Diabolik: recensione del film dei Manetti Bros. con Luca Marinelli
Diabolik dei Manetti Bros. con Luca Marinelli, Miriam Leone e Valerio Mastandrea arriva finalmente al cinema dal 16 dicembre
Arriverà in sala il 16 dicembre prossimo Diabolik, attesissimo film dei Manetti Bros. di cui vi proponiamo la nostra recensione in anteprima. Antonio e Marco Manetti portano sul grande schermo il loro personale adattamento del celebre personaggio dei fumetti creato da Angela e Luciana Giussani. Il primo numero della serie a fumetti dedicata alle avventure del Re del Terrore vede la luce nel novembre del 1962. Il personaggio di Eva Kant esordisce nel terzo numero e da quel momento in poi diventa la partner in crime (e non solo) del protagonista. Ed è proprio il terzo numero, intitolato “L’arresto di Diabolik” a fare da ispirazione per l’adattamento dei Manetti. Un adattamento piuttosto diverso, per estetica e andamento, da quello di Mario Bava del 1968.
Luca Marinelli è Diabolik e accanto a lui ci sono Miriam Leone nei panni di Eva Kant e Valerio Mastandrea in quelli dell’ispettore Ginko. Arricchiscono il cast, fra gli altri, anche Serena Rossi, Alessandro Roja, Claudia Gerini e Roberto Citran. A curare la colonna sonora ci sono due collaboratori storici dei Manetti Bros., Pivio e Aldo De Scalzi; Manuel Agnelli firma e interpreta due canzoni originali, fra cui quella di apertura del film, La profondità degli abissi. Dopo un’attesa davvero lunga (complice la pandemia), finalmente Diabolik arriva sul grande schermo dopo la presentazione dei primi 5 minuti del film durante la scorsa Festa del Cinema di Roma. Se siete curiosi di conoscere il nostro parere su Diabolik, proseguite con la lettura della nostra recensione.
Indice:
- “È un uomo, ma dalle capacità straordinarie”
- Non c’è Diabolik senza Eva Kant
- Questione di stile
- Cosa non funziona
“È un uomo, ma dalle capacità straordinarie” – Diabolik, la recensione
Clerville, fine anni Sessanta. Il misterioso, implacabile Diabolik terrorizza la città. Dopo l’ennesimo colpo messo a segno, il ladro sfugge, a bordo della sua Jaguar E-type nera, a un inseguimento della polizia guidata dall’ispettore Ginko. Nessuno conosce l’identità del temibile criminale, che potrebbe essere chiunque, e catturarlo non è certo impresa facile. “È un uomo, ma dalle capacità straordinarie” spiega Ginko a uno degli agenti della sua squadra, consapevole che assicurarlo alla giustizia, ormai, è una vera e propria missione.
Quando la bella ereditiera Eva Kant arriva in città, Diabolik manifesta un fulmineo interesse. La donna è in possesso di un preziosissimo diamante rosa, custodito e nascosto con la massima attenzione. Ma nessuna cassaforte è inviolabile per lo scaltro ladro che, però, non ha fatto i conti col fascino della ricca vedova. Fascino che lo colpisce inesorabilmente quando tenta il colpo per sottrarre la pietra preziosa. Anche Eva Kant è attratta da Diabolik e i due cominciano a tramare un nuovo piano insieme. Ma l’ispettore Ginko ha altri piani in serbo per il misterioso ladro. Come andrà a finire?
Non c’è Diabolik senza Eva Kant
Come accennato nell’introduzione alla nostra recensione di Diabolik, il film è adattamento del terzo numero del fumetto delle Giussani. Numero in cui compare per la prima volta il personaggio di Eva Kant, fondamentale da quel momento in poi. I Manetti scelgono quel preciso fumetto e danno largo spazio ad Eva Kant come vero e proprio personaggio chiave. Nel film vi sono due storyline che corrono in parallelo: quella della “caccia al ladro” che coinvolge l’ispettore Ginko e quella, dominante, della storia tra Diabolik e Lady Kant. Il personaggio interpretato da Miriam Leone innesca, fin dalla comparsa sulla scena, un’evoluzione nel Diabolik di Luca Marinelli ed è vera co-protagonista, mai semplice “spalla”.
