BoJack Horseman 6: recensione della prima parte dell’ultima stagione
BoJack torna su Netflix con i primi otto episodi della sesta stagione
Dopo poco più di un anno dalla quinta, incredibile, stagione, BoJack Horseman torna sulla piattaforma streaming. Questa volta, però, lo fa in maniera diversa. Come molte altre serie verrà distribuita in due parti, la prima a ottobre e la seconda a gennaio 2020. Abbiamo visto i primi otto episodi rilasciati e in questo articolo vogliamo parlarvene per provare a fare il punto della serie a metà stagione. La nostra recensione di BoJack Horseman 6, o meglio della prima parte, non sarà una vera e propria recensione, non volendoci sbilanciare ancora a metà percorso.
La serie creata da Raphael Bob-Waksberg negli ultimi anni è diventata uno dei prodotti di punta di Netflix, con numerosi riconoscimenti e apprezzamenti tra pubblico e critica. Dopo la cancellazione della sorella più piccola, Tuca & Bertie, la serie si appresta a mostrarci gli ultimi episodi, concludendo un percorso iniziato in sordina circa sei anni fa e arrivato oggi ad un successo strabiliante.
Indice
Sinossi – BoJack Horseman 6: recensione della prima parte
Riprendiamo esattamente da dove si era conclusa la quinta stagione. Dopo le dure parole di Diane, BoJack accetta la riabilitazione presso una clinica. La disperazione, causata dal vedere andare in pezzi ogni cosa con la quale entra in contatto, ha spinto il cavallo a prendere in mano la sua vita. I motivi però, come sempre, sono principalmente due: quel maledetto senso di colpa per la morte di Sarah Lynn e il ricordo amaro del New Mexico e di Penny. Alla clinica Pastiche BoJack comincia un percorso che lo porta a prendere consapevolezza di sé stesso e del suo corpo, stando lontano dalle sue principali dipendenze e riflettendo molto sul suo passato e i suoi traumi, sia infantili che legati al periodo d’oro di Horsin’ Around. Parallelamente, ad Hollywoo, le vicende degli altri personaggi subiscono numerosi mutamenti.
Todd, dopo le tensioni con BoJack sembra aver smarrito la sua identità. Sarà proprio il suo carattere privo di buon senso logico a rimettere in carreggiata la sua vita? Mr. Peanutbutter affronta drammaticamente i conflitti interiori generati dall’aver tradito la sua attuale ragazza con l’ex moglie Diane. A quest’ultima, ormai giornalista di punta a Girl Croosh, viene affidato un nuovo lavoro in redazione che, per vari motivi, metterà in discussione ogni certezza. Princess Carolyn si ritrova in balia del caos per la nuova arrivata in casa: la figlia che ha adottato crea scompiglio nella sua vita, specialmente per quanto riguarda il lavoro e il sonno. Le vite dei protagonisti scorrono freneticamente ma alle loro spalle si ergono minacciosi nuovi eventi: tra essi la potenza economica della WhiteWhale, il sindacato dei segretari di Hollywoo e dei reporter che minacciano di sconvolgere lo status attuale delle cose.
I demoni del passato
A metà percorso possiamo tirare le prime conclusioni, analizzando gli elementi caratterizzanti di questi otto episodi. BoJack Horseman ha sempre messo in primo piano i disagi del suo protagonista. Il punto di forza della serie è stato quello di aver fuso l’animazione con tematiche importanti e di un certo spessore narrativo. La sesta stagione conferma tutto ciò e sembra la conclusione perfetta di un percorso che ha trovato la sua completa maturità. BoJack non è più fulcro, e non potrebbe essere diversamente. La serie ci ha mostrato i lati peggiori del protagonista, ciò che ha fatto di male e come ha cambiato le vite degli altri, oltre che la sua. In quest’ultima stagione, o almeno dalla prima parte, è chiaro l’iter che vuol prendere lo show: mostrare le conseguenze delle azioni di ognuno dei personaggi e i demoni del loro passato, con i quali dover fare i conti.
