El Camino: analisi del film sequel di Breaking Bad
Analisi del film-sequel in cui Jesse "salda" una volta per tutte il conto con il suo passato
L’ultima volta che avevamo visto Jesse Pinkman, il ragazzo se ne sfrecciava via dal covo dei neonazisti al volante di una Chevrolet El Camino del 1978, tra urla e lacrime di gioia. Ma, come vedremo nell’analisi di El Camino, quell’entusiasmante senso di libertà che ci hanno trasmesso gli ultimissimi minuti della puntata finale di Breaking Bad, il regista Vince Gilligan, forte di un grandioso successo di pubblico e di critica, ha deciso che Jesse doveva finire di conquistarselo.
In questo attesissimo sequel “non necessario” (per stessa ammissione del regista) di Breaking Bad, prodotto e distribuito da Netflix e Sony, Gilligan ha voluto fare quello che ha definito “un regalo ai fan e un regalo ad Aaron Paul”. Senza dubbio lo è per davvero, un regalo. Ma inoltre, mettendo d’accordo tutti i fan di Jesse, c’è da dire che il vero omaggio è quello fatto all’ex studente di Walter White e all’intera struttura del suo personaggio. Proseguiamo dunque con l’analisi di El Camino, buona lettura!
***ATTENZIONE: POSSIBILI SPOILER***
Indice:
- L’ex studente di Walter White non è più lo stesso
- Il controverso rapporto tra Jesse e Todd
- Il soldi di Todd
- Il negozio di aspirapolveri e una nuova identità
- Vincent Gilligan omaggia il western
- Il regalo del regista: Walter White e Jesse Pinkman di nuovo insieme
- Conclusioni
El Camino analisi – L’ex studente di Walter White non è più lo stesso
La scena iniziale di questa pellicola, ricca di flashback dal sapore triste e nostalgico, si apre con un dialogo tra Mike Ehrmantraut e Jesse Pinkman. Mike consiglia a Jesse di andarsene in Alaska per iniziare una nuova vita. Proprio l’Alaska che, a detta di molti luoghi comuni americani, risulta essere davvero “l’ultima frontiera”. Il posto dove chi non ce l’ha fatta trova il modo di ricominciare e chi, come Jesse, ha vissuto l’inferno della prigionia e della segregazione, può finalmente trovare pace e ripartire da zero. Ma come abbiamo detto, in questo lungometraggio, Pinkman la pace dovrà guadagnarsela. E, per farlo, si avvarrà dell’aiuto di vecchie amicizie e conoscenze. Dopo aver sfondato il cancello della base dove risiedeva la gang neonazista, Jesse cerca di starsene lontano dalle sirene della polizia recandosi a casa dei suoi due vecchi amici: gli ingenui e strafatti (stavolta neanche troppo) Skinny e Badger.
Sarà proprio Skinny Pete ad aprire la porta di casa e a non riconoscere, in un primo momento, il suo amico ormai barbuto, sporco e malconcio. Jesse, nonostante la lunga segregazione, è di poche parole. Dice molto semplicemente ai suoi amici di dover togliere l’auto dalla strada e lo ritroviamo, pochi istanti dopo, ad ingurgitare voracemente dei noodles precotti e a fiondarsi sul letto senza pronunciar parola. Il Jesse Pinkman che ci regalano Gilligan e Aaron Paul, è un Jesse che porta cicatrici interiori ed esteriori ugualmente dolorose. Un Jesse che, proprio come i soldati che tornano dal campo di battaglia, soffre di uno stress post-traumatico che lo spinge ad alzarsi dal letto di scatto e ad afferrare la sua pistola (da cui non si separerà nemmeno sotto la doccia), puntandola contro i suoi due amici in preda al panico.
Il controverso rapporto tra Jesse e Todd
Durante l’intero film si alternano numerosissimi flashback attraverso cui Vincent Gilligan ci rivela dettagli sulle brutali condizioni in cui versava Jesse nel periodo della sua prigionia. Il regista di Breaking Bad pone in risalto le profonde differenze tra Todd e Jesse. E lo fa mostrandoci il bizzarro rapporto di amicizia/schiavitù che il nipote di Jack Welker cerca di costruire con il suo imprigionato. Todd è uno psicopatico criminale, che alterna gentilezza e violenza come niente fosse. Jesse invece, nonostante tutto, ha quasi sempre conservato la sua natura da “buono”. Soffrendo visibilmente quando è stato costretto a commettere atti violenti e criminali. Jesse è fortemente emotivo: paura, dolore, tristezza, rassegnazione, disapprovazione e disgusto traspaiono dal suo volto in tutte quelle circostanze in cui, ad una persona sana di mente, verrebbe spontaneo provarle.
