Cocainorso: la recensione dello spiazzante monster movie al cinema dal 20 aprile
In sala il tanto atteso e chiacchierato horror di Elizabeth Banks su un orso strafatto di coca. Un'operazione spiazzante che ribalta le aspettative ma non manca di divertire
È stata un’attesa lunga e particolare quella per un film come Cocainorso (Cocaine Bear) di Elizabeth Banks, da giovedì finalmente al cinema. Un’attesa fatta di passaparola sui social, indiscrezioni e hype fuori controllo, che se fino a un certo punto ha saputo aumentare esponenzialmente e in breve tempo le aspettative degli spettatori, dopo la visione potrebbe ridimensionarle altrettanto bruscamente.
Venduto come un b-movie dalla premessa folle (un orso strafatto di coca che semina morte e distruzione) e dallo sviluppo bizzarro, a metà strada tra Snakes On a Plane e Sharknado, Cocainorso è infatti inevitabilmente destinato a scontare un hype spropositato e aspettative decisamente fuori luogo. Questo perché il film della Banks è tutto fuorché un guilty pleasure grezzo e chiassoso, immediato e gustosamente idiota. Un film anomalo e a suo modo ambizioso, soprattutto per il suo forte desiderio di essere altro rispetto alle facili etichette del caso, a cui va riconosciuto almeno il merito di non essere il solito monster movie (o la sua solita parodia). E di divertire quanto basta, se preso nel modo giusto.
Indice:
Trama – Cocainorso recensione
Georgia 1985, Chattahoochee National Forest. Delle borse piene di cocaina, precipitate dall’aereo di un narcotrafficante, finiscono nella tana di un orso bruno. I primi a fare i conti con le conseguenze di ciò sono due ignari escursionisti, capitati loro malgrado nel posto sbagliato al momento sbagliato. Nel frattempo, all’oscuro di tutto, Sari (Keri Russell) si è avventurata nella foresta alla ricerca della figlia Dee Dee (Brooklynn Prince) e del suo compagno di scuola Henry (Christian Convery), aiutata da due improbabili ranger (Margo Martindale e Jesse Tyler Ferguson).
La notizia dello schianto dell’aereo si è però intanto diffusa e sulle tracce del prezioso carico si sono messi tre criminali (Ray Liotta, cui il film è dedicato, Alden Ehrenreich e O’Shea Jackson Jr.) e un poliziotto (Isiah Whitlock Jr.). Come se non bastasse, poi, una gang di giovani teppisti, tra un atto vandalico e l’altro, ha messo le mani su una delle fantomatiche borse. Tutti, chi più chi meno, saranno costretti a scontrarsi con la belva inferocita (diventata ormai dipendente dalla sostanza), divenendo loro malgrado protagonisti di una carneficina senza precedenti.
Nel bosco nessuno può sentirti urlare
All’apparenza non c’è niente di più derivativo di un’operazione come quella di Cocainorso. Perché tutto, nel nuovo film della regista e attrice statunitense Elizabeth Banks – basato incredibilmente su una storia vera (morti ammazzati a parte) – rimanda a qualcos’altro, a luoghi e situazioni che hanno fatto la storia del cinema di genere. Un survival horror che, sulla carta almeno, avrebbe dovuto mettere assieme Lo squalo e Alien, gli slasher e i monster movie ma con lo spirito cazzaro e sopra le righe di un film dell’Asylum.
Sorprende e non poco allora constatare che se, nel film della Banks, una contaminazione c’è stata è però quella tra il genere e un umorismo nero che ammanta la vicenda in un modo inaspettato e spiazzante. Un nuovo assetto capace di diventare il vero punto d’interesse di un film che, prima di tutto, pare voler essere coscientemente scentrato e imprevedibile, frustrando le aspettative dello spettatore e andando, spesso platealmente, nella direzione opposta.
Più Fargo e meno Sharknado
Mettendo sullo stesso piano morti violente e situazioni comiche che si rifanno, inaspettatamente, più al cinema dei Coen che a un horror simil-parodico, è come se Cocainorso volesse smarcarsi da un filone ben riconoscibile costruendo qualcosa di differente. Dal disclaimer “tratto da una storia vera” alla messa in scena di un’umanità irrimediabilmente idiota, fino al tono surreale dei dialoghi e alle esplosioni di violenza improvvisa, il film della Banks sembra infatti più guardare al modello (inarrivabile) di Fargo piuttosto che a Sharknado e titoli simili.
Più sceneggiatura e meno delirio action, quindi, per un film che distrugge consapevolmente (e incoscientemente, forse) le aspettative del pubblico allontanandosi sempre più dal prodotto adrenalinico e avvicinandosi ai territori della commedia nera e demenziale, pur senza rinunciare a un certo gusto per lo splatter e la violenza sopra le righe. Una vicenda corale fatta di toni e personaggi più o meno assurdi e agli antipodi, dalla fiaba famigliare ai criminali idioti e in crisi esistenziale, passando per ranger innamorati e gang di improbabili teppisti, tutti vittime di una mattanza imprevedibile e a tratti esilarante.
Sbilanciato ma divertente
Mentre Nancy Raegan, da uno schermo televisivo, intima di dire “No” alla droga nella sua celeberrima campagna, va così in scena una storia immersa, per l’ennesima volta, negli anni Ottanta, ma che riesce a fare del suo contesto stravisto e abusato un aspetto funzionale alla materia trattata. Tra narcotrafficanti (ai tempi il vero orso venne battezzato Pablo Eskobear), riferimenti pop e musica rock del periodo, il film mostra così un lato citazionista e iperconsapevole di gran lunga superiore alla media del genere.
E poco importa se l’operazione appaia a tratti sbilanciata nella sua incapacità di trovare davvero un equilibrio tra i suoi differenti toni e registri. Nel suo essere un pastiche ironico, fatto di sangue e smembramenti ma anche di scambi brillanti e situazioni surreali, Cocainorso tradisce casomai le sue eccessive ambizioni. Inevitabilmente lontano com’è da modelli troppo alti per essere davvero efficaci in un’operazione che resta divertente e apprezzabile seppur disomogenea.
Cocainorso
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- La contaminazione tra monster movie e commedia demenziale è spiazzante e regala momenti esilaranti
Lati negativi
- Spesso il film fatica a trovare una quadra tra i diversi registri, risultando a tratti discontinuo