Army of Thieves: recensione del prequel di Army of the Dead
Arriva su Netflix il prequel/spin-off di Army of the Dead, per la regia di Matthias Schweighöfer
Diretto da Matthias Schweighöfer e scritto da Shay Hatten da un soggetto di Zack Snyder, arriva in esclusiva su Netflix Army of Thieves, di cui vi proponiamo la nostra recensione. Il film è il prequel/spin-off, ambientato sei anni prima, di Army of the Dead, lo zombie movie di Zack Snyder rilasciato sulla piattaforma nel maggio scorso. Come già sappiamo, Army of Thieves è il secondo film dell’universo snyderiano in fase di sviluppo per Netflix: seguiranno infatti un sequel e una serie come ulteriore prequel. Un po’ heist movie in salsa comedy – questa volta (quasi) senza zombie – un po’ origin story, la pellicola si concentra sul personaggio dello scassinatore provetto Ludwig Dieter, quando ancora si faceva chiamare Sebastian e lavorava come impiegato bancario.
A sconvolgere la grigia routine da uomo qualunque, fa irruzione sulla scena e nella vita di Sebastian la bella ladra di gioielli Gwen. Sarà lei a vedere nel mite bancario con l’ossessione per le casseforti inespugnabili di Hans Wagner un potenziale da sfruttare per il suo piano criminale e la sua quest personale. Schweighöfer torna a vestire i panni di Sebastian/Ludwig, mentre Nathalie Emmanuel (la Missandei del Trono di Spade) interpreta il ruolo di Gwen. Accanto a loro, nel cast, anche Stuart Martin, Ruby O. Fee, Guz Khan, Jonathan Cohen e Noémie Nakai. Se siete curiosi di conoscere le nostre impressioni su Army of Thieves, proseguite nella lettura della nostra recensione.
Indice:
La trama – Army of Thieves, la recensione
Le vicende di Army of Thieves si svolgono sei anni prima del colpo alla leggendaria cassaforte Götterdämmerung di Las Vegas raccontato in Army of the Dead. Sebastian lavora come impiegato in una banca di Potsdam, in Germania. Conduce un’esistenza piuttosto monotona e sempre uguale e coltiva su YouTube la sua passione per le casseforti inviolabili. Sul suo canale, non proprio seguitissimo, racconta la storia delle leggendarie casseforti ideate dal fabbro Hans Wagner: la Rheingold, la Valchiria, la Siegfried e – appunto – la Götterdämmerung. Ciascuna delle casseforti prende il nome da un’opera di Richard Wagner appartenente alla celebre tetralogia L’anello del Nibelungo e ognuna ha diversi segreti da svelare. Quando la ladra di gioielli Gwen si accorge del suo talento, la vita di Sebastian prende una svolta inaspettata.
L’innocuo bancario entra a far parte della banda di Gwen, come esperto scassinatore e parte di un ambizioso piano criminale. Gwen e i suoi – una giovane hacker, un autista e un nerboruto uomo d’azione – vogliono scassinare le famose casseforti progettate da Wagner e guadagnare una fortuna. Rheingold, Valchiria e Siegfried sono dislocate in diverse città europee, custodite e guardate a vista. La scaltra Gwen è mossa anche dal desiderio di portare avanti una quest, una sfida che la porterà a rendere a suo modo “omaggio” ai capolavori ideati dal geniale fabbro. Ed è qui che entrano in gioco le skills di Sebastian, l’unico davvero in grado di poter avere una possibilità di aprire gli inviolabili forzieri. Ma la banda non ha fatto i conti con un ostinato agente dell’Interpol, intenzionato a fermare l’ambizioso piano.
Fra origin story e heist movie
Schweighöfer e Hatten sviluppano la origin story di Sebastian/Ludwig Dieter sulla struttura di un heist movie piuttosto classico. Struttura in parte simile a quella di Army of the Dead, con la presentazione della squadra e l’illustrazione delle fasi del colpo. Nella maniera più convenzionale possibile. Nel film di Snyder a fare la parte degli “antagonisti” c’erano gli zombie, in Army of Thieves c’è l’Interpol, protagonista di una storyline particolarmente debole e poco efficace. Mentre la banda di Gwen prepara le rapine, conosciamo meglio il personaggio interpretato da Matthias Schweighöfer. In Army of the Dead, Ludwig Dieter era il classico genio impacciato e timido, pavido e ben poco propenso all’azione; oltre a questo, rivestiva il ruolo del principale comic relief della pellicola. Qui scopriamo qualche dettaglio sulla sua infanzia, l’origine del suo pseudonimo da battaglia, le sfumature del suo essere solitario, la sua natura romantica.
