Atlantique: recensione del film di Mati Diop premiato a Cannes
Dal Senegal arriva un coraggioso mix tra misticismo e contemporaneità
Una delle cinematografie ancora poco conosciute, tra pubblico e gli stessi addetti ai lavori, è probabilmente quella africana. Vi abbiamo già parlato di essa e dei film che hanno segnato la sua storia (qui il nostro articolo). All’ultimo Festival di Cannes, però, l’Africa, è tornata a far sentire la sua voce nel panorama cinematografico internazionale. La regista francese Mati Diop ha infatti presentato in concorso il suo esordio in un lungometraggio, aggiudicandosi, per altro, il Gran Prix Speciale della Giuria. In questo articolo la nostra recensione del suo Atlantique, una storia oltre il convenzionale e legata fortemente al territorio.
Il film ha ottenuto numerosi plausi dagli spettatori e dalla critica, portando così il colosso statunitense dello streaming Netflix ad acquistarne i diritti di distribuzione, Il film, infatti, dal 29 novembre è disponibile nel catalogo della piattaforma. Scelto per rappresentare il Senegal ai prossimi Oscar, Atlantique è certamente uno dei titoli più interessanti dell’anno e l’arma che serviva al cinema africano. Di seguito la recensione di Atlantique, film d’esordio di Mati Diop.
Indice
- La trama di Atlantique
- Più anime in un unico film
- L’impatto del film tra tematiche e visivo
- Considerazioni finali
La trama di Atlantique
La misteriosa storia è quella vede protagonista Ada, giovane ragazza della periferia di Dakar, in Senegal. Promessa sposa ad Omar, uomo ricco che potrebbe migliorarle la condizione di vita, non può ricambiare. Infatti la giovane è innamorata di Souleiman, operaio di un cantiere che, pur ricambiando, non può prometterle un roseo futuro finanziario. Il giovane non viene pagato da mesi e per questo motivo, insieme ad alcuni colleghi, parte improvvisamente via mare per la Spagna, alla ricerca di un futuro migliore. Ada non solo non può scegliere una via diversa dal matrimonio combinato, ma l’unica cosa che riusciva a renderla apparentemente felice adesso è andata via. Della barca, dei ragazzi e del loro arrivo, non si sa nulla. Scomparsi in mare. Quando la ragazza sarà costretta a sposare, in una sontuosa cerimonia, il benestante Omar, qualcosa andrà storto.
Un misterioso incendio divampa nel luogo e nessuno sa chi o cosa l’abbiano provocato: alcune ragazze, però, dicono di aver visto Souleiman ma per quanto Ada sia curiosa di ciò, sa già quanto sia impossibile ciò. L’incendio e le sue enigmatiche cause, però, non sono sfuggite alla polizia locale che affida il caso ad un giovane ispettore, disposto a tutto pur di risolvere il caso. Parallelamente, però, qualcosa insidia le vite della popolazione. Una misteriosa malattia toglie le forze a sempre più persone, provocando svenimenti improvvisi e facendo preoccupare le famiglie, che temono il rischio epidemia. Oltre a questo, la notte accadono cose strane tra le vie e le case della zona. Nessuno sa cosa stia succedendo, ma in molti hanno capito che si tratta di qualcosa di familiare.
Più anime in un unico film – Atlantique recensione
L’ostacolo più grande per il cinema africano è da confrontarsi con terre dalla storia cinematografica più nota. Il rischio è, spesso, di proporre titoli che poco hanno di caratteristico per andar maggiormente incontro al mercato internazionale, specie in casi nei quali la distribuzione è affidata a colossi dello streaming. Atlantique va contro questa tendenza e lo fa con un carattere e una personalità rari da trovare in un esordio sul grande schermo. Il film di Mati Diop ha al suo interno più anime, che contrastano, si amalgamano e si alimentano vicendevolmente. Inizialmente i temi sono più leggeri e affini al cinema internazionale, pur mantenendo un preciso legame al contesto locale: da una parte quello sociale, con il lavoro non pagato e le condizioni instabili e precarie; dall’altro i sentimenti, l’amore. Ma con coraggio, e prendendosi un rischio non da poco, Mati Diop sovverte dal nulla le carte in tavola.
