Intervista a Nico Toffoli, nel cast del film Dante di Pupi Avati
Nico Toffoli, attore di cinema, teatro e televisione racconta la sua passione per la recitazione e il grande privilegio di aver lavorato in un film epico e coraggioso come Dante
Dante è il film diretto da Pupi Avati che porta sul grande schermo, con un’operazione ambiziosa, rispettosa e sincera, un ritratto del Sommo Poeta che prende forma attraverso lo sguardo e la voce del Boccaccio di Sergio Castellitto. Nel film Nico Toffoli interpreta il ruolo di Manetto Donati, suocero di Dante Alighieri nonché figura di spicco e punto di riferimento per quello che è stato ed è il massimo esponente della letteratura italiana. Un ruolo chiave per cui Toffoli – attore di cinema, televisione e teatro – si è preparato con passione e dedizione, approfondendo ogni aspetto del personaggio e mettendo a frutto gli insegnamenti del Metodo Strasberg. Nico Toffoli ci ha raccontato della sua passione per il mestiere di attore, dello straordinario privilegio che è stato tornare a collaborare con uno dei maggiori registi italiani per un film epico e coraggioso e di quelle che sono le sue preferenze personali come spettatore.
Nico Toffoli racconta il suo Manetto Donati nel film di Pupi Avati
Com’è nata in te la passione per la recitazione e quando hai capito che doveva diventare per te un lavoro?
La passione per il cinema e la recitazione si è sviluppata quando ho preso coscienza delle capacità degli attori piuttosto che della bellezza del film. Quando, cioè, il focus di osservatore ha cessato di godere del film di per sé ma di apprezzare la performance degli attori. Da quel momento ho abbandonato tutto quello che non mi interessava o che ritenevo non aderente alle mie volontà e mi sono dedicato con ogni mia forza alla recitazione. Negli anni ho rifiutato anche lavori in televisione, in vari programmi, perché ero interessato solo alla carriera di attore.
In Dante interpreti Ser Manetto Donati, conosciuto fra le altre cose per essere il suocero di Dante. Come hai ottenuto il ruolo?
Sono alla terza collaborazione con Pupi Avati. Durante la pandemia ci siamo incontrati con Pupi ed Antonio Avati in un famoso bar di Roma ed abbiamo cominciato a parlare del film del quale avevo sentito parlare da Antonio Avati in un festival del Cinema che organizzavo. Abbiamo avuto diversi incontri e poi Pupi ha deciso di affidarmi il ruolo di Ser Manetto Donati, un ruolo molto importante in un film corale di altissimo livello.
Come ti sei preparato per questo ruolo?
Come per ogni ruolo, e seguendo il metodo Strasberg, ma anche le mie personali abitudini, conduco ricerche approfondite sui personaggi, la loro vita e le loro opere. In particolare Manetto Donati, appartenente alla potente famiglia Guelfa nera dei Donati del cugino Corso Donati, è un personaggio di grande ispirazione per Dante. Un vero e proprio punto di riferimento, culturale ed economico, visto che lo ha aiutato ripetutamente anche sotto quel punto di vista. Sapendo questo sono riuscito a calibrare la presenza scenica del personaggio. Pupi poi, sul set, ha ulteriormente definito questo splendido personaggio storico.
Com’è stato il tuo rapporto con Pupi Avati e i tuoi colleghi sul set?
Il rapporto con Pupi Avati è fatto di sincero rispetto ed ammirazione, ma anche di grande volontà di collaborazione. Lavorare con un maestro di cinema è sempre un’opportunità dalla quale ogni attore deve attingere per migliorarsi. Il cast del film era, in questo caso, importante ed esteso ed ognuno è stato in grado di apportare significativi contributi al film. Ma, essendo girato in varie location ed in diverse fasi, non tutti abbiamo avuto l’opportunità di incontrarci. Comunque c’è stato un ottimo rapporto con tutti.
Quali sono gli aspetti del film che hai apprezzato maggiormente?
Dante è un film epico ed ho apprezzato il suo essere insolito. Utilizzare Boccaccio per ripercorrere le tappe terrene del più grande scrittore di tutti i tempi ed investigare le umane vicende, destrutturare il mito per indagare sull’uomo nelle sue umane debolezze lo reputo geniale. A livello personale lavorare su film storici ed in costume è un’operazione che da sempre apprezzo. Già ai tempi di Roma, la serie HBO del 2005 ed a maggior ragione in Dante lo studio dei costumi e delle acconciature arricchisce il lavoro dell’attore. Personalmente adatto il mio modo di muovermi, di camminare. Sembra una banalità ma ci sono molti film in costume e d’epoca con attori che gesticolano in modo troppo moderno o che non adeguano la mimica facciale. Grosso errore di regia e di recitazione che si ripercuote sulla qualità del film. E molti, pur essendo d’accordo, continuano a fare lo stesso errore.
C’è un regista in particolare con cui ti piacerebbe lavorare in futuro?
Negli ultimi anni l’Italia ha recuperato molte posizioni a livello internazionale rispetto agli anni Novanta o ai primi Duemila grazie soprattutto ai suoi registi. Reputo Matteo Garrone un regista fenomenale, in grado di ricavare grandi scene anche con attori sconosciuti o non necessariamente famosi. Infatti spesso essere famoso non significa essere un bravo attore. Roberto Andò ed ovviamente anche Stefano Sollima e Paolo Sorrentino. Non posso dimenticare Marco Bellocchio, che ho avuto il piacere di conoscere quest’anno a Cannes nel pavillion italiano.
Qual è l’ultimo film che hai visto al cinema o in streaming?
L’ultimo film che ho avuto il piacere di vedere al cinema è La Stranezza di uno spettacolare Roberto Andò, che insieme a Ficarra e Picone e Toni Servillo (tutti in stato di grazia) osano e riescono a ritrarre un lato intimo del titano del teatro italiano e mondiale, di colui al quale dobbiamo la riconoscenza per tutto ciò che chiamiamo Teatro: Luigi Pirandello. Un gran film di Rai Cinema e Medusa che spero ottenga i dovuti riconoscimenti nelle platee e nei festival più importanti. Per quanto riguarda lo streaming distribuisco equamente la mia presenza nelle varie piattaforme, ma l’ultimo in ordine di tempo è The Peripheral, una serie Amazon con Chloe Grace-Moretz.