TFF 42 – Sharon Stone a Torino per ricevere il premio Stella della Mole: “L’arte può cambiare il mondo”

Sharon Stone ha parlato delle sue collaborazioni con Martin Scorsese e Sam Raimi e toccato temi attuali come la violenza sulle donne e la politica americana

Dopo Ron Howard, Rosario Dawson, Sarah Jessica Parker e una ricca parata di star nostrane come Giancarlo Giannini, Vincenzo Alfieri e Claudia Gerini, il 42° Torino Film Festival ha accolto Sharon Stone, ospite per riportare al pubblico il film Pronti a morire (1995), di cui è stata co-produttrice e per ricevere il premio alla carriera Stella della Mole. Nel corso della conferenza stampa cui ha presenziato il Direttore artistico del Festival Giulio Base, Sharon Stone ha parlato del suo amore per l’Italia, dell’importanza del cinema e dell’arte e dei suoi impegni come attrice, produttrice, scrittrice e pittrice. Oltre a questo Stone ha toccato temi di attualità importanti come quello della violenza sulle donne – alla vigilia della Giornata mondiale del 25 novembre – e della politica statunitense.sharon stone

La conferenza stampa di Sharon Stone al 42° Torino Film Festival: l’importanza dell’arte e la collaborazione con Martin Scorsese e Sam Raimi

«Chi non ama l’Italia, io ho sempre amato l’Italia – ha dichiarato Sharon Stone, che a 19 anni è arrivata per la prima volta a Milano per fare la modella – ho portato i miei figli qui perché volevo che iniziassero ad assorbire la cultura italiana». Attrice, produttrice, scrittrice e pittrice, Stone ha sottolineato l’importanza dell’arte, specialmente in un’epoca come quella che stiamo vivendo, ricca di idee, rappresentazioni diverse ma anche di conflitti. «Credo che la comunicazione e l’onestà siano fondamentali e credo che l’arte sia il modo migliore per esprimere in maniera non politica i nostri sentimenti ed emozioni. Tutto può cambiare quando le persone esprimono ciò che sentono attraverso la scrittura, il teatro, la pittura, la poesia e i film. Questo è davvero l’unico modo che abbiamo sempre avuto per esprimerci in maniera intelligente e senza violenza».

Quanto alle collaborazioni con Sam Raimi e Martin Scorsese, Sharon Stone ha sottolineato come Scorsese – per via delle origini italiane – abbia sempre avuto un forte senso di lealtà e attaccamento alla famiglia. «[Martin Scorsese] Dava importanza al concetto di famiglia ed è per questo che io e lui abbiamo ancora un legame e lavoriamo insieme. Sam [Raimi, regista di Pronti a morire] era molto giovane e non aveva questo genere di lealtà. Successivamente non mi ha più parlato, non mi ha ringraziato, non mi ha più chiesto di collaborare, non ha riconosciuto quel legame».

La violenza sulle donne e la politica americana

Rispondendo a una domanda circa il problema sempre crescente nel mondo della violenza sulle donne – alla vigilia della Giornata mondiale del 25 novembre – Stone ha dichiarato: «Quello della violenza sulle donne è un problema enorme e credo che dobbiamo iniziare a soffermarci a pensare alle cose, a pensare a chi scegliamo affinché ci governi». L’attrice ha legato il discorso a quello sulla politica americana, con un riferimento alle recenti elezioni che hanno decretato la vittoria di Trump. «L’Italia ha conosciuto il fascismo, ha visto queste cose. Voi capite cosa succede, lo avete visto prima. Il mio Paese è come un adolescente. L’adolescente è arrogante, crede di sapere tutto, è ignorante. E noi siamo nella nostra fase adolescenziale di ignoranza e arroganza».

«L’unico modo che abbiamo per far fronte a questi problemi è aiutarci l’un l’altro. Non possiamo limitarci a dire che sono le donne a doversi aiutare tra di loro, anche se questo è il modo che abbiamo avuto per sopravvivere fino ad ora. Dobbiamo dire che sono gli uomini buoni a dover aiutare altri uomini buoni. E quegli uomini buoni devono essere ben consapevoli che molti dei loro amici non sono uomini buoni». Sharon Stone ha poi parlato della difficoltà che, come donna, ha riscontrato quando ha provato ad avvicinarsi alla carriera da regista. «Dopo aver prodotti Pronti a morire avrei voluto, avevo uno script, l’ho proposto agli Studios ma negli anni Novanta e nei primi Duemila la resistenza alle donne in un ruolo del genere era troppo grande. È stato brutto ma ho capito che sarebbe stato uno spreco della mia intelligenza cercare di convincere Studios meno intelligenti a farmi lavorare».

 
 
 
 
 
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