Conosciamo Diabolik in piena azione nella scena d’azione di apertura, che scopre subito le carte in tavola sul perché il protagonista sia il Re del Terrore. Un uomo senza scrupoli, dotato di grande freddezza e lucidità, la cui intelligenza e destrezza sono al completo servizio dei suoi piani criminali. Quando incontra Lady Kant, ne rimane subito affascinato e il sentimento è reciproco. Eva Kant è una donna indipendente e volitiva, che sembra avere tutto ma è ben determinata a prendere in mano la propria esistenza, anche guardando il Male dritto in faccia. I due diventano fondamentali l’uno per l’altra, superano le iniziali diffidenze e scoprono che insieme possono essere più forti. Un rapporto tormentato e diabolicamente romantico che i Manetti riescono a restituire efficacemente sullo schermo.
Questione di stile – Diabolik, la recensione
Antonio e Marco Manetti hanno pensato il loro Diabolik come un film volutamente retrò e fortemente ancorato a certa estetica del cinema di genere degli anni Sessanta. Una scelta, questa, dettata in primo luogo dalla ricerca di perseguire la massima attinenza alle atmosfere e allo stile del fumetto. Attinenza che scaturisce da un rispetto quasi reverenziale dei Manetti nei confronti del materiale di partenza. Dal punto di vista tecnico e visivo, Diabolik funziona molto bene, con una produzione di alto livello qualitativo. Ci si ritrova immersi fin da subito nelle atmosfere anni Sessanta, grazie a una ricostruzione filologicamente corretta degli ambienti e di chi questi ambienti li abita, dal modo di vestire fino alla maniera di muoversi e parlare. La cura spesa in questo senso è massima e il risultato è esteticamente appagante.
Interessante e coerente con l’intenzione anche l’utilizzo di alcune inquadrature che restituiscono agli occhi l’impressione della vignetta, la dimensione e il punto di vista del fumetto. Tutto è calcolato; tutto è coerente con una visione che mette al primo posto la ricerca della fedeltà al materiale di partenza e l’adesione a certi canoni fuori dal nostro tempo. Non fanno eccezione in questo senso i dialoghi non sempre plausibili, ritmo e andamento spesso dilatati e persino le interpretazioni volutamente enfatiche dei protagonisti. Si comprende il punto di vista dei Manetti ma, col procedere dei minuti, si fatica a “stare al gioco”. Il problema principale è che, alla luce di tali scelte, l’impressione generale dominante è quella di assistere a qualcosa di artificioso e distante e a risentirne è il coinvolgimento.
Cosa non funziona
Ferma restando la qualità tecnica e stilistica del film dei Manetti, vi sono alcuni difetti che ne pregiudicano la riuscita e sui cui occorre soffermarsi. Diabolik manca di mordente e per il tipo di visione e direzione adottate mal riesce a intrattenere e coinvolgere chi guarda. Ci sono poca azione, pochi brividi e manca la giusta tensione che avrebbe dato la giusta spinta alla storia. I dialoghi, invece, sono troppi, così come sono troppe le lunghe spiegazioni che riempiono i momenti vuoti, al punto che il passo successivo diventa prevedibile.
Diabolik diventa faticoso da seguire anche a causa delle scelte riguardanti lo stile recitativo del cast. La prova di Luca Marinelli è volutamente impostata su un registro monocorde, estremamente controllato e mai spontaneo. Un lavoro non facile, che l’attore porta avanti con una dedizione da ammirare; una performance che avrà richiesto un certo sforzo e che, negli effetti, finisce per richiederlo anche a chi guarda. Valerio Mastandrea – a suo modo sempre una certezza – riesce a cogliere la determinazione di ferro dell’ispettore Ginko ma è Miriam Leone a catalizzare l’attenzione. L’attrice centra in pieno il personaggio della donna affascinante, di classe e spregiudicata e riesce a infondere vitalità (quasi tridimensionalità) alla sua Eva Kant.
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- Una produzione di alta qualità, visivamente impeccabile e in grado di restituire al meglio le atmosfere degli anni Sessanta
- Miriam Leone centra in pieno il personaggio di Eva Kant e catalizza l'attenzione durante tutta la durata del film
Lati negativi
- Il ritmo è troppo lento e vi sono troppi dialoghi e troppe spiegazioni a fronte di poca azione
- Poca tensione e scarso coinvolgimento