Addicted: recensione del dramma erotico distribuito da Netflix
Il dramma erotico diretto da Billie Woodruff nella top 10 dei contenuti Netflix più visti
È disponibile nel catalogo Netflix dal 14 marzo Addicted – Desiderio irresistibile, film di cui vi proponiamo la recensione. Al momento è ancora stabile nella top 10 dei contenuti più visti sulla piattaforma streaming, insieme a Illusioni mortali, con cui condivide le sfumature erotiche. Diretto da Billie Woodruff si basa sull’omonimo e romanzo del 2001 di Zane, prolifica scrittrice di letteratura erotica piuttosto popolare oltreoceano. Addicted, come reso esplicito anche da una sinossi piuttosto fuorviante, vorrebbe essere il racconto di una dipendenza patologica dal sesso; dalla genesi fino alle conseguenze. Tematica interessante, delicatissima e ricca di spunti già trattata in maniera estremamente efficace da Steve McQueen nel 2011 con Shame. Lì c’era Michael Fassbender, che nei panni di Brandon portava in scena la sua dipendenza con un realismo e un’attenzione magistrali. Qui abbiamo Sharon Leal e la distanza da Shame è siderale.
Zoe Reynard è la proprietaria di una compagnia che rappresenta artisti contemporanei; ha un marito innamoratissimo, due bei figli e una vita perfetta. La sua routine quotidiana non la soddisfa più e la sua frustrazione si traduce in un desiderio sessuale sempre più marcato. La situazione precipita quando incontra a una mostra Quinton Canosa, giovane e emergente artista di talento. Scatta subito la scintilla e i due intraprendono una appassionata relazione extraconiugale. Zoe è coinvolta, al punto di essere gelosa di Quinton, ma continua a non sapere ciò che vuole fin quando la sua insoddisfazione la porta ad avere rapporti occasionali anche con un altro uomo. A poco a poco la sua vita familiare e quella professionale si sgretolano mentre si affaccia un doloroso trauma del suo passato.
Indice:
Un pallido melodramma – Addicted, la recensione
Addicted – Desiderio irresistibile si colloca su una linea immaginaria a metà strada tra un Harmony, la saga di Cinquanta sfumature e 365 DNI. L’approccio alla materia trattata ricorda fortemente l’andamento di un romanzo rosa mentre alcune trovate registiche fanno pensare alla serie di film con Dakota Johnson e Jamie Dornan. Gli echi di 365 DNI si ritrovano invece in alcuni dialoghi e nel generale senso di smarrimento misto a offesa che si prova nel corso dell’ora e mezza di durata del film. Woodruff vorrebbe raccontare una storia di dipendenza sessuale, di ossessione e di caduta in una spirale distruttiva. Peccato che non ci riesca e il risultato sia quello di uno sbiadito melodramma dove la dipendenza non è mai approfondita e il focus è su tutt’altro. Il film si apre con una seduta di psicoterapia; da lì, in un lungo flashback, scopriamo l’origine dei tormenti di Zoe.
La sceneggiatura ha il potere di far emergere tutti quei tratti della natura di Zoe che ce la fanno risultare subito, e a lungo, antipatica – ingrata, verrebbe da dire. Questo perché l’origine patologica del desiderio sessuale di Zoe è spiegata tardi e male. Per buona parte del film ci si trova davanti a una donna che sembra voler in tutti i modi sabotare la sua vita familiare rifugiandosi in una relazione extraconiugale. Relazione in cui a un certo punto sorge il dubbio che Zoe e lo statuario Quinton facciano addirittura sul serio. Solo sul finale si introduce la dimensione della dipendenza, peraltro in maniera del tutto accessoria, banalizzandola e senza mai andare a fondo della questione. Il trauma infantile di Zoe che emerge verso la fine, poi, appare solo come una forzatura, un’appendice buttata lì in maniera casuale per tentare di dare uno spessore a una vicenda piatta e noiosa.
Erotismo patinato e dinamiche familiari imbarazzanti
Come accennato in apertura della nostra recensione di Addicted, il film di Billie Woodruff punta sulla componente erotica, ma anche su questo particolare aspetto è bene non farsi troppe illusioni. Di erotismo vero ce n’è ben poco e quando c’è è rivestito di una patina estetica che lo rende privo tanto di mordente quanto di realismo. Non bisogna dimenticare che sulla carta Addicted dovrebbe essere un film sulla dipendenza sessuale, una condizione che ha poco e niente di glam. E invece le scene più sensuali e più esplicite sono un tripudio di inquadrature estetizzanti, corpi scolpiti, pose studiate; ed ecco che la mente vola ancora una volta agli Harmony che, se non altro, non avevano pretese di indagine su condizioni psicologiche complicate.
La recitazione non aiuta: gli attori, a cominciare da Sharon Leal, sono perennemente ingessati e mai convincenti. Trattati come corpi e poco più recitano le proprie battute senza infondere alcuna sfumatura nelle parole. Fulgido esempio in tal senso è il personaggio di Quinton, perennemente a torso nudo e con un arco narrativo costellato di scambi dialogici imbarazzanti. Addicted riesce poi nel non facile intento di fallire completamente nel ritratto della famiglia e di screditare il valore della psicoterapia. Marito, figli e madre di Zoe hanno reazioni poco credibili, quando non proprio sbagliate, in ogni occasione; la terapeuta, invece, è un concentrato di cliché che fa venire il dubbio che sia stato effettuato il minimo studio sulla materia prima di scrivere la sua parte.
Considerazioni finali – Addicted, la recensione
L’unica ragione che spieghi come mai Addicted mantenga saldo il suo posto nella classifica dei contenuti più visti su Netflix è la possibilità che gli abbonati continuino a cadere in un tranello. Una sinossi fuorviante, la promessa dell’erotismo e la dicitura thriller fra i generi sono i principali responsabili. Addicted sfoggia una specie di andamento da thriller man mano che ci si avvicina al finale e, a costo di ripetersi, è l’ennesimo fallimento. Una sequenza al buio, un personaggio violento e una situazione di pericolo non bastano certo a veicolare atmosfere thriller. Soprattutto se il momento in questione è punteggiato di trovate così raffazzonate da scatenare un effetto di comicità involontaria.
Arrivati alla conclusione della nostra recensione di Addicted non possiamo fare altro che sconsigliarne caldamente la visione. Nel corso dell’ora e mezza di durata non c’è un singolo elemento che funzioni e il desiderio irresistibile è solo quello di stoppare e rivolgere l’attenzione verso altro. Non c’è nemmeno abbastanza materiale per catalogarlo come trash divertente, data la natura scottante della materia trattata. Non è così che si sviluppa un film su una dipendenza complessa e relativamente ancora poco conosciuta, non è così che si scrive e si dirige un film erotico. Addicted non è altro che un film da evitare, nonché una pessima aggiunta al catalogo Netflix.
Addicted - Desiderio irresistibile
Voto - 4
4
Lati positivi
- Nel finale ci si diverte...
Lati negativi
- ...peccato che non sia questo lo scopo del film
- Banale, superficiale e noioso
- Debole anche sul versante erotico