18 regali: la recensione del film con Vittoria Puccini e Benedetta Porcaroli
Il regista Francesco Amato ci trasporta in una dimensione onirica, e realizza ciò che non è potuto accadere
Distribuito nelle sale il 2 gennaio, 18 regali è il quarto lungometraggio del regista Francesco Amato. Liberamente ispirato alla storia di Elisa Girotto, il film ha tra i suoi protagonisti gli attori Vittoria Puccini e Edoardo Leo (al cinema anche con La dea fortuna); con loro la giovanissima Benedetta Porcaroli (già vista in Perfetti Sconosciuti e in Baby, serie Netflix sul caso delle squillo dei Parioli). La sceneggiatura è scritta da Massimo Gaudioso e Davide Lantieri con l’aiuto di Alessio Vincenzotto, marito della stessa Elisa che ha ispirato la trama. In questa recensione di 18 regali analizziamo pregi e difetti del film, che sta riscuotendo un discreto successo al botteghino.
18 regali è la storia di Elisa che, all’ottavo mese di gravidanza, scopre di avere un tumore allo stadio terminale. Consapevole di dover abbandonare la figlia molto presto, la donna decide di comprarle diciotto regali: con questo gesto accompagnerà la figlia nella crescita, nell’unico modo che ha a disposizione. I fatti raccontati nel film sono liberamente ispirati alla storia di Elisa Girotto, scomparsa a soli quarant’anni per un male incurabile. Giovane mamma di Treviso, nel 2017 Elisa ha lasciato il marito e la figlia di appena un anno: la donna aveva saputo un anno prima della malattia, e due mesi prima di morire è convolata a nozze col compagno. Il regista Francesco Amato porta al cinema questa storia straziante, realizzando l’incontro madre/figlia attraverso un particolare espediente narrativo.
Indice:
18 regali, la recensione
Elisa (Vittoria Puccini) e Alessio (Edoardo Leo) vivono insieme e aspettano un figlio. Lei, responsabile e posata, lavora in un ufficio di collocamento; lui, tenero e bambinone, è allenatore di calcio. Un giorno Elisa, all’ottavo mese di gravidanza, ha delle perdite sospette e si precipita in ospedale: scopre così di avere un tumore al seno. La malattia è allo stadio avanzato, e Elisa capisce presto che le rimane poco da vivere: decide così di comprare diciotto regali, incaricando il marito di consegnarli alla figlia ogni anno, fino alla maggiore età.
Il tempo scorre, e ritroviamo Anna (Benedetta Porcaroli) il giorno del suo diciottesimo compleanno: la ragazza è di pessimo umore e non ha voglia di festeggiare. Fugge così dalla festa che il padre le ha organizzato, e viene investita: mentre è in fin di vita incontra la madre, morta il giorno in cui lei è nata. Il coma è per Anna una possibilità, per recuperare quella parte di futuro di cui è stata privata, quando ancora non aveva un presente. L’incontro tra le due, in una dimensione temporale dai contorni sfumati, è l’espediente che innesca l’azione.
Usare il tempo
18 regali è la storia del “come sarebbe andata se”; di una madre e una figlia che incrociano i loro occhi in sala parto, e che poi si separano per sempre. Nel film c’è Elisa, che deve esaudire desideri che non sono ancora stati espressi; che deve sbrigarsi a vivere non tanto il tempo che le resta, quanto quello che non vivrà. Diciotto anni in pochi mesi, e ci si ritrova indovinare i gusti musicali di qualcuno di cui non si conosce il colore degli occhi. È la storia dell’amore che deve far presto ad amare. E poi c’è Anna, alle prese con l’assenza di chi che non c’è mai stato; che il giorno del diciottesimo compleanno deve scartare il suo ultimo regalo, e con questo dare addio alla madre. Addio a qualcuno a cui non ha mai detto ciao, buongiorno o a domani.
Ma nel film c’è anche spazio per Alessio, e per chi come lui è dalla parte di chi resta. Di chi può fare tanto, persino troppo, ma non arriverà a fare abbastanza. E spesso lo sa, chi resta, che anche troppo non è abbastanza. Tra l’Alessio del sogno a quello della vita vera ci sono in mezzo diciotto anni, che sembrano trascorsi solo per la sua barba: Alessio ha lo stesso sguardo sperso, e il passo di chi è conscio della propria inadeguatezza. Inadeguatezza che non c’è modo di rendere adeguata. La storia di un uomo che ama per due, e ha paura di non arrivare a fare metà. Intorno ai protagonisti si muovono personaggi che avrebbero meritato più spazio: dalle donne del gruppo di sostegno per malate di tumore, ai genitori di Elisa: lo stesso dolore da punti di vista diversi, tutti schizzati sullo sfondo.