Ma per il nipote dello zio Jack non è così: quando porta con se Jesse nel suo appartamento per disfarsi del cadavere della sua domestica (uccisa perché colpevole di aver scoperto i soldi nascosti) non esita a proporre a Jesse diverse zuppe di pollo da gustarsi in compagnia del corpo della colf distesa in cucina. Molte scene, come quella in cui Todd srotola il tappeto dove è avvolto il cadavere della domestica messicana per riprendersi la cinta con cui l’ha uccisa, ci ricordano quel triste e tragicomico “dark comedy”. Il genere che ha caratterizzato l’intera serie di Breaking Bad. Nonostante questo, il regista resta abilissimo nel riuscire a non farci perdere il focus sul Jesse attuale. Il Jesse che ha la polizia alle calcagna e cerca disperatamente un modo per fuggire.
El Camino analisi – I soldi di Todd
La libertà ha un prezzo e quella dei criminali, come ci ha insegnato l’avvocato Saul Goodman, ne ha uno piuttosto alto. Per questo motivo, Jesse decide di far visita al vecchio appartamento di Todd sottoposto a sequestro e passato al setaccio dalle forze di polizia. La ricerca di Jesse Pinkman è una ricerca ostinata e meticolosa: fruga sotto i lavandini, stacca la carta da parati e scruta dietro i battiscopa. Una bellissima inquadratura dall’alto ci fornisce la perfetta planimetria dell’appartamento e il percorso dei movimenti di Jesse al suo interno, avanti e indietro, nell’esasperata ricerca dei soldi necessari alla sua fuga. Al suo nuovo inizio. Prossimo alla resa e seduto a terra con la schiena contro il muro, in un lampo di genio decide di scardinare l’anta del frigorifero, scoprendo dove Todd aveva deciso di mettere al sicuro il suo malloppo.
Ma per Jesse, a quanto pare, le cose, prima di risolversi, devono complicarsi del tutto. Due falsi agenti dell’FBI, che solo poco dopo il loro ingresso nell’appartamento, si riveleranno essere in realtà due saldatori della “Kandy Welding Co.”, finiscono per atterrare Jesse. Ancora una volta Jesse deve lasciare la sua arma, la sua pistola, a questi due presunti agenti dell’FBI. Proprio come fece con Todd nel deserto dopo aver seppellito la sfortunata domestica. Ancora una volta Pinkman viene messo alle strette da criminali con cui, per sua indole, infondo non ha niente di che spartire. Alla fine sarà proprio con Neil (il dipendente della “Kandy saldature” a cui la gang di neonazisti commissionò le giunzioni d’acciaio che dovevano tenerlo saldamente ancorato ad un cavo) che dovrà spartirsi l’intera somma di denaro nascosta da Todd. Ironia della sorte, di nuovo il saldatore Neil contribuisce a tenere Jesse Pinkman sotto scacco.
El Camino analisi – Il negozio di aspirapolvere e una nuova identità
Ma questa volta ciò che trattiene l’ex socio di Walter White non è una costruzione in metallo che gli impedisce di scappare mentre cucina cristalli di metanfetamina, bensì i due terzi del “tesoretto” di Todd. Tesoretto che gli viene soffiato sotto il naso dai due uomini della Kandy Welding. Jesse prova a sfruttare ogni possibilità per scappare via. Persino possibilità che in passato si è lasciato sfuggire. Se infatti esiste una vecchia conoscenza di Jesse che forse meriterebbe uno spin-off, è sicuramente il misterioso venditore di aspirapolveri capace di costruire nuove identità a persone in fuga, dietro un cospicuo compenso. Ovviamente Gilligan non può che avvalersi di questo emblematico personaggio, per chiudere il cerchio di quella che è la grande fuga di Jesse. Egli, portando con se i contanti all’interno di una busta per l’immondizia, fa irruzione nel negozio di elettrodomestici per la pulizia domestica.
Ed Galbraith (interpretato dall’attore Robert Forster, scomparso proprio nel giorno in cui la pellicola è stata distribuita) sta concludendo una vendita con una cliente. Con la risolutezza di chi non ha un istante da perdere, Jesse fa le veci del proprietario: chiude a chiave l’ingresso del negozio e gira il cartello con su scritto “closed”. È il momento in cui il nostro Jesse può conquistarsi la libertà e gioca tutte le sue carte. Ma non bastano. Non bastano, come del resto non bastano i soldi che gli offre: Jesse Pinkman è in debito con Ed per l’appuntamento mancato. Per quella possibilità che in Breaking Bad ha gettato al vento. E il fantomatico venditore di aspirapolvere non fa sconti a nessuno. L’ex socio del più ricco e insospettabile narcotrafficante, per poco meno di duemila dollari, vede la sua fuga arrestarsi sul bancone di Ed.
Vincent Gilligan omaggia il western – El Camino analisi
Al protagonista di El Camino, di cui vi parliamo in questa analisi, non resta quindi che tentare il tutto e per tutto. Telefona ai genitori, dandogli un falso appuntamento e approfittando della loro assenza in casa per impossessarsi delle due pistole tenute al sicuro nella cassaforte di famiglia, il cui codice è la data di nascita dell’altro figlio, quello non rinnegato. Le pistole sono piuttosto scadenti. Jesse però è ormai armato di un coraggio più forte delle armi da fuoco. L’irruzione di Jesse nella fabbrica di saldature è ciò che renderebbe El Camino meritevole del prezzo del biglietto, se solo fosse stato distribuito nei cinema italiani. Facendo sfoggio del suo coraggio e della sua risolutezza, Jesse piomba nella saletta dove i due dipendenti della Kandy saldature, insieme ad altri tre amici, hanno appena fatto baldoria tra cocaina e prostitute.