Ciò che, appunto, stupisce in positivo è il minutaggio dedicato ai singoli protagonisti principali della storia. BoJack Horseman ha concluso il percorso che l’ha portata ad essere una serie dal cast corale, distribuito in modo omogeneo in tutti gli episodi. Sorprende non vedere così spesso quello che era il vero protagonista della serie ma è anche vero che siamo arrivati ad una fine e tutti i nodi devono venire al pettine. I percorsi dovranno concludersi, ricongiungendo o separando definitivamente. Che sia una riabilitazione per la dipendenza dall’alcol o un disturbo post traumatico da stress, la serie, in questa stagione, pone l’accento sulla necessità di cambiamento e affronta tematiche mai toccate prima nel dettaglio. Tra esse il disturbo depressivo, piaga che accompagna in modi diversi quasi tutti gli elementi di questa storia.
Verso una conclusione positiva?
Ma se c’è una cosa che la serie Netflix ha sempre fatto nel migliore dei modi, quello è far ridere di gusto. Il dramma che è nell’aria di Hollywoo e che tutti respirano viene sempre stemperato da un’improvvisa gag. La prima parte della sesta stagione non solo riconferma gli aspetti positivi, ma ne amplifica la portata e l’incisività. La frequenza con la quale ci vengono proposte battute e momenti di pura follia è aumentata vertiginosamente, movimentando un ritmo già incessante. Le tematiche spigolose (la già citata depressione o l’alcolismo, per dirne alcune) non sono mai didascaliche e mantengono la loro velata, ma comunque evidente e incisiva, presenza dietro una serie di circostante grottesche e paradossali che riescono più di prima a portare certi temi alla presenza del grande pubblico, in un modo divertente ma mai superficiale.
Ciò che permea questa prima parte è la speranza, la positività. Perché sappiamo che è dura ma che finché ci saremo, la speranza non morirà. I flashback dei protagonisti, sapientemente giostrati e omogeneamente amalgamati con la narrazione del presente, rievocano il passato, conosciuto e non a noi spettatori. Ed è attraverso essi che non solo i personaggi prendono consapevolezza ma che anche noi, che assistiamo dall’esterno, possiamo empatizzare totalmente con le vicende. Il tocco in più sta proprio qui, in un’empatia rinnovata e intensificata. Sono animali antropomorfi e umani dalla vita folle, ma sono una famiglia e come tale hanno il potere di farci sentire parte di essa, oltre che a far percepire come nostri i loro demoni. Questi ultimi sono proprio la mina vagante di una stagione che, pur proiettata verso una positiva conclusione, potrebbe ancora raccontare tantissimo e sconvolgere gli equilibri già precari.
Conclusioni – BoJack Horseman 6: recensione della prima parte
Sembrava impossibile poter ripetere il ritmo, l’intensità e la qualità narrativa della quinta stagione. Eppure questi otto episodi raccontano il contrario. Ci parlano di un prodotto arrivato alla consacrazione finale, alla maturità che raramente si vede in show televisivi di così grande portata mediatica. Una serie che non ha mai smesso di stupire e che continua a innovare e rinnovare sé stessa, con narrazioni sempre nuove e modalità di approccio alle vite dei personaggi diverse di volta in volta. Rinunciare al focalizzarsi sul vero protagonista della serie è stata una scelta azzardata ma perfettamente riuscita. Bisogna che tutti, BoJack in primis, guardino in faccia i propri errori, costantemente rimessi in gioco dagli eventi. Ogni singolo dettaglio può tornare a galla più marcio di prima, e questo i protagonisti della serie lo stanno imparando bene.
Un frammento di stagione che apre le porte ad una conclusione che si preannuncia coinvolgente, ricca di emozioni e chissà, magari di plot twist. Questa sesta stagione non sta, fin’ora, sbagliando un colpo, azzeccando ogni scelta stilistica e narrativa. Il pericolo di gridare al capolavoro è dietro l’angolo. Sarebbe però ipocrita negare che, se non è tale, lo show Netflix ci si avvicina decisamente. Non si può parlare di questa come una vera e propria recensione di BoJack Horseman 6, essendo solo una prima parte. Per un definitivo giudizio sulla stagione non resta che aspettare fine gennaio. Siamo appena all’inizio della fine, uno spettacolare inizio della fine.