Chiamami col tuo nome – Recensione del film di Luca Guadagnino
Dal 25 gennaio è nelle sale italiane Chiamami col tuo nome, l’ultima fatica di Luca Guadagnino. Il film ha ricevuto ben 3 nomination ai Golden Globe e 4 candidature ai prossimi Oscar del 2018: miglior film, miglior sceneggiatura non originale (tratta dall’omonimo romanzo di André Aciman e adattata da James Ivory), miglior attore protagonista (Timothée Chalamet) e miglior canzone originale (Sufjan Stevens – Mistery of love).
Ecco la nostra Recensione di Chiamami col tuo nome, di Luca Guadagnino.
Elio ed Oliver
Siamo nell’estate del 1983, tra le province di Brescia e Bergamo. Elio Perlman, alias Timothée Chalamet, un diciassettenne italo-americano di origine ebraica, vive con i genitori in una lussuosa villa. Ad animare un’estate apparentemente noiosa arriva Oliver, interpretato da Armie Hammer, uno studente dottorando che lavora al suo progetto con il padre di Elio. Lo stesso Elio viene incredibilmente attratto dalla presenza di questo nuovo aitante ragazzo, che probabilmente gli cambierà l’estate.
Io ballo da sola
Anzitutto con Chiamami col tuo nome il regista Luca Guadagnino ha voluto omaggiare un certo tipo di cinema da lui amato. In particolare, nello sviluppo drammaturgico, viene richiamato a più riprese Io Ballo da Sola di Bernardo Bertolucci. In quella pellicola del 1996, nella campagna senese arrivava Lucy a scombinare gli equilibri della famiglia. Qui l’arrivo non è del protagonista, bensì del ragazzo che lo farà infatuare. Ma l’elemento principale del racconto di Bertolucci è insito in Chiamami col tuo nome: la scoperta della sessualità. Vi è una giusta rappresentazione dell’amore che si vive nell’adolescenza, per così dire sfrenato. Il problema è che Guadagnino non dà nessun peso specifico alla cosiddetta “prima volta”, quasi come se fosse uguale alle altre. Soprattutto in un’opera come questa, che vuole – o, per meglio dire, vorrebbe – parlare con le emozioni.
Per tornare a Bertolucci, un altro elemento narrativo in comune è il luogo, anzi il non-luogo. La pellicola si apre con “Da qualche parte, nel nord Italia” a sottolineare che non è importante inserire questi personaggi in qualche località specifica. Fondamentale era, invece, conferirgli un senso, una credibilità. Quella che ci viene restituita è una fetta di mondo parallela in cui diverse azioni e reazioni non hanno senso d’esistere. La teoria prende piede dal momento in cui entra in scena Oliver. Un carattere che si dimostra da subito spocchioso e pieno di sé, e l’antipatia che lo spettatore prova cresce sempre più. Il suo stato d’animo, da un turning point neanche troppo importante, cambia improvvisamente. Per non parlare degli atteggiamenti che in alcuni casi appaiono totalmente insensati.
Un amore poco credibile, un’incommensurabile piattezza
Ad appesantire il carico dei problemi, arriva l’amore tra Elio ed Oliver. Anche se è più giusto parlare propriamente di Timothée Chalamet ed Armie Hammer. Luca Guadagnino lavora molto sul corpo dei due attori e lo fa in maniera sublime, trasmettendo la vera e propria essenza di questi attori. C’è un lavoro, in particolare, sulle gambe di Hammer che fa percepire la presenza di un regista con la totale consapevolezza del mezzo. Andare a percepire le parti del corpo più imponenti di attori fisicamente prestanti (come è Hammer) ed insistere su di esse. Chapeau. La note dolente sta nella relazione che si instaura tra questi due corpi. La notevole differenza anagrafica – che sembra più di quella che in realtà è – così come quella fisica, costituiscono un notevole blocco per la sospensione dell’incredulità di chi osserva.
Chiamami col tuo nome racconta quelle estati lunghe, noiose. Quelle che “si aspetta solamente che finiscano”, come dirà lo stesso Elio. Tant’è vero che i tempi sono tremendamente ed incommensurabilmente dilatati. Ma lo sono anche i dialoghi ed alcune sequenze – quella in piazza con la statua della battaglia sul Piave è emblematica – che non fanno altro che rafforzare quella piattezza che, soprattutto dal secondo atto in poi, caratterizza la pellicola.
La politica e gli Oscar
Ma l’opera di Guadagnino è ancor di più. Oltre alla regia già citata, risulta interessante analizzare la sequenza del pranzo che i genitori di Elio fanno con gli amici di famiglia. Parlando della politica di inizio anni ’80, ci si lamenta del pentapartito e di Bettino Craxi. Ci si scambiano frasi come: «Sei cambiata, ti stai arrendendo» oppure «Non c’è più lotta politica». Vista con gli occhi di oggi, quella scena trasmette una tremenda malinconia. Erano anni in cui, aldilà di qualsiasi ideale, un’idea ancora vi era. E nonostante ciò, si percepiva già la paura di arrendersi. Oggi, forse, ci siamo arresi un po’ tutti.
Ci sentiamo, infine, di poter dire che Chiamami col tuo nome farà fatica ai prossimi Oscar, ma un plauso va fatto all’interprete protagonista della pellicola, tra l’altro candidato: Timothée Chalamet. Il ragazzo di 23 anni restituisce un’interpretazione pazzesca. Puntualmente in linea con le emozioni di chi scopre la sessualità e d’esser attratto non solo dalle donne. Ma Elio vive con incredibile serenità il tutto, tanto che in più di una scena ci fa divertire col suo umorismo.
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Rating - 4
4
The Good
- Regia
- Timotèe Chalamet
The Bad
- Piattezza
- Personaggio di Oliver
- Amore poco credibile