Con la sfrontatezza di chi non ha più nulla da perdere, Jesse Pinkman chiede a Neil 1800 dollari. L’esatta cifra con cui potrebbe pareggiare i conti con Ed. Una cifra per cui i fabbri potrebbero scomodare i loro cuori. Ma non ne possiedono. E quel poco rimastogli per continuare a pompare sangue nelle loro vene, è sotto effetto di droghe. Vincent Gilligan, per questo gran finale, decide di regalarci un duello di sguardi alla Sergio Leone. Neil propone a Jesse un duello “come nel selvaggio west”. Un duello dove chi vince prende tutto. L’intera somma di denaro recuperata dal frigorifero di Todd. Il fabbro si beffa dell’improbabile pistola di Jesse, incurante del fatto che il nostro Jesse ne tiene nascosta un’altra nella tasca. Finché non si ritroverà in una pozza di sangue.
Il regalo del regista: Walter White e Jesse Pinkman di nuovo insieme
Uccisi i due dipendenti della Kandy saldature, non resta che prendere la borsa con i soldi nel loro ufficio. Ma Jesse ormai la sa lunga. Non è più il giovane tossico di una volta: prima di cacciare i tre superstiti si fa consegnare le patenti con la promessa che, qualora dovessero parlare, li andrà a cercare. Con una grande esplosione innescata da una delle tante fiamme ossidriche (magari proprio quella utilizzata da Neil per saldare Jesse Pinkman alle travi d’acciaio durante la sua prigionia), abbandona la scena del crimine con l’intero malloppo di Todd nella borsa. Adesso Jesse può finalmente saldare il suo debito con il venditore di aspirapolvere e iniziare una nuova vita. Ma Gilligan vuole rendere il suo “regalo ai fan”. Con una sequenza flashback risalente agli inizi della fortunata serie tv, ci regala cinque minuti di dialogo.
Walter White e Jesse Pinkman pranzano insieme in un diner, mentre il famoso camper è parcheggiato fuori. Jesse si accerta del livello di idratazione del professore malato di cancro e lo rassicura su come la sua famiglia avrà i soldi derivanti dalla vendita di meth. Un Walter White non ancora asceso al rango di pericoloso re del narcotraffico, ricopre quella figura pseudo-paterna che lo ha caratterizzato nelle prime puntate, dandogli consigli sulla sua ipotetica scelta universitaria. In questo spezzone bramato dai nostalgici e dagli appassionati, Walter White ci mostra la sua tristezza per aver atteso tutta la vita prima di diventare “Heisenberg”, rivelando a Jesse quanto lui sia fortunato a “non aver dovuto aspettare tutta la vita per fare qualcosa di speciale”. E risulta essere proprio questa, la cifra finale della pellicola.
Conclusioni
Walter White, infondo, per ottenere quel “qualcosa di speciale” che non aveva mai realizzato nella sua vita, ha stravolto la sua esistenza e perso la sua famiglia. Jesse Pinkman, invece, quel “qualcosa di speciale”, cerca di realizzarlo qui ne “El Camino“. Fuggendo una volta per tutte dal narcotraffico, dalla prigionia, da criminali psicopatici, dai morti e dagli amori defunti. Come quello per Jane, la ragazza che, in Breaking Bad , Walter White ha lasciato morire soffocata. Dopo un lungo viaggio nascosto in un furgone guidato da Ed, Jesse mette piede sul suolo dell’agognata Alaska. La sua nuova casa. Il venditore di aspirapolvere/distributore di nuove identità, con una compostezza marziale, interroga Jesse per accertarsi che abbia imparato a memoria i suoi nuovi dati anagrafici.
La pellicola si conclude con l’ultimo flashback, in cui Jesse Pinkman ricorda una sua conversazione esistenziale con Jane riguardo l’universo e le scelte di vita. Rivelandoci ancora una volta dove la sua spensieratezza si è persa per sempre. Si è discusso molto su quanto questo film-sequel, fosse opportuno. Ma la verità è che tutti noi fan di Breaking Bad e di Jesse, avevamo bisogno di accertarci che ce l’avesse fatta. Avevamo bisogno che il regista ci confermasse che, dopo quel cancello sfondato dalla Chevrolet “El Camino“, per lui ci fosse davvero in serbo la libertà. Un’ultima possibilità per ricominciare da zero. Avevamo bisogno di credere che la parte più “buona” e umana dell’ex-studente di Walter White, alla fine avrebbe prevalso. Che avrebbe avuto l’occasione di redimersi chissà dove. Il più lontano possibile dal New Mexico.