Christian: recensione della serie tv Sky con Edoardo Pesce e Claudio Santamaria
Christian, con Edoardo Pesce e Claudio Santamaria è disponibile completa sulla piattaforma NOW di Sky
Christian, la nuova serie Sky Original di cui vi proponiamo la nostra recensione, ha debuttato su Sky Atlantic e sulla piattaforma on demand NOW lo scorso 28 gennaio. Sei episodi con uscita a cadenza settimanale liberamente ispirati alla graphic novel Stigmate di Claudio Piersanti e Lorenzo Mattotti. Il team creativo comprende Stefano Lodovichi come showrunner e regista insieme a Roberto Saku Cinardi, impegnato anche nelle vesti di ideatore e autore del soggetto insieme con Valerio Cilio ed Enrico Audenino. Cilio e Audenino firmano inoltre la sceneggiatura insieme a Renato Sannio e Patrizia Dellea. Ambientata a Roma, nell’immaginaria periferia di Città-Palazzo (concretamente ispirata a quartieri periferici reali, come Corviale), Christian ha per protagonista Edoardo Pesce, impegnato nel ruolo di un violento scagnozzo abituato a fare il lavoro sporco per conto del boss locale.
Fin quando, all’improvviso, non si ritrova con le stigmate. Accanto all’attore romano – vincitore nel 2019 di un David di Donatello per il miglior attore protagonista in Dogman di Matteo Garrone – Claudio Santamaria, Silvia D’Amico, Giordano De Plano, Antonio Bannò, Francesco Colella, Gabriel Montesi e Lina Sastri. Un ottimo cast, ben amalgamato, che dà vita a una carrellata di personaggi vividi nella scrittura e “rotondi” nell’arco narrativo. Personaggi sfaccettati, affascinanti e complessi, esattamente come la storia, intrigante e tutt’altro che dogmatica nella rappresentazione della lotta – della dicotomia, tra bene e male. Se siete curiosi di entrare nel dettaglio dell’analisi della nuova serie Sky Original che – diciamo sin da subito – è un colpo a segno, proseguite nella lettura della nostra recensione di Christian.
Indice:
- Da picchiatore a prodigio: la trama
- Fra bene e male, paura e speranza
- La giusta formula, i giusti equilibri
- In conclusione
Da picchiatore a prodigio: la trama – Christian recensione
Christian è un omone sulla quarantina che si guadagna da vivere come scagnozzo e picchiatore per Lino, il boss della periferia romana di Città-Palazzo. Non ha alcuna prospettiva, né per se stesso né per garantire una vita decente alla madre Italia, che soffre di demenza. Spera in un “upgrade” della carriera (vorrebbe diventare capo zona) che, però, sembra non arrivare mai e condivide il lavoro sporco con Davide, suo amico e figlio di Lino. Così trascorre il tempo nel grigiore del palazzone in cui vive, al bar con gli amici e in giro a regolare conti. Fin quando, improvvisamente, un dolore lancinante alle mani lo prende alla sprovvista. Un dolore che gli impedisce di usare quelli che sono i suoi strumenti di lavoro principali.
Christian è preda di fitte lancinanti che lasciano spazio a due buchi sanguinanti sui palmi. Si tratta di stigmate che, in un primo momento, lo scagnozzo del boss fatica a riconoscere. Con le stigmate arrivano anche i mistici poteri sovrannaturali che Christian non comprende in pieno ma che, col passare del tempo, inizia a sfruttare. “Ma mica gratis”, come gli suggerisce Rachele, la prima a beneficiare dell’intervento miracoloso di Christian. Man mano si riversa su di lui un’attenzione sempre maggiore, sia all’interno di Città-Palazzo che al di fuori. Tutti lo cercano e la grande richiesta infastidisce Lino, che sente vacillare il suo potere. L’attenzione arriva fino a Matteo, un ambiguo postulatore del Vaticano dal passato tormentato, combattuto tra la convinzione che Christian sia un impostore e prove che indicano evidenze contrarie.
Fra bene e male, paura e speranza – Christian recensione
Anche con Christian, Sky conferma la tendenza a portare sulla piattaforma prodotti di qualità per contenuto, argomento e valore produttivo. Il nucleo tematico principale della serie è l’analisi della lotta tra bene e male che qui non è una rigida dicotomia, bensì una contrapposizione ben più sfaccettata. A partire dal personaggio interpretato dal bravissimo Edoardo Pesce, che racchiude in sé entrambe le sfere. Fin dall’inizio, grazie a una scrittura puntuale e una prova perfetta da parte dell’attore, Christian non è mai solo un personaggio negativo, nonostante le premesse suggeriscano il contrario. Di certo non esita e non si risparmia nello svolgere il suo lavoro di picchiatore, ma è sempre presente in lui la proverbiale altra faccia della medaglia. Che salta fuori nel rapporto con la madre (Lina Sastri, magnifica e fragile), con Rachele (Silvia D’Amico), persino con Lino (Giordano De Plano).