Comparto tecnico – 18 regali, la recensione
La sceneggiatura sceglie l’escamotage della manipolazione temporale; allontanandosi dal realismo (e dalla fedeltà alla storia di riferimento), l’intreccio si apriva a infinite possibilità di snodo. Possibilità non sfruttate. Il film procede per una strada convenzionale, il rapporto tra madre e figlia si articola in fasi prevedibili. I dialoghi hanno un buon ritmo, ma sono per lo più didascalici. Alcuni momenti, poi, sono infarciti di cliché: il padre che riprende la figlia ribelle, facendole notare che per lui è stato difficile crescerla da solo; la madre che si augura che la figlia cresca bella dentro. La sceneggiatura di 18 regali riempie tutti i vuoti. Non ci sono respiri tra una parola e l’altra, non c’è spazio per lo spettatore per creare qualcosa. Tutto è descritto.
Stesso discorso per la regia: curata sì, ma tutta in appoggio. All’inizio del film, ogni cosa è eccessivamente “rosa”: l’atmosfera della casa di Elisa e Alessio, con tanto di manicaretti in primo piano; Elisa vestita di bianco e rosa; la musica che fa tanto idillio familiare. Tutti elementi che dovrebbero rendere brusco il cambiamento di stato, quando irrompe la notizia della malattia; e invece l’impatto emozionale risulta un po’ scaricato. In questo film mancano i contrasti. Il montaggio rende accessibili i diversi stati d’animo dei personaggi, attraverso primi piani e piani medi; un piano sequenza e alcune inquadrature dall’alto smorzano un andamento registico tradizionale. La colonna sonora si integra col film, ma non è degna di nota. I personaggi sono bidimensionali, sebbene si inseriscano nell’intreccio efficacemente.
Considerazioni finali – 18 regali, la recensione
Maneggiare una materia come quella di 18 regali è rischioso, e si percepisce quanto il regista abbia voluto essere cauto: scadere nella melassa era facile e Amato ha aggirato l’ostacolo. Alla fine di questa conclusione di 18 regali, dobbiamo sottolineare come la sceneggiatura e la regia siano troppo volutamente rispettose. Un film di questo tipo ha il chiaro scopo di ricordare al pubblico “cosa conta davvero nella vita”; il rischio è che lo spettatore rifletta quando esce dalla sala, finché non incrocia il primo automobilista che non rispetta uno stop. Le interpretazioni sono complessivamente buone: Vittoria Puccini (forse il volto più rassicurante tra le attrici italiane di oggi) è brava ma non stupisce; Edoardo Leo si cala molto bene nei panni del suo personaggio, che non compie però un’evoluzione tangibile nel corso del film. Benedetta Porcaroli invece, dopo un inizio non brillante, si riscatta nella seconda parte del film.
18 regali scuote, ma non profondamente. E avrebbe potuto farlo. Le lacrime vengono giù, ma dalla sala si va via addolorati e poco feriti: la sensazione è che quel dolore possa andare via in fretta, e con esso la riflessione a cui dovrebbe portare una storia del genere. A commuovere è la storia più che il film in sé. Detto ciò, il risultato è un omaggio gradevole a una storia ingiusta e molto tenera, che meritava di essere raccontata; il film non è pretenzioso e mantiene un buon ritmo dall’inizio alla fine. Ma tutto, dal detto al non detto, resta in superficie. La natura surreale di un incontro madre/figlia apriva le porte a qualsiasi direzione narrativa; invece lo sviluppo è convenzionale. Un film delicato… troppo delicato.
18 regali
Voto - 6
6
Lati positivi
- La storia è tenera
- Non è pretenzioso
- Bel ritmo
Lati negativi
[tie_list type="thumbdown"]
- Sviluppo prevedibile
- Molti stereotipi nei dialoghi
Film di altissimo livello ed estremamente raffinato. Non è un film per le masse. Splendido in tutto e formidabile è l’interpretazione di Benedetta Porcaroli, che anche qui conferma la sua classe e la sua splendida sensualità.
Critica un po’ dura…resta una sensazione alla fine del film…non è poco.
Mi sa che abbiamo visto due film diversi…