Bloodride: recensione della serie norvegese Netflix
Un po' Dieci piccoli indiani, un po' favola dei fratelli Grimm, Bloodride aggancia e inquieta, promettendo colpi di scena
Sei piccoli racconti dell’orrore di mezz’ora ciascuno, che fanno viaggiare lo spettatore in una Norvegia fredda e inospitale. Come raggiungere l’inferno privato di ogni protagonista? Semplice: un autista di autobus piuttosto inquietante vi caricherà su, insieme a tutti i personaggi delle vicende. Con la promessa di farvi scendere ad ogni fermata in angosciante compagnia, prima di risalire per la storia successiva. Queste le premesse alla base della nostra recensione della nuova serie Netflix Bloodride, ideata dai norvegesi Kjetil Indregard e Atle Knudsen.
Il primo ha collaborato alla serie del 2014 Maniac, il cui rifacimento americano di quattro anni dopo ha avuto per protagonisti Emma Stone e Jonah Hill. Knudsen invece ha collaborato a molte serie tv conosciute in Norvegia. Fanno parte del cast Dagny Backer Johnsen (Vikings), Kingsford Siayor (Natale con uno sconosciuto) e Henrik Rafaelsen (Thelma).
Che rimanga tra noi ma… qui a volte la gente fa cose brutte.
Indice
La trama – Bloodride recensione
La trama di questa serie, come detto precedentemente, non è unica ma è specifica per ogni episodio. L’introduzione/sigla che precede ogni storia vede un autista che invita i personaggi a raccontare e rivivere il proprio destino nefasto. Prima fra tutti, una famiglia che si trasferisce in campagna e che conoscerà ben presto il prezzo della sete di denaro. Un ragazzo appena uscito dopo tre anni di reclusione in un ospedale psichiatrico, che ritrova i due invadenti fratelli. Un’ aspirante scrittrice che scopre di vivere ciò che qualcun altro ha deciso per lei.
Un capo di un’importante azienda farmaceutica alle prese con un furto gravissimo nella sua stessa casa. Un maestra elementare che entra in contatto con le presenze della scuola di campagna riaperta da poco, e infine un uomo che partecipa alla festa in maschera dell’ufficio, seminando non poco terrore tra i colleghi. Come cornice, una Norvegia agghiacciante e disturbante, a tratti irrealistica e dipinta come un incubo a occhi aperti.
La morale vien raccontando
La morale è molto forte nelle ministorie che compongono Bloodride, nonostante l’apparente casualità delle vicende. Il messaggio più evidente è che l’umanità tenta di far rientrare gli avvenimenti in schemi razionali, per rassicurarsi e allontanare la possibilità che l’inspiegabile (e l’orrorifico) possa accadere. Tuttavia, il male vive tra noi e non sempre avere buone intenzioni ci salva. Grazie all’autobus che conduce lo spettatore verso i destini infausti dei personaggi, tappa dopo tappa, l’uomo si scontra con una sorte avversa. Sorte che dimostra quanto tutto sia imprevedibile e non per forza il risultato di azioni sbagliate o immorali. Prendiamo Sanna, l’insegnante elementare che non vede l’ora di iniziare un nuovo percorso scolastico con i bambini di campagna. All’improvviso comincia a percepire strane presenze che abitano le fondamenta della scuola e si sente sopraffatta da una spirale d’angoscia. Nonostante lei abbia le migliori intenzioni.
Tuttavia, esiste davvero chi si merita che la sfortuna gli cada addosso? La madre di famiglia amante della città che deve fare i conti con un’inaspettata vita fuori dal mondo, subisce l’influenza delle vicine di casa. Depositarie di un segreto che potrebbe cambiare la vita anche a lei che, infatti, infatti cade in tentazione. La domanda dunque è una sola, alla luce di tutte le storie racchiuse in questa stagione: l’uomo razionale e civilizzato è una risorsa oppure il raziocinio può essere usato per fare del male? La mente lucida è sinonimo o contrario di equilibrio mentale? La vicinanza dei personaggi con la natura li rende soggetti ai loro istinti animaleschi e di sopravvivenza. In cui nessuno si fida di nessuno, nemmeno della famiglia. Di conseguenza, nulla di personale se, per il mio bene, poi ti uccido, o uccido i miei valori.
A ognuno il suo – Bloodride recensione
Bloodride rimbocca le coperte allo spettatore e gli racconta una favola della buona notte. Senza dimenticare di avergli riempito la mente con immagini disturbanti. Come un bambino estremamente attento alla narrazione, chi guarda si appassiona subito alle vicende e si fa un’idea di ciò che dovrebbe accadere e di come reagirebbero i protagonisti. Tuttavia, viene ben presto disilluso e confuso, perché le situazioni si ribaltano e diventano incomprensibili.
Se prima hanno la certezza che quell’uomo sia vittima di pressione psicologica da parte del nucleo familiare, poi scoprono con sgomento che faceva tutto parte della sua immaginazione. Se sono convinti che sotto un travestimento ci sia una persona che è normale si atteggi in quel modo, poi si scopre che è meglio non dare mai nulla di scontato. Insomma, a ogni personaggio il suo destino da pedina, cavia di laboratorio, frutto del sistema. A ogni spettatore, la trama che più gli rimane impressa e lo turba, a seconda dei temi e della sensibilità. Per un “viaggio di sangue” che vale ben più di una corsa in autobus.
Considerazioni tecniche – Bloodride recensione
Proseguiamo la nostra recensione di Bloodride con una breve analisi tecnica. La serie Netflix si caratterizza per una saturazione fredda dei colori e per illuminazioni flebili e spettrali. Le inquadrature prediligono carrellate in avanti che si avvicinano sempre di più ai volti terrorizzati degli attori; presenti anche carrellate a seguire che si “agganciano” alle spalle dei personaggi, curiose di seguirli ma al tempo stesso non in grado di vedere tutto ciò che sta accadendo, perché un passo indietro. Non mancano le inquadrature che suscitano disagio per eccellenza, quella dal basso, e riprese di oggetti da vicino che ci impediscono di conoscere il quadro globale dell’azione. Infine, ricorrenti i campi lunghi e i piani medi e la creazione di figure geometriche imperfette e piene di curve (da notare le numerose riprese di strade dall’alto, alla maniera di Shining, tutt’altro che rassicuranti).
Per quanto riguarda la colonna sonora, contribuisce a creare un clima ansiogeno e disturbante, in grado però di lasciare anche significativi momenti di silenzio all’interno delle puntate. Bloodride racconta delle storie horror condite di macabro humor, semplici all’apparenza ma con plot twist mai banali e un taglio moderno, nonostante i riferimenti ai meccanismi classici dei racconti popolari. I suoi punti di forza risiedono nell’originalità, nella durata complessiva degli episodi e nella rappresentazione di un’umanità imperfetta e tormentata dai propri errori. Perversa, insignificante ma con desideri di onnipotenza e convinta di poter migliorare il mondo attraverso le sue azioni. Si potrebbero criticare invece la mancanza di realismo e i piccoli buchi di trama che non permettono di spiegarsi razionalmente tutte le vicende. Rimane comunque, nella sua brevità e con protagonisti sempre diversi, un prodotto che incuriosisce, aggancia e rimane impresso anche a distanza dalla visione.
Bloodride
Voto - 7
7
Lati positivi
- Trame semplici ma mai banali
- Curiosi spunti sulla morale e l'importanza dell'uomo
- Durata breve degli episodi
Lati negativi
- Elementi soprannaturali che allontanano dal realismo
- Piccoli buchi di trama inspiegabili razionalmente