Anche tutti i personaggi che ruotano attorno alla figura di Christian sono sfaccettati e – chi più chi meno – alimentati da una doppia natura. Se Christian come personaggio incarna la lotta (molto concreta, mai solamente simbolica) tra bene e male, gli altri personaggi si collocano a distanze differenti tra i due poli estremi della linea immaginaria che collega le due sfere. Ciascuno offre un materiale umano interessantissimo e la narrazione si muove tra il presente e il passato dei personaggi, per farceli meglio inquadrare. Bene e male quindi, ma anche paura e speranza. Qui la distinzione è meno sottile – più netta, col personaggio di De Plano che personifica la prima (il terrore che incute e attorno al quale ha fondato il suo “regno”) e quello di Pesce che materializza la seconda (o la strada verso di essa).
La giusta formula, i giusti equilibri
La serie di Lodovichi e Cinardi trova una giusta formula e un giusto equilibrio, mescolando echi e rimandi che non sono semplici citazioni, ma spunti fertili (più evidenti quelli al Garrone di Dogman e all’Ammaniti de Il miracolo). Equilibri che si ritrovano anche nel giusto mix tra toni drammatici (e a tratti molto crudi) e ironici; toni che si mescolano spesso e volentieri anche nello svolgimento di un singolo dialogo. E quando la serie va a toccare il divino e il demoniaco (cruciale in questo senso una scena verso il finale, davanti a una carbonara “fluida”, come il confine tra i due poli), la giusta formula è quella che spiazza nella sua ambiguità, pur con una tavola imbandita di tutti gli elementi necessari alla comprensione.
Christian si distingue anche per un’altra qualità, spesso troppo rara nei prodotti seriali: la gestione dei personaggi secondari. Se è vero che non sono esenti da stereotipi, il loro ritratto non trascende mai nel banale, anche quando sono inseriti unicamente per la loro precisa funzione narrativa. Unica pecca, lo spazio risicato riservato all’arco narrativo di uno dei personaggi più interessanti della serie: il postulatore Matteo interpretato da Claudio Santamaria. Santamaria fa un lavoro sopraffino, alle prese con la resa di uomo carico di rabbia, dolore, traumi, ma il minutaggio a lui concesso è davvero scarso e sono troppi gli irrisolti.
In conclusione
Il lavoro degli attori è davvero notevole, a cominciare dalla prova di Edoardo Pesce, benedetto anche dal physique du role che certo aiuta nel portare sulla scena il suo Christian. Pesce è alle prese con un personaggio molto meno “cattivo” di altri già interpretati dall’attore vincitore di un David di Donatello come Miglior attore protagonista nel 2019 per Dogman. Un’interpretazione perfetta, che brilla per profondità, umorismo, perfino tenerezza; un’interpretazione che brilla ancor di più quando Edoardo Pesce condivide la scena con Silvia D’Amico, che in Christian interpreta Rachele.
Attrice forse troppo sottovalutata, D’Amico infonde linfa nel bel personaggio di Rachele con una prova decisamente vivida, forse la migliore tra le tante che arricchiscono la serie. Le interazioni fra i due vivono dell’alchimia fra gli attori e il risultato lascia decisamente il segno. Avviandoci verso la conclusione della nostra recensione di Christian non possiamo fare altro che consigliarvene caldamente la visione. Christian è disponibile sulla piattaforma NOW di Sky. L’invito è a non lasciarsela sfuggire.
Christian
Voto - 8
8
Lati positivi
- La rappresentazione della dicotomia (mai rigida, mai manichea) fra bene e male
- Edoardo Pesce è artefice di una grande prova, resa ancor più valida dall'interazione con la bravissima (e spesso troppo sottovalutata) Silvia D'Amico
- Claudio Santamaria è perfetto nel ruolo doloroso e ambiguo del postulatore Matteo
- La rappresentazione dei personaggi secondari non scade mai nel banale, anche quando questi hanno "solamente" una funzione di espediente narrativo
Lati negativi
- Il personaggio interpretato da Claudio Santamaria (artefice di una prova sopraffina) ha troppo poco spazio e un arco narrativo incompleto