Adagio: la recensione del film di Stefano Sollima – Venezia 80
Dopo la parentesi statunitense Stefano Sollima torna a raccontare la Roma criminale in un poliziesco solido avvalendosi di un cast in gran forma. Venezia 80, Concorso
Dopo Comandante di Edoardo De Angelis e Finalmente l’alba di Saverio Costanzo, Adagio di Stefano Sollima (qui il teaser trailer) è il terzo italiano in Concorso a Venezia 80. Dopo l’esperienza statunitense con Soldado e Senza rimorso, Sollima torna alla realtà che meglio conosce e sa rappresentare, quella della Roma criminale già raccontata in nella serie Romanzo criminale, in ACAB – All cops are bastards e Suburra. È una Roma distopica da fine del mondo quella rappresentata in Adagio, flagellata da un caldo insopportabile e continui blackout. All’orizzonte un incendio indomabile, tra fiamme e fumo nero, minaccia la città come presagio della fine. Al centro di questo scenario da apocalisse Sollima imposta il suo noir poliziesco con al centro il sedicenne Manuel, un ragazzo come tanti altri che si ritrova invischiato in una vicenda più grande di lui e al centro di un ricatto che schiera, l’un contro l’altro, ex leggende della Roma criminale e uomini corrotti e privi di morale del presente.
Indice:
- L’ultima notte del mondo
- Un poliziesco solido, con un andamento solenne e una veste estetica curatissima
L’ultima notte del mondo – Adagio, la recensione
Manuel (Gianmarco Franchini) è il figlio dell’ex malavitoso Daytona (Toni Servillo), che soffre di una forma di demenza e che per questo è affidato alle cure del giovane. È un ragazzo come tanti altri, che vorrebbe solo divertirsi e godersi la vita, ma quando si ritrova in possesso di un video compromettente finisce in una rete di ricatti che mette in pericolo la sua vita. Da un lato ci sono le forze dell’ordine, che hanno il volto di Vasco e Bruno, due carabinieri corrotti interpretati da Adriano Giannini e Francesco Di Leva. Dall’altro i criminali di un’epoca passata – vecchi e malati ma pericolosissimi, resi ancor più feroci dalle cicatrici del tempo e del cuore – come il Paul Newman di Valerio Mastandrea e il Cammello di un irriconoscibile Pierfrancesco Favino. Due schieramenti opposti, che agiscono in un ribaltamento di quelli che dovrebbero essere i ruoli canonici. Sono infatti Cammello e Paul Newman a proteggere Manuel dalla minaccia rappresentata da Vasco e Bruno.
La trama è semplicissima, l’argomento è quello tra i più cari a Stefano Sollima, che torna a raccontare una realtà che conosce bene e ha già rappresentato. Solo che questa volta il protagonista non è un criminale navigato, bensì un ragazzino che come tale agisce e ragiona. I criminali navigati, qui, sono sì ancora minacciosi ma fiaccati dagli anni e provati dal tempo. Fanno vita ritirata e continuerebbero volentieri a farla, se non fosse che tocca a loro il compito della protezione quando sono le istituzioni corrotte e prive di bussola morale a mettere a rischio la vita e il futuro di un sedicenne. Il quadro che emerge da Adagio è tetro e desolante, l’orizzonte è da ultima notte del mondo, la speranza una prospettiva troppo lontana, un’utopia invisibile oltre la coltre di fiamme.
Un poliziesco solido, con un andamento solenne e una veste estetica curatissima
Adagio è un poliziesco solido, con un andamento solenne e una veste estetica curatissima. A partire dalla più essenziale delle trame, Sollima mette parecchia carne al fuoco e diverse riflessioni tematiche. Dal discorso sulle istituzioni che fanno paura quanto, e forse più, della criminalità organizzata allo scontro tra un passato feroce e un presente ancor più nero, passando per i rapporti padre/figlio variamente declinati attraverso le storie dei protagonisti. Tanti spunti e direzioni non sempre portati avanti col necessario approfondimento. Molto del non detto è lasciato alle ottime interpretazioni di un cast in forma, a partire da un Adriano Giannini che eccelle in un ruolo dinamico e brutale, fino ad arrivare a Pierfrancesco Favino alle prese con quello che è il personaggio più interessante dell’intero film.
La narrazione si prende i suoi tempi, con un primo atto che ingrana piano fino ad arrivare all’exploit di una delle due scene d’azione, entrambe girate perfettamente. La prima è una sparatoria costruita attorno ai tempi e all’agire del Paul Newman di Mastandrea; la seconda, sul finale, è un concentrato di tensione, che arriva come culmine di un climax che prepara all’epilogo. Se da un lato è innegabile come Adagio non sia un film particolarmente originale, dall’altro occorre tenere presente che esso è tappa coerente all’interno della filmografia di Stefano Sollima, tassello mancante di un racconto ad ampio spettro sul mondo criminale della capitale. L’ottima colonna sonora aggiunge pathos a un film tecnicamente ineccepibile che si sviluppa in crescendo dal punto di vista del coinvolgimento emotivo, coi tempi di un adagio solenne e disperato.
Adagio
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Un poliziesco solido, con due scene d'azione magnificamente girate e un cast in gran forma
- Ineccepibile dal punto di vista tecnico, con un'ottima fotografia e una colonna sonora solenne
Lati negativi
- Alcuni spunti tematici e archi narrativi non sono portati avanti col necessario approfondimenti