Back to black: recensione del biopic su Amy Winehouse
Back to black è il biopic su Amy Winehouse, in cui ci si focalizza sulle luci e soprattutto sulle ombre della vita della cantante
“Voglio essere ricordata per la mia voce, per i miei concerti, per essere me stessa”. La Amy Winehouse del film Back to black – al cinema dal 18 aprile – esprime questo suo desiderio mentre corre a perdifiato lungo la strada, la camera da presa la riprende dall’alto e la sua voce aleggia in tutta la sala. Cosa ricordano gli spettatori dell’artista e la donna che Amy Winehouse è stata, quanto la sua vita si è intrecciata con la sua vocazione, quanto la sua voce è stata trasformata e travolta dagli scandali ed eventi compromettenti? Nel film diretto da Sam Taylor Johnson con protagonista Marisa Abela – già vista precedentemente in Barbie con Margot Robbie – si evincono tutti gli aspetti della cantante jazz, i suoi cambiamenti, la sua storia; il tutto rappresentato con il massimo rispetto, in un’escalation cromatica che va di pari passo con il decadimento della Winehouse e i suoi problemi.
Indice
- La trama
- Amy e Blake, un amore euforico e malato
- La lotta continua tra vita privata e carriera
- Regia e scrittura pigre
- Conclusioni
La trama – Back to black recensione
La pellicola si apre con una giovane Amy Winehouse, ancora nemmeno diciottenne, che vive la sua vita come ragazza solare e tranquilla. Ama la bella vita, ama la sua famiglia e in particolare sua nonna Cynthia, una vera e propria icona che influirà molto sul suo stile anni Sessanta. Potente e determinata, Amy ha una voce meravigliosa e black. Canta e scrive, non per diventare famosa e far soldi, ma per dar voce alla sua vita, esorcizzando i problemi e dare sfogo ai suoi desideri. La musica e la scrittura rappresentano, insieme a sua nonna, suo padre (figura sempre presente e affettuosa) e in seguito anche Blake (suo compagno), la sua vita.
A soli diciotto anni, grazie alla sua demo Stronger than me, Amy ottiene un contratto con una famosa casa discografica inglese e da lì parte la sua scalata verso il successo, ma altresì la sua decadenza fisica e morale che la porteranno a fare i conti con un destino tragico. Amy continua a raccontare la sua storia attraverso le sue canzoni e incide su se stessa gli eventi più importanti con i tatuaggi, inchiostro indelebile sul corpo esile.
Amy e Blake, un amore euforico e malato – Back to black recensione
La chiave di tutto il racconto della vita della giovane cantante è il suo rapporto – partendo dal colpo di fulmine fino ad arrivare al matrimonio e infine alla rottura – con il tossicomane Blake Fielder-Civil. I due si incontrano in un bar, si innamorano, si vivono e purtroppo si ammalano di un amore troppo malato, che porta lui verso il carcere e lei a dipendere sempre di più dall’alcol, dalla droga e a fare violenza fisica a suo marito nei suoi momenti di confusione, per poi chiedere scusa e provare a rimediare nei suoi momenti di lucidità.
Back to Black inizia in media res, con Amy già grande e già pronta per il mondo della musica. Le sue canzoni sono il filo conduttore della trama della pellicola. Tutto ruota attorno alle canzoni, che introducono parti della vita di Amy Winehouse e mettono a fuoco alcuni aspetti delle sue vicende. Ecco quindi che ci si focalizza sui suoi rapporti amorosi e in particolare con quello malato di Blake, che la ama alla follia, la rende la donna più felice del mondo e poi la molla per tornare con la sua ex fidanzata, facendo cadere Amy in una disperazione senza ritorno, fatta di alcol, droga e canzoni disperate come Back to Black (che dà pure il titolo alla pellicola). I due poi si riappacificano, si sposano e continuano a vivere il loro amore malato e consumarsi l’uno con l’altra.
La lotta continua tra vita privata e carriera – Back to black recensione
La vita di Amy così va in netto contrasto con la carriera della cantante, che aumenta sempre di più fino a diventare mondiale. Viene devastata dai paparazzi sempre appostati fuori casa sua, che le fanno domande scomode e trovano pane per i loro denti quando la trovano in condizioni pietose mentre usa le mani e diventa violenta. Quando poi sembra che tutto stia andando bene e che è tempo di riabilitarsi, Amy deve fare i conti con la fine della sua vita.
