Briganti: recensione della serie tv Netflix
La nuova serie Netflix di taglio internazionale tenta di miscelare generi e di portare sul piccolo schermo diverse tematiche senza convincere.
La serialità italiana, grazie alle piattaforme streaming e all’uscita in contemporanea in più paesi, si sta ampliando verso generi che fino a pochi anni fa erano estranei dalle nostre produzioni. Serie tv come Prisma, Skam, La legge di Lidia Poët, Romulus e I leoni di Sicilia, il panorama italiano sta espandendo i propri orizzonti tentare di competere con un pubblico sempre più abituato a vedere serie tv e diventato di conseguenza più critico rispetto a quel che vede e per espandersi, come dicevamo, ad altri paesi.
Briganti, la nuova serie tv targata Netflix disponibile dal 23 aprile, vuole fare entrambe le cose. Così come I leoni di Sicilia, Briganti è ambientata in un periodo storico particolare, preso poco in considerazione dai media, e miscela diversi generi cercando al contempo di differenziarsi, di creare un’amalgama di generi, tematiche e prospettive diverse. Ma Briganti rimane una bella idea solamente su carta. La motivazione? Il suo essere troppo italiana.
Indice
La trama – Briganti, la recensione
Come dicevamo, Briganti nasce con un incipit interessante. Poco dopo l’unione d’Italia, alla seconda metà dell’Ottocento, e il passaggio di Garibaldi in Sicilia, la situazione economica e sociale del sud è a dir poco problematica. La povertà è dilagante e i ricchi sono usciti indenni dalla guerra. Le condizioni sono talmente precarie che non in pochi, per necessità e sopravvivenza, decide di imbracciare i fucili e diventare briganti, fuorilegge nomadi con un preciso codice d’onore.
È per sopravvivere che Filomena (Michela De Rossi) decide di unirsi a loro.
Lei è il punto d’unione tra le classi sociali che dominano la Sicilia: nata povera, è riuscita a risollevare la sua condizione sociale grazie ad il matrimonio con un ricco possidente. Incastrata in un matrimonio con un marito violento, Filomena non viene accettata dai ricchi, ma nemmeno dalle persone con cui condivideva la vita prima del matrimonio. Dopo l’ennesimo sopruso, Filomena uccide suo marito, ma viene vista da Sparviero (Marlon Joubert), un famoso cacciatore di taglie che viene catturato sulla scena del crimine.
Stereotipi e linee comiche – Briganti, la recensione
Fin dalla trama, l’intento di Briganti è quello di portare sul piccolo schermo una storia il cui intreccio tra i personaggi è fondamentale, la cui spaccatura in una Sicilia che fa da sfondo alle avventure dei banditi è il perno della serie. Ed è proprio guardando la scrittura che si notano le prime problematiche. La scrittura dei personaggi oscilla tra la superficialità e lo stereotipo. Pochi di loro sono realmente approfonditi e solamente le due protagoniste, Filomena e la brigante Ciccilla (Ivana Lotito), assieme allo Sparviero hanno una caratterizzazione che li rende riconoscibili. Il resto del gruppo dei briganti sono personaggi appena accennati, senza una voce propria e per questo facilmente dimenticabili.
Quel che stupisce maggiormente, in negativo, sono le macchiette, gli stereotipi estranei al tono della serie e ai generi che Briganti va a toccare. Alla banda di fuorilegge, durante la prima puntata, si unisce a loro un bambino il cui unico scopo è quello di esaltare l’empatia e la bontà d’animo di Filomena, ma preso singolarmente è un personaggio che non aggiunge nulla alla narrazione. Il secondo esempio di stereotipi che non si amalgamano allo stile della serie sono i due fuorilegge che incontra Sparviero a cui sono affidate le linee comiche. Una comicità che risulta fuori luogo e che richiama quella tradizione tutta italiana di inserire personaggi comici ovunque, anche a costo di penalizzare il ritmo delle scene.
Le donne della serie, sante o inflessibili – Briganti, la recensione
Una leggenda è famosa tra la popolazione siciliana: una donna sarà colei che unirà la Sicilia, una brigante sarà colei che porterà la pace. Da queste premesse, è chiaro che i due personaggi femminili principali abbiano una rilevanza particolare. Portatrici di un periodo migliore, Filomena e Ciccilla diventano un simbolo.
Tuttavia anche per loro la sceneggiatura non è stata clemente ed entrambe coprono due tra i cliché più utilizzati in Italia: Filomena è la santa, la ragazza buona ed empatica. Caratteristiche che spesso e volentieri vengono meno, non riuscendo a creare un personaggio fedele né un arco narrativo interessante. Ciccilla, al contrario, è la classica donna forte, colei che non mostra facilmente i suoi sentimenti a causa di un passato che l’ha segnata.
In conclusione – Briganti, la recensione
In Briganti manca la convinzione nel raccontare. La serie vuole parlare di diverse cose, vuole dipingere la situazione siciliana della seconda metà dell’Ottocento, vuole parlare della lotta di classe e dello sfruttamento, vuole mettere in risalto le dinamiche patriarcali che rispecchiano i giochi di potere dei ricchi, ma lo fa senza mordente, senza pathos. La serie così risulta un calderone di elementi mai realmente approfonditi, mai presi sul serio.
Briganti tenta di essere una serie impegnata e autoriale, ma diversi scivoloni le fanno mancare l’obiettivo. La volontà di parlare d’argomenti pregnanti miscelando il drammatico con l’avventuroso, il western con la comicità non è la strada giusta da percorrere. Ad essere il riflesso di una scrittura altalenante è la regia, che passa dal regalare qualche virtuosismo e movimento di macchina più ricercato ad errori di grammatica registica grossolani. Così come la recitazione che raramente reincarna le aspettative iniziali.
Briganti
Voto - 4
4
Lati positivi
- La voglia di utilizzare generi diversi dai più in voga nel panorama italiano
- La scrittura presenta diversi scivoloni, stereotipi e cliché
- La recitazione non è delle migliori
- La regia delle volte regala virtuosismi interessanti, altre si stabilizza sui movimenti di macchina classici, in altri momenti ancora commette degli errori grossolani
Lati negativi