Bodkin: recensione della serie sul true crime di Netflix
Una serie comedy con sfumature thriller sul giornalismo true crime, il mondo dei podcast e l'importanza delle storie.
Negli ultimi anni il true crime è diventato un genere sempre più apprezzato. Tra podcast, libri, film e serie tv a tema il mercato è diventato in fretta saturo e sia chi ci lavora sia chi fruisce di questi contenuti è alla ricerca spasmodica di nuovi casi sempre più intriganti, più macabri e più bizzarri. Ed è proprio agli appassionati di true crime che Bodkin, la nuova serie Netflix prodotta – tra gli altri – da Barack e Michelle Obama, si rivolge in una narrazione metanarrativa che punta i riflettori su chi di true crime vive, ai fanatici del genere, ma soprattutto cerca di rinnovare gli stilemi dei classici thriller ambientati in paesini sperduti.
Indice
Trama – Bodkin, la recensione
Ci troviamo a Bodkin, una cittadina fittizia irlandese dove molti anni prima tre persone sono sparite durante la celebrazione di Samhain, la festività oramai conosciuta con il nome di Halloween. L’incipit è semplice e classico: persone sparite nel nulla, nessun indizio e il tutto è avvenuto in una cittadina pittoresca i cui abitanti sono degli stereotipi su due gambe e che non adorano parlare degli eventi di quella notte su cui circolano voci e leggende.
Quella di svolgere un’indagine sulla vicenda è un’occasione ghiotta per lo strambo trio protagonista composto dal podcaster Gilbert Power (Will Forte), la sua assistente e ricercatrice Emmy (Robyn Cara) e l’ultima aggiunta al duo, la giornalista investigativa Dove.
Il trio protagonista – Bodkin, la recensione
Se c’è qualcosa che Only Murders in the Building, la serie metanarrativa comica sul true crime per eccellenza, ha insegnato è che il trio protagonista deve reggersi su due aspetti fondamentali: l’equilibrio tra i protagonisti e una miscela inusuale di caratteri. Su questo Bodkin sembra aver imparato la lezione.
Gilbert è un entusiasta podcaster, estroverso e spiritoso è la persona meno indicata per parlare di true crime e vestire i panni del detective; la sua assistente Emmy è una grande fan del suo lavoro e rispecchia tutti i canoni dell’appassionata di true crime.
È Dove (interpretata da Siobhán Cullen) che porta equilibrio nel trio grazie alla sua esperienza sul campo e al suo carattere freddo e distaccato. Dove – l’unica irlandese del gruppo – rappresenta la vecchia guardia del giornalismo, quello d’inchiesta e che porta alla luce fatti scomodi alla vecchia maniera fatta da indagini approfondite, da una rete di fonti di fiducia e da un lavoro meticoloso. La sua etica lavorativa le impedisce di apprezzare i podcaster e i loro metodi, un nuovo tipo di giornalismo che agli occhi della protagonista è più simile allo sciacallaggio.
L’importanza della memoria – Bodkin, la recensione
Lo scontro tra questi due tipi di giornalismo sarebbe potuto essere il cuore pulsante di Bodkin, una tematica che purtroppo viene solamente accarezzata per soffermarsi su altro. La serie, infatti, si focalizza più sulle ambientazioni, sulle atmosfere e sugli abitanti folkloristici e bizzarri della cittadina piuttosto che portare avanti tutto il discorso sul true crime e su come stia influenzando il mercato o sulle contraddizioni che popolano il genere, primo tra tutti il come viene fruito e il perché sempre più persone lo apprezzano.
Sono i paesaggi suggestivi, le atmosfere della brughiera irlandese e gli scorci della cittadina su cui alberga una misteriosa sparizione ad essere i veri protagonisti della serie che prende fin da subito le sembianze di una lettera d’amore dell’autore Jez Scharf all’Irlanda e al ricordo tenuto vivo grazie ai racconti e alle storie delle generazioni precedenti. Come dicevamo, gli abitanti di Bodkin sono pittoreschi e costruiti su stereotipi conosciuti da tutti. La cittadina è il classico paesino dove ci sono pochi abitanti giovani e i più anziani ricoprono una scala di caratteri che va dal simpaticamente bizzarro al lieve grottesco. Stereotipi utilizzati non per semplificare i personaggi e ridurli a delle macchiette, ma per farli entrare più velocemente nel cuore dello spettatore.
Conclusione – Bodkin, la recensione
La voce narrante di Will Forte ci accompagna in un podcast fittizio la cui tematica principale è la memoria, il racconto e l’importanza che acquisiscono le storie quando vengono tramandate. Un tema che ben si sposa con l’analisi del podcast come mezzo narrativo, ma che viene meno quando il lato comedy prende il sopravvento.
Bodkin ha il difetto di voler essere molte cose fino a sfociare nel troppo: vuole essere una serie comedy thriller, una riflessione su cosa voglia dire fruire e creare contenuti true crime e sul suo risvolto più malsano, sulla memoria e un inno alle generazioni che al preservano. Non sempre l’unione di così tanti aspetti diversi riesce e il risultato, seppur godibile nella sua globalità, è un po’ pasticciato.
Bodkin
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- Le atmosfere e le ambientazioni
- L'unione tra l'analisi del podcast e l'importanza del preservare la memoria tramite la narrazione
- La serie vuole unire fin troppi elementi, alcuni che si scontrano tra di loro e che rovinano l'armonia complessiva
Lati negativi