Atlantique parte come accennato ma negli atti successivi diventa un nuovo film. La cineasta ingloba nella narrazione elementi distanti da quella cultura: entra la componente mistica, folkloristica e spirituale. Il film fa emergere il suo spiccato legame al territorio, alle tradizioni, alla cultura e alle credenze locali, mostrando così una fortissima personalità. Ma va sottolineata anche l’armonizzazione cinematografica dei numerosi volti del film: non solo il farli emergere singolarmente ma rendere fluido il passaggio da uno all’altro, oltre che i momenti nei quali essi vengono a contatto. La condizione sociale e lavorativa, in primo luogo, vive la forte vicinanza con la contemporaneità, strettamente legata al contesto africano. La storia d’amore, poi, oltre che caratterizzata dal matrimonio combinato, riesce, con tenerezza, ad avvicinarsi al clima mistico e spirituale.
L’impatto del film tra tematiche e visivo
Se è certamente vero che i temi trattati sono ben amalgamati, non si può non ammettere che l’evidente eccesso, la troppa carne al fuoco, rischia di rendere la loro presenza e il loro ottimo legame il loro stesso fallimento. Le singole tematiche, abbracciandone altre, perdono l’impatto necessario ad un film che pone delle ottime premesse ma che non riesce ad incidere come avrebbe potuto. La sensazione è che forse gli elementi sono troppi per convivere e allo stesso tempo mantenere un carattere incisivo proprio. Forse proprio la durata e la sua gestione sono l’ostacolo: il primo atto è fin troppo prolungato rispetto al secondo che, evidentemente, necessitava di più tempo. Questo influenza anche una narrazione che, nei suoi elementi spirituali, tende ad esser fin troppo criptica. Dal punto di vista visivo e tecnico, però, Mati Diop mostra il suo talento e alcune interessanti scelte.
L’attenzione è rivolta agli istanti, alle sensazioni. Vengono colti i piccoli gesti, il quotidiano tra interno ed esterno. Costanti, poi, le frenate nel ritmo per poter osservare il mare, le strade, le persone: ci si ferma, così come i protagonisti, riuscendo ad immergerci nell’enigmatica storia. Anche in questo risiede il lato profondamente umano di Atlantique. Ma anche in queste situazioni il film riesce a sorprendere mostrandosi più artificiale, quando meno ci si aspetta di vederlo così. Mati Diop mostra interessanti spunti registici e visivi, forse slegati e spesso evidentemente gratuiti ma segno di una ricerca non solo tematica ma anche prettamente cinematografica. I vibranti neon e le virate cromatiche verso i toni del blu e del verde dinamizzano le immagini e ben si adatto alla conturbante colonna sonora che sfrutta l’eleganza e il tribalismo locale per snodarsi nel territorio dell’elettronica, spiazzando ma seducendo inevitabilmente.
Considerazioni finali – Atlantique recensione
A conclusione della nostra recensione di Atlantique ci sentiamo di dire che servirà del tempo. Tempo per recepire i singoli messaggi, provare a contestualizzarli e farli nostri. La sensazione la visione è che, con tutte le note negative del caso, il film di Mati Diop sia un ottimo esempio di come lo sguardo del pubblico cinematografico debba esser disposto a guardare oltre. L’obbiettivo è sempre quello di valorizzare un cinema, come quello africano, capace di produrre storie interessanti e soprattutto legate al territorio, alla cultura e alla tradizione specificatamente locale, come nel caso di Atlantique. Un film estremamente contemporaneo nella narrazione, nelle modalità di messa in scena e nel tipo di racconto, a metà strada fra più generi.
Forse è, come detto, questo il difetto: il voler esser troppe cose, portando a termine la missione con però la sensazione di non aver espresso pienamente quelle potenzialità evidenti fin dalle premesse. Sicuramente una piacevole sorpresa di fine 2019, tra i probabili nomi caldi per gli Oscar 2020, Atlantique va comunque visto sotto l’ottica dell’esordio di una regista, Mati Diop, della quale non vediamo l’ora di vedere le successive opere, sperando nella maturazione delle proposte presentate con questo titolo, forse ancora troppo acerbe.
Atlantique, di Mati Diop
Voto - 7
7
Lati positivi
- Il mix tra spiritualismo mistico e tematiche legate alla società contemporanea
- Interessanti trovate registiche e visive
Lati negativi
- La troppa carne al fuoco fa perdere l’impatto dei singoli elementi narrativi
- Narrazione che potrebbe risultare criptica