Quest’ultimo aspetto occupa grande spazio nello script, portato avanti con lo sviluppo dell’interesse amoroso di Sebastian per la bella e tormentata Gwen. Ma a prevalere rimane comunque la parte buffa e sopra le righe del personaggio di Schweighöfer, al punto che in certi passaggi riesce difficile prenderlo sul serio come si vorrebbe. L’aspetto più interessante è quello legato alla passione del giovane scassinatore per le casseforti di Hans Wagner. La storia dei mitici forzieri ispirati al Nibelungo e del suo creatore è affascinante e coinvolgente, ben raccontata soprattutto nella prima parte del film. La backstory di Ludwig, pur imperfetta, nel complesso funziona mentre sul versante heist movie un eccesso di convenzionalità (anche sul fronte personaggi) e troppe iterazioni del medesimo schema finiscono per infastidire e stancare presto.
Poco spessore, troppa ripetitività – Army of Thieves, la recensione
Come già accennato nel paragrafo precedente della nostra recensione, Army of Thieves soffre per un sistema di personaggi imperfetto. Fatta eccezione per Sebastian e Gwen, il resto dei protagonisti sono poco più che espedienti per mandare avanti la storia. È il caso, lampante, del poliziotto dell’Interpol Delacroix, una macchietta con poco spessore e mai antagonista convincente della squadra di ladri. E in un heist movie, pur con sfumature comedy, la storyline della “caccia al ladro” non può e non deve essere marginale. Lo stesso personaggio di Gwen, poi, ha un difetto piuttosto evidente. Non si comprende mai quale sia la motivazione profonda che la spinge nella sua quest alla ricerca delle casseforti di Wagner. Ed ecco che la sua ostinazione in tal senso assume i connotati di un pretesto, anche piuttosto forzato.
La bidimensionalità dei personaggi pregiudica il coinvolgimento vero dello spettatore, (quasi) mai partecipe emotivamente. Manca anche una giusta sfumatura di tensione che, in alcune sequenze cruciali, latita ed è fiaccata da scelte discutibili di commento musicale. Come in Army of the Dead, Sebastian segue uno schema preciso quando si trova a scassinare una cassaforte. Si scalda le mani, fa partire un brano di Richard Wagner e procede ascoltando meccanismi e ingranaggi. Se è giusto riprendere questo schema, farlo per tre volte in maniera sempre uguale è un errore non da poco. Le stesse riprese digitali dei meccanismi, poi, non variano di una virgola, cassaforte dopo cassaforte: un vero peccato.
Conclusioni – Army of Thieves, la recensione
Army of Thieves, come del resto largamente anticipato, non è uno zombie movie e le poche apparizioni dei morti viventi sono limitate ai servizi dei telegiornali che rimandano le terribili immagini dell’epidemia che ha colpito Las Vegas. Poco più che un collegamento con Army of the Dead di cui Army of Thieves, più che un prequel, è uno spin-off quasi del tutto autonomo. A Matthias Schweighöfer bisogna riconoscere una regia senza particolari guizzi ma ispirata e appassionata, nonché il talento già dimostrato nel dar vita al suo Sebastian.
Avviandoci verso la conclusione della nostra recensione di Army of Thieves, possiamo affermare che il film di Schweighöfer intrattiene quanto basta senza mai convincere del tutto. Se da un lato il valore produttivo è complessivamente alto, dall’altro il film è troppo lungo e ripetitivo. Se la cura è evidente nel lato tecnico, lo stesso discorso non vale sul fronte della scrittura. Army of Thieves ha da offrire quanto basta per passare una serata, ma scivola rapidamente nel dimenticatoio.
Army of Thieves
Voto - 5.5
5.5
Lati positivi
- Matthias Schweighöfer convince alla regia e ancora una volta come interprete del personaggio di Sebastian/Ludwig Dieter
- Ce n'è abbastanza per passare una serata piacevole
Lati negativi
- I personaggi secondari sono meri espedienti per mandare avanti la storia e la storyline dell'Interpol proprio non funziona
- Troppo ripetitivo e inutilmente lungo