Nuovo Cinema Italiano: cronaca di un anno di grande cinema nostrano.
5°: Piuma. Ferro e Cate sono una coppia di maturandi che si ritrova a fare i conti con una gravidanza inattesa. Mentre le rispettive famiglie remano contro, i due sembrano entusiasti della novità, ma, di fronte all’ingente carico di responsabilità in arrivo, non mancheranno i tentennamenti. In concorso all’ultimo Festival del cinema di Venezia, il presente film fu massacrato dalla critica, tra fischi in sala e bacchettanti stroncature degli addetti ai lavori. D’altra parte, non stupisce un simile atteggiamento se si pensa che il Leone d’Oro fu poi assegnato a un film filippino, in bianco e nero, dell’esile durata di tre ore e mezza… In realtà l’unica presunta colpa della pellicola era quella di poter vantare una leggerezza giudicata eccessiva per garantire un posto al prestigioso Lido. Infatti, il film è un’autentica ventata d’aria fresca, capace di far ridere di gusto con i suoi buffi sviluppi e di emozionare con la sua genuina tenerezza. Piuma soffia su una girandola di personaggi così sgangherati da risultare profondamente reali: anime di una storia di rara sincerità, comica e commovente allo stesso tempo. Nota di merito per le interpretazioni del giovane Luigi Fedele e della grande Michela Cescon, senza dimenticare le splendide musiche di Lorenzo Tomio. Dolcissimi e indimenticabili la scena della prima ecografia e il finale a mezz’aria. Verace. Incasso: € 311.000.
<Nostra figlia ce deve ave’ un nome tipo una parola magica, un nome che nei momenti brutti la faccia vola’ sopra sto casino che è er monno…dev’esse leggera, deve fluttua’, dev’esse tipo una piuma…ecco: Piuma se dovrebbe chiama’!>
4°: Indivisibili. Viola e Daisy sono due gemelle siamesi, nonché le cantanti neomelodiche più note di Castel Volturno e dintorni. Prossime alla maggiore età, le due scoprono di potersi dividere: la famiglia farà di tutto per ostacolare questa scelta, pur di mantenere intatto quel loro difetto che tanto le ha rese famose e tanto ha giovato economicamente a tutti loro. Edoardo De Angelis, dopo Perez una delle più felici promesse italiane, ha scritto un racconto nerissimo e perverso. Nella convinzione che la religione, quando si tramuta in fanatismo, può davvero diventare oppio dei popoli, il regista ritrae una comunità ignorante che erige una disabilità a sintomo di santità: si fa a gara per toccare le due gemelle, le si chiama Sante, si organizzano processioni in loro onore, si chiedono loro grazie. Viola e Daisy sono esibite come in un orrido freak show che le costringe ad una vita non-vita, ad un’infelicità accettata troppo rassegnatamente e che, di fronte ad una possibile soluzione, reclama il proprio riscatto. È un film perfetto quello di De Angelis, potendo contare su una solida sceneggiatura composta insieme a Nicola Guaglianone, su una fotografia scura e opprimente, sulle musiche magnetiche di Enzo Avitabile, sulle interpretazioni appassionate delle gemelle Fontana e dell’ottima Antonia Truppo (David di Donatello alla migliore attrice non protagonista, per il secondo anno consecutivo). Una lezione di puro cinema i dieci minuti delle gemelle sulla barca del manager approfittatore, tra un girotondo con mostruosi fenomeni da baraccone e un tuffo nella notte che leva letteralmente il fiato allo spettatore. Per un solo voto di differenza con il documentario di Gianfranco Rosi, ha perso l’occasione di essere presentato agli ultimi Oscar come miglior film straniero, categoria nella quale avrebbe vinto a mani basse. Potente. Incasso: € 278.000.