Back to Black è senza dubbio un bel film, che rappresenta con rispetto un’artista con una vita troppo travagliata. Lo stesso rispetto è stato usato dalla protagonista – Marisa Abela – che nelle parti recitate rappresenta molto bene il tormento e la disperazione di Amy, intrecciando il tutto con quella euforica felicità che la contraddistingueva nel momento in cui era con il suo soggetto d’amore, con quel marito che tanto amava e il cui amore tanto le faceva male.
Purtroppo però la recitazione della Abela non funziona nel momento in cui deve rappresentare la cantante mentre svolge il suo lavoro. L’attrice infatti sembra quasi macchiettistica, come se voler rappresentare i gesti della cantante che porta in scena debba voler significare per forza imitare fino all’esasperazione ogni piccola espressione, come il movimento della testa tipico della Winehouse, che nel film si introduce allo scoccare della prima nota di ogni canzone e portato avanti fino alla fine, in una realizzazione irrealistica dell’esibizione. L’attrice però, senza dubbio, riesce nell’intento di diventare Amy Winehouse. Questo grazie anche al trucco, che trasforma Abela e la fa diventare nelle sembianze (capelli, trucco, tatuaggi, piercing e vestiario) una perfetta Amy Winehouse.
regia e scrittura pigre – Back to black recensione
Back to Black non è solo un classico biopic dove si racconta la storia di una cantante o attrice prima del suo impatto nel mondo dell’arte, per poi proseguire con la carriera e magari la caduta dell’artista. Il film in questione vuole distaccarsi dal genere di cui fa parte per rappresentare solo alcuni aspetti della carriera della cantante, in particolar modo il suo rapporto con la sua dipendenza – sia alcolica, di droghe che amorosa – e la bulimia. Purtroppo però il film pecca un po’ di pigrizia. Nascondendosi infatti dietro al rispetto per la cantautrice, la regia e soprattutto la scrittura si frenano nel rappresentare anche un po’ brutalmente i vari aspetti di Amy Winehouse.
Le scene raccontano i vari problemi, ma lo fanno cercando di nascondere un po’ quello che veramente è stato, mantenendo l’immagine della cantante più “pulita” di quello che è stato, rappresentandola nella sua versione pin up e legandola a filo doppio alla prima immagine che abbiamo di lei, di quella ragazzina di diciassette anni dai colori chiari e candidi che con sua nonna sfoglia ricordi del passato e canta felice con tutta la sua famiglia.
Le ultime versione di Amy infatti cozzano con quella sua prima apparizione sullo schermo, tanto bella quanto elegante, che resta impressa nella memoria dello spettatore. Faticosamente quindi quest’ultimo riesce a far combaciare l’inizio del film e l’ultima parte, accettando di conseguenza con molta fatica le sorti della cantante, di cui non si vede nulla sulla scena, a parte un racconto didascalico di chiusura.
Conclusioni – Back to black recensione
Nonostante ciò, Back to black è un bel film. Lo spettatore proverà inevitabilmente rabbia per un talento usato in questo modo e per una vita vissuta appieno, ma a metà tra disperazione ed euforia. L’empatia è inevitabile con Amy e il ricordo per ciò che è stata sarà dolce e amaro allo stesso tempo. Una grande cantante, una grande artista andata via troppo presto, un’anima fragile nonostante la sua forza esteriore. Ciò che ci resta infine è solo la sua eredità, le sue canzoni, dove la gioia e soprattutto il dolore aleggiano sempre e sono sempre presenti.
Back to black
Voto - 7
7
Lati positivi
- Back to Black è senza dubbio un bel film, che rappresenta con rispetto un’artista con una vita troppo travagliata.
- Marisa Abela, nelle parti recitate, rappresenta molto bene il tormento e la disperazione di Amy, intrecciando il tutto con quella euforica felicità che la contraddistingueva nel momento in cui era con il suo soggetto d’amore, con quel marito che tanto amava e il cui amore tanto le faceva male.
- L’empatia è inevitabile con Amy e il ricordo per ciò che è stata sarà dolce e amaro allo stesso tempo.
- Nella rappresentazione delle esibizioni, l’attrice sembra quasi macchiettistica, come se voler rappresentare i gesti della cantante che porta in scena debba voler significare per forza imitare fino all’esasperazione ogni piccola espressione.
- La regia e soprattutto la scrittura si frenano nel rappresentare anche un po’ brutalmente i vari aspetti di Amy Winehouse.
Lati negativi