Rapito: la storia vera di Edgardo Mortara che ha ispirato il film di Marco Bellocchio

La vera storia di Edgardo Mortara, che ha ispirato Rapito di Marco Bellocchio, al cinema dal 25 maggio

Rapito, il nuovo film di Marco Bellocchio presentato a Cannes 2023, è in sala dallo scorso 25 maggio. Scritto dallo stesso Bellocchio insieme a Susanna Nicchiarelli, il film racconta la storia vera di Edgardo Mortara, il bambino ebreo battezzato segretamente e sottratto alla famiglia dalla gendarmeria pontificia affinché gli fosse impartita un’educazione cattolica. Le vicende di Rapito si svolgono a Bologna a partire dal 1858 e nel cast, fra gli altri, ci sono Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Filippo Timi, Fabrizio Gifuni, Paolo Calabresi e Enea Sala e Leonardo Maltese che interpretano, rispettivamente Edgardo da bambino e da ragazzo. Il film racconta la lotta della famiglia Mortara per riavere il figlio e la crescita del protagonista mentre il caso di cronaca a lui legato scuote l’Italia intera e non solo. Marco Bellocchio adatta la vicenda, prendendosi alcune libertà e analizzando la storia puntando soprattutto sulle ripercussioni del caso sul lato umano. Vediamo qui di seguito la storia vera di Edgardo Mortara.

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Rapito di Marco Bellocchio, la storia vera di Edgardo Mortara

Edgardo Mortara nasce a Bologna il 27 agosto del 1851 a Bologna in una famiglia di religione ebraica. All’epoca Bologna era la seconda città dello Stato della Chiesa. Quando ancora non ha compiuto un anno, il piccolo protagonista di Rapito si ammala gravemente e, temendo per la sua vita, la domestica cattolica di famiglia Anna Morisi lo fa battezzare ad insaputa dei genitori. Morisi prende questa decisione per garantirgli la salvezza di una vita eterna. Il 23 giugno del 1858 la gendarmeria pontificia di Pio IX fa irruzione in casa Mortara e sottrae il giovane Edgardo alla sua famiglia: è necessario che al bambino sia impartita un’educazione cattolica. Per le leggi dello Stato pontificio un bambino cristiano non poteva essere allevato da una famiglia di religione diversa. Edgardo viene portato a Roma nella Casa dei Catecumeni, fondata nel XVI secolo per accogliere coloro che si erano convertiti al cattolicesimo da altra religione.

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Questo, però, non era il caso del piccolo Mortara, sottratto ai propri genitori e fratelli, sostenuti in egual misura sia dalla comunità ebraica bolognese che da quella romana. La famiglia Mortara non poté più incontrare Edgardo senza la presenza di qualcuno fino al 1870, anno della caduta dello Stato pontificio. Fino ad allora gli incontri avvennero sempre alla presenza di esterni e di fatto Edgardo venne allevato come cattolico. La famiglia provò in tutti i modi a far valere la tesi della non validità del battesimo di Edgardo, accusando la domestica e avvalendosi anche della testimonianza del medico che dimostrò che il piccolo non fosse effettivamente in pericolo di vita al momento del rito (condizione fondamentale per ammettere il battesimo in stato di emergenza). Pio IX continuò a sostenere la validità del battesimo di Edgardo, dichiarando che il rapimento del piccolo fosse stato né più né meno un obbligo morale. Alla caduta dello Stato pontificio Edgardo Mortara aveva 19 anni. Non tornò mai dalla sua famiglia di origine e anzi cercò di convertirla. Trascorse la sua vita come un convinto cattolico e divenne sacerdote nel 1874. Morì a Liegi l’11 marzo del 1940 all’età di 89 anni. Rapito è al cinema, qui il trailer.

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