Asura: la recensione della nuova serie di Hirokazu Kore-eda

Alla sua seconda serie per Netflix il celebre regista giapponese si confronta questa volta con la soap, dando vita a una storia corale fatta di bugie, affetti e tradimenti

Dal 9 gennaio è disponibile su Netflix Asura, ultima fatica del prolifico regista nipponico Hirokazu Kore-eda (Broker, Un affare di famiglia). Una serie in sette episodi – remake di un celebre drama giapponese degli anni settanta (Ashura no gotoku di Kuniko Mukoda) – che racconta le vicende famigliari e sentimentali di quattro sorelle nel Giappone del 1979, tra segreti, bugie e tradimenti. Una storia intima ma anche universale, dove a temi riguardanti il ruolo della donna in una società come quella giapponese si accompagna l’apparente leggerezza di un regista capace di mischiare toni e generi differenti, dosando la tragedia con la commedia in maniera quasi impercettibile.

Dopo essersi già cimentato con la serialità nell’interessante Makanai (sempre su Netflix), storia di una famiglia elettiva di maiko in quel di Kyoto, e dopo l’ultimo, bellissimo lungometraggio L’innocenza, Kore-eda torna al formato seriale riadattando questa volta un’altra serie e mettendo al centro della sua vicenda le emozioni e i conflitti, più o meno trattenuti, di quattro sorelle e dei loro rispettivi affetti. Il risultato è un’opera che, pur meno incisiva dei migliori lavori dell’autore, sa tracciare l’affresco di un’umanità vittima dei propri sentimenti, bugie e pregiudizi ma comunque capace, nonostante tutto, ancora di amare.

Indice:

Trama – Asura recensione

Quando Takiko (Yu Aoi) mette al corrente le sue tre sorelle della relazione extraconiugale dell’anziano padre, il mondo di certezze su cui si reggeva la loro famiglia pare crollare. Presto i problemi sembrano infatti moltiplicarsi, andando ben al di là della coppia di anziani genitori. Makiko (Machiko Ono), moglie e madre di famiglia, comincia a sospettare sempre più di suo marito; Tsunako (Rie Miyazawa), vedova, vive la sua relazione con un uomo sposato tra continui ripensamenti e sensi di colpa; Sakiko (Suzu Hirose), la più giovane, resta cocciutamente legata a un giovane pugile che vorrebbe sfondare; mentre la stessa Takiko, single e repressa, sembra incapace di gestire una relazione convenzionale.

La consapevolezza del tradimento del padre porterà così le quattro donne a interrogarsi sempre più non solo sul loro ruolo di figlie ma anche di donne, mogli, madri e sorelle. Tra tradimenti, incomprensioni, litigi e complicità Takiko, Sakiko, Tsunako e Makiko sapranno però rafforzare il loro legame a dispetto di un mondo (di uomini) che non sa comprenderle e rispettarle appieno.

Asura recensione

Asura. Bunbuku

Problemi di famiglia

È sempre la famiglia, per Kore-eda, il banco di prova per testare sentimenti assoluti e universali. Un terreno di scontro spesso disastrato, dietro la cui apparente serenità si nascondono fantasmi, segreti e bugie inconfessabili. Non fa eccezione nemmeno Asura, seconda incursione dell’autore di Little Sister e Father and Son nella serialità Netflix nonché ennesimo tassello di una poetica ormai perfettamente riconoscibile. Nelle vicende intime, circoscritte e private delle sorelle protagoniste e del piccolo mondo di affetti, amori e tradimenti che le gravita attorno, c’è già infatti tutto il cinema del regista nipponico, tutta la sensibilità di un autore da sempre a proprio agio con la complessità delle relazioni umane e famigliari.

Una peculiarità di sguardo che questa volta si innesta esplicitamente nei modi e nei tempi di una soap opera, riadattando un vecchio “dorama” celebre in patria attraverso uno sguardo inedito. Il risultato è una serie che non tradisce la propria natura melò ed episodica ma che si presta perfettamente anche ai toni solo apparentemente lievi del regista, alla sua capacità di unire commedia e tragedia in un mix denso di profondità praticamente inscindibile.

Asura recensione

Asura. Bunbuku

La forza del non detto

Nella calma apparente della quotidianità delle quattro sorelle, va così in scena una storia dove il dramma si accompagna alle risate e i sentimenti restano spesso trattenuti, nascosti dietro a battibecchi e tensioni superficiali. Benché i conflitti, a differenza che in Makanai, siano all’ordine del giorno, non ci sono infatti scene madri, in Asura (come, d’altronde, nel resto del cinema del regista). Un mondo dove lo sfogo è limitato a rari momenti di intimità e lo scontro aperto non può che esistere solamente in una dimensione “altra” (il sogno o la stessa sigla, in cui le protagoniste urlano e gettano oggetti contro i rispettivi partner), mentre i silenzi, i non detti e i segreti la fanno da padroni.

Eppure, è proprio nei silenzi e nei non detti che Kore-eda sa trovare l’anima delle sue protagoniste, i loro dubbi, i loro desideri, il loro ruolo in un mondo fatto di uomini che non le capiscono mai veramente. È così che la scoperta della relazione extraconiugale del padre diventa la scintilla per scandagliare rapporti e relazioni fino a quel momento sepolti, il metro di paragone con cui fare il bilancio della propria vita sentimentale ed emotiva.

Asura recensione

Asura. Bunbuku

La complessità delle emozioni

“Tirare avanti senza problemi rende le donne felici?”, si chiedono le protagoniste di Asura a più riprese. Meglio fare finta di niente, insomma, incarnando un’ideale posticcio e patriarcale di mogli e madri modello finché questo non va inevitabilmente stretto (l’anziana madre, Makiko) o far sentire la propria voce, in un modo o nell’altro, rispecchiando, magari, proprio quelle divinità indiane imprendibili (le Asura della mitologia vedica), fiere e allo stesso tempo fragili, virtuose e problematiche, da cui la serie prende il nome?

Se Makanai dimostrava come fosse possibile sviluppare una serie anche in assenza di conflitti, Asura dimostra come anche i conflitti più semplici e banali possano essere raccontati da una prospettiva inedita, da uno sguardo laterale capace di coglierne anche le sfumatura apparentemente più scontate, trasformando le vicissitudini di una famiglia come tante in qualcosa di unico e allo stesso tempo universale. Una serie capace di coinvolgere grazie alla sola forza dei sentimenti, espliciti o meno, messi in scena e al ritratto, sfaccettato e umanissimo, delle sue protagoniste.

Asura

Voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • La serie approccia il materiale “da soap” da una prospettiva inedita, attenta a sfumature e sentimenti trattenuti
  • Le interpreti sono tutte all'altezza e la storia sa coinvolgere ed emozionare anche senza la presenza di scene madri

Lati negativi

  • Rispetto ai titoli più celebri del regista e alla stessa Makanai, la serie appare sicuramente più convenzionale

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