City of Crime: recensione del film con Chadwick Boseman e J.K. Simmons
Brian Kirk torna al cinema con un thriller poliziesco
Dopo circa 8 anni dal suo ultimo lavoro cinematografico, Brian Kirk torna dietro la macchina da presa per realizzare un progetto ambizioso come City of Crime. La pellicola, prodotta dai fratelli Russo, è stata a lungo sponsorizzata nell’ultimo periodo, soprattutto dopo essere stata distribuita a novembre 2019 negli Stati Uniti. Il film si profila fin da subito come un action movie e su questa premessa si basa sostanzialmente tutto il lavoro registico e narrativo. Inoltre sono indubbi alcuni tratti drammatici presenti in questo lungometraggio, il quale a onor del vero, vista e considerata la pubblicità, risulta una vera e propria delusione. Approfondiamo le tematiche di City of Crime nel prosieguo della nostra recensione.
Produzione tutta statunitense, l’opera di Kirk presenta un cast rispettabile, nel quale spiccano sicuramente Chadwick Boseman, conosciuto per aver interpretato l’osannato Black Panther, il premio Oscar e la bellissima Sienna Miller. Il film si qualifica come un thriller poliziesco, che strutturalmente assume i caratteri del film d’azione e che in parte lambisce delle note drammatiche; infine la pellicola non si ritrae dal citazionismo, riprendendo in certi frangenti sequenze di film come Giochi di potere o Die Hard. In conclusione il risultato è un film deludente poiché la mancanza di una narrazione coerente e di un’idea di fondo, seppur attenuata da un buon lato tecnico, portano ad un giudizio profondamente negativo.
Indice:
- La trama
- Il confine tra giustizia e vendetta
- L’empatia e la contrapposizione tra i personaggi
- Il lato tecnico
- Considerazioni finali
La trama: City of Crime, la recensione
Andre Davis (Chadwick Boseman), figlio di un poliziotto deceduto in servizio 19 anni prima, è un detective newyorkese conosciuto per la sua bravura, ma anche per il suo grilletto facile. Infatti nel corso delle sue ultime operazioni ha dovuto sparare a più di un delinquente e questo lo ha portato ad essere interrogato presso gli affari interni. Tuttavia, nonostante la sua nomea, una sera viene assegnato ad un caso molto importante, vale a dire l’omicidio di 8 poliziotti da parte di due killer (Stephan James e Taylor Kitsch). Essi hanno ucciso gli agenti nel corso di una sparatoria legata al furto di un’ingente quantità di cocaina e questo evento ha messo in allarme tutti gli organi di polizia, compresa l’FBI.
Pertanto, per evitare una psicosi generale e che gli assassini riescano a lasciare la città, Andre deciderà di chiudere l’isola di Manhattan e i suoi 21 ponti (da qui il titolo originale 21 Bridges), sostenuto e spalleggiato dal capitano Matt McKenna (J.K. Simmons). Inizierà così una corsa contro il tempo poiché l’FBI ha autorizzato lo sbarramento dell’isola per sole 5 ore. Da qui in poi Andre, il quale verra affiancato dalla detective della narcotici Frankie Burns (Sienna Miller), partirà con la sua caccia all’uomo e si ritroverà in mezzo ad una faccenda fatta di interessi personali, disonore, giustizia e vendetta. Le domande fondamentali sono quindi: Andre riuscirà a risolvere il caso? Gli assassini Michael e Jay la faranno franca o meno? Gli agenti del capitano McKenna avranno giustizia?
Il confine tra giustizia e vendetta
L’opera diretta da Kirk si focalizza sicuramente su alcuni temi fondamentali, tra i quali spicca però l’identificazione del confine tra giustizia e vendetta. Questi concetti sono intrisi di moralità e costituiscono uno dei pilastri su cui si regge il film. In primo luogo la giustizia viene esemplificata da Andre, il protagonista, il quale si pone sostanzialmente come un eroe senza macchia e senza paura. Dall’altro lato invece la vendetta assume diverse facce, che vanno da quelle dei poliziotti a quelle dei killer. Tuttavia questa tematica, la quale nel corso della storia del cinema è stata sviscerata e ha assunto diverse trattazioni. In questo caso è stata relegata ad uno scialbo e superficiale approfondimento. Qui i personaggi sono stereotipati e monodimensionali, privi di una qualsiasi complessità psicologica. Essa infatti rappresenta la conditio sine qua non per la disamina del confine morale tra giustizia e vendetta.
In mancanza di essa il tutto si riduce ad una becera identificazione classica del male contro il bene. In secondo luogo la pellicola cerca di definire questo conflitto con diversi espedienti narrativi e creando diverse situazioni limite, ma il tutto manca sia di pathos che di credibilità. Difatti in certi frangenti ci si chiede cosa voglia dire il film in questo senso, soprattutto considerando che l’arco narrativo appare telefonato, così come i colpi di scena. Risulta altresì spiacevole vedere come il concetto di legge venga nuovamente usato, come sempre nel cinema americano, più come alibi per determinati fini che altro. Infine su questo punto bisogna sostanzialmente condannare il film, dal momento che non solo viene meno la nobiltà che spetta all’idea di legge, ma perde anche l’opportunità di creare attorno ad essa un vero e proprio discorso.
