Clark: recensione della serie crime svedese di Netflix
La vita e le bugie di Clark Olofsson in un'insolita serie true crime
Non sono pochi i criminali conosciuti a causa delle efferatezze che hanno compiuto, soprattutto se i loro crimini sono cruenti e macabri. Ma pochi di loro sono diventati noti per essere diventati eroi nazionali, ma, soprattutto, per aver portato l’attenzione su un disturbo del comportamento. Solo Clark Olofsson, con le sue gesta, è riuscito a far tutto questo ed è passato alla storia come l’uomo grazie alla quale, oggi, possiamo parlare della Sindrome di Stoccolma.
Ma Clark, così come il suo protagonista, è una serie crime inusuale in tutto e per tutto che vuole raccontare la storia dell’uomo piuttosto che essere una lucida analisi della Sindrome di Stoccolma. Basata proprio sulla biografia dello stesso Olofsson, il regista Jonas Åkerlund e l’attore Bill Skarsgård che dà il volto al protagonista – rinunciando ad un ruolo in The Northman– portano su Netflix una serie crime dal taglio comico e insolito.
Indice
Trama – Clark, la recensione
Clark Olofsson compie piccoli furti fin da quando è ragazzo. Furti che gli permettono, come lui stesso dice con una certa fierezza, di non aver mai problemi di soldi. Amante dell’adrenalina e delle donne di cui si innamora costantemente, Clark è nato da una famiglia che lui stesso definisce normale e tranquilla. Ma, come la serie ci avverte già dall’inizio, quella che stiamo guardando è una versione romanzata della sua biografia, piena di verità ma anche di bugie.
Con alle spalle una lunga fedina penale sporcata da furti, un tentato omicidio, traffico di droga e decine di rapine in banca, Clark sembra essere la persona perfetta per convincere il rapitore Jan-Erik Olsson ad abbandonare la sede di Stoccolma della Sveriges Kreditbanken senza far del male alle persone che ha preso come ostaggio.
Legare con lo spettatore – Clark, la recensione
Clark si presenta in tutto e per tutto una commedia dolce amara, con momenti drammatici e alcuni tragicomici.
Fin dai primi istanti è chiaro che voglia distanziarsi dalla struttura dei classici true crime e puntare, piuttosto, a delineare un protagonista accattivante che dialoga costantemente con il pubblico. Partendo dalla definizione della Sindrome di Stoccolma secondo la quale la vittima sviluppa un attaccamento emotivo con il carnefice, lo showrunner vuole creare un legame empatico tra lo spettatore e Clark specialmente tramite la – quasi – assenza della quarta parete.
Per far questo si affida ad un attore – Bill Skarsgård – che riesce a interpretare una personalità al limite del bordeline, ma affascinante a suo modo. Clark, infatti, inizia con le truffe quando era solo un ragazzo ed è una passione – assieme a quella per le donne – che non lo abbandonerà mai.
La sua vita è un ciclo continuo di furti, più o meno grandi, donne delle quali si innamora al primo sguardo e che abbandona appena ne ha l’occasione con qualche intervallo in prigione, dalla quale scappa con facilità. Clark è molto aperto con il pubblico con la quale parla costantemente, riferendo i suoi pensieri ed episodi della sua vita che, però, vengono addolciti da bugie.
Tra drama e commedia – Clark, la recensione
Oltre al taglio della commedia, Clark vuole depistare dalle sue intenzioni finali facendo annunciare al suo protagonista che la sua è stata un’infanzia felice e normale, molto diversa da quella che psicologi e criminologi si aspettano.
Questa normalità sfuma ogni volta che i racconti di Clark perdono della brillantezza iniziale e la patina di bugie svanisce, per lasciare spazio a quello che lo ha realmente portato a compiere così tanti crimini, ma specialmente a formarlo come uomo.
I suoi genitori sono uniti da una relazione tossica, suo padre è un uomo violento e dedito all’alcol che ha abusato di lui fin da quando era appena un bambino.
Il non prendersi troppo sul serio di Clark, la sua facciata ben costruita viene demolita pian piano fino a far intendere la sua vera natura. Le rapine, il non attaccarsi emotivamente alle donne che incontra e limitarsi solamente ad usarle, lo scappare da qualsiasi situazione spiacevole che le sue stesse azioni creano senza imparare mai nulla, senza crescere sono risposte ad un rapporto abusivo con il padre che vorrebbe dimenticare, ma non riesce a farlo. Il personaggio, però, alla fine della serie rassomiglia più ad una parodia di se stesso che a qualcuno da prendere sul serio.
Lo stile visivo – Clark, la recensione
Lo showrunner punta ad una dinamica inusuale, dando a tutta la serie un taglio tra la commedia e il tragicomico a partire dallo stile visivo. Il ritmo molto veloce, la fotografia in continuo cambiamento, i colori saturi alternati a flashback in bianco e nero, il formato che cambia nelle scene cardine dell’infanzia del protagonista, il continuo flusso di pensieri ad alta voce del protagonista indirizzati allo spettatore stravolgono fin dal primo momento.
Sono elementi che fanno di Clark una serie crime fuori dalle righe e la differenzia nettamente dalle altre, ma è un’arma a doppio taglio. Anche il rapporto con il detective Lindström viene intessuto come un film comico in bianco e nero, dove i due usano una comicità corporea molto accentuata, sfiorando il teatrale.
Una ciclicità monotona – Clark, la recensione
È a causa di questo taglio comico e dello stile estetico riempito fino all’eccesso, che quasi ingombra le puntate, che Clark dipinge il ritratto di un uomo della quale ci sarebbe molto da dire senza dargli mai la giusta profondità emotiva.
La dinamica iniziale si ripete puntata per puntata senza dare una reale struttura narrativa alla serie se non quella dell’eccessiva ripetitività. Clark è un uomo che cade nei medesimi errori. Rapine, donne ed evasioni sono il suo pane quotidiano e la ciclicità con la quale le puntate si ripetono dovrebbero mettere in luce il suo stile di vita a dir poco disordinato, ma ben presto si cade nella monotonia.
Sebbene la serie voglia dipingere il profilo di Clark Olofsson e non della rapina che diede il nome alla sindrome di Stoccolma, nella vita del protagonista è uno degli eventi più importanti. I giorni passati con gli ostaggi diventano un’ennesimo episodio eccentrico, ma senza che approfondisca realmente né Clark né tantomeno il rapporto che si è instaurato tra i due rapinatori e gli ostaggi. Quando si arriva alle puntate in questione, la serie ha già detto tutto quello che doveva dire.
Clark
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- La prova attoriale di Bill Skarsgård
- La struttura narrativa si discosta dalle serie true crime
Lati negativi
- Il particolare stile visivo adottato diventa fin troppo ingombrante dopo le prime puntate
- La mancata profondità alla psiche e all'emotività del protagonista