosa che “It” insegna, è proprio come la paura colpisca allo stesso modo anche a generazioni di distanza.
Vi consigliamo di leggere anche la nostra recensione del film nelle sale!
IT (2017) – Recensione del film tratto dal grande classico di Stephen King