L’empatia e la contrapposizione tra i personaggi
Dopo la visione di City of Crime si possono intravedere altri due temi portanti del lungometraggio, i quali si racchiudono nell’empatia e nella contrapposizione tra i personaggi. Il film infatti tende a creare delle associazioni empatiche e degli scontri trai i caratteri presenti nella storia. Ora l’empatia in questo caso si palesa soprattutto nelle associazioni tra personaggi apparentemente incompatibili, i quali ricoprono ruoli agli antipodi, ma che si ritrovano caratterialmente e nel comportamento. È per esempio questo il caso di Andre Davis e Michael Trujillo e dell’agente Frankie Burns e il killer Ray Jackson. I primi sono infatti fondamentalmente onesti, puri e pacifici, come testimonia la volontà sia dell’uno che dell’altro di non spargere sangue inutilmente. I secondi invece rappresentano quella sete di vendetta sopracitata e sono pronti a tutto pur di primeggiare, che sia uccidere o tradire.
Si notano così le contrapposizioni tra coppie della medesima frangia – i due poliziotti e i due criminali – e questo apre il campo ad una riflessione sicuramente interessante. Tuttavia anche qui il discorso viene svilito poiché nell’evoluzione di tale nucleo tematico si perdono completamente le sfumature psicologiche e narrative. Le coppie qui formatesi agiscono sempre come ci si aspetterebbe e si crea quindi una contrapposizione dai tratti infantili, dove il mondo sembra essere bianco o nero e privo di qualsiasi sfumatura di grigio. Si perde anche qui l’occasione di trovare un intreccio della storia accattivante, capace di dare un affresco sofisticato della società americana senza cadere nel banale.
Il lato tecnico: City of Crime, la recensione
Procediamo nella recensione di City of Crime approfondendo il lato tecnico dell’opera. Tecnicamente la pellicola non è interpretata benissimo, sopratutto se si guarda attentamente alle performance di Chadwick Boseman e Sienna Miller; Essi risultano abbastanza unidimensionali e non aggiungono granché al loro personaggio. Inoltre pare sottotono pure J.K. Simmons, il quale sicuramente dà una delle sue interpretazioni più piatte. Dall’altro lato invece colpisce invece Stephan James, che in un certo senso sostiene il film. La regia invece è tutto sommato molto buona, nonostante alcune indecisioni nella parte iniziale. Infatti se nella prima parte il montaggio e il découpage sono troppo frenetici, successivamente le inquadrature diventano meno frammentate e più fluide. Allo stesso tempo Kirk dirige sapientemente tutte le scene action e il sotto questo punto di vista dona allo spettatore un risultato visivamente appagante.
Inoltre anche l’utilizzo degli zoom e dei campi e controcampi non è totalmente scolastico; ciò permette di apprezzare maggiormente i botta e risposta tipici del genere d’azione. La scenografia è obiettivamente molto buona, laddove invece la fotografia non è allo stesso livello. Essa, nonostante gli elogi della critica, appare a tratti squilibrata poiché in alcuni frangenti colpisce e riesce a creare grandi effetti visivi, ma in altri casi sembra troppo patinata e laccata. Lo stesso però non può essere detto per la colonna sonora, uno dei punti di forza di questo lungometraggio. Questa difatti riesce numerose volte ad aumentare la potenza visiva e la carica emotiva di determinate sequenze, immergendoci maggiormente nella storia. Per concludere bisogna altresì affermare la totale inadeguatezza della sceneggiatura, vera e propria condanna dell’intero film. Essa si pone come scontata, piena di cliché e profondamente ripetitiva.
Considerazioni finali: City of Crime, la recensione
Alla luce di quanto finora detto bisogna affermare che il film si prefigura come una grossa delusione e sicuramente come un’opera mal calibrata. Ciò emerge lapalissianamente guardando alla spaventosa piattezza della sceneggiatura e dei personaggi. Lo stesso può dirsi anche per le interpretazioni, che non solo non aiutano, ma in certi casi amplificano i difetti della pellicola. In questo quadro che può apparire catastrofico si salva comunque una parte del film, rappresentata dal regista, il direttore della fotografia e il gli scenografi. Essi riscattano, seppur moderatamente, le sorti dell’opera e la rendono godibile almeno visivamente e a livello ritmico.
Pertanto se la bravura di una parte del comparto tecnico sopperisce al vuoto narrativo ed interpretativo, questo comunque resta evidente. E si badi che neanche il citazionismo o l’ammiccamento nella sceneggiatura a film come Butch Cassidy possono coprirlo o quanto meno limitarlo. Concludendo la nostra recensione di City of Crime possiamo certamente dire che ci risultano abbastanza ingiusti i salvataggi della critica, la quale forse ha usato i guanti di velluto nel giudizio di questo film. Per concludere il giudizio e la valutazione sono quindi fortemente negativi e si riscontra come questo tipo di prodotto rappresenti la tipica operazione commerciale statunitense.
City Of Crime
Voto - 5
5
Lati positivi
- Buona regia e scenografia
- Buona fotografia
Lati negativi
- Pessima sceneggiatura
- Prove attoriali mediocri
- Citazionismo senza senso
- Mancato approfondimento delle tematiche introdotte