Doctor Sleep: recensione del film sequel di Shining
La "luccicanza" torna a quasi 40 anni di distanza nel film di Mike Flanagan
Nel 1980 Stanley Kubrick inquietava il mondo con uno dei suoi capolavori: Shining. Diretto magistralmente, il film diventò in breve tempo un cult, capace di cambiare per sempre il genere horror, anche grazie all’incredibile performance di Jack Nicholson. A distanza di quasi quarant’anni il mondo torna a sentir parlare della “luccicanza” di Danny Torrance, il bambino del film di Kubrick. Tratto dall’omonimo libro del 2013, sempre di Stephen King, esce nelle sale italiane Doctor Sleep. Danny è cresciuto e si porterà dietro i traumi vissuti molti anni prima. Ad interpretare il bambino, oramai adulto, è Ewan McGregor. In questo articolo la nostra recensione di Doctor Sleep!
Alla regia del sequel di Shining, se così vogliamo definirlo, ci sarà Mike Flanagan. Il regista è già noto per alcuni suoi thriller e horror, tra i quali Hush e Il gioco di Gerald (quest’ultimo tratto proprio da un’opera di King). Dalle parole del regista e dello scrittore, si evince la volontà di non voler intaccare lo spirito del film del 1980, conservandone le atmosfere e omaggiandolo. Il film arriva nelle sale italiane dopo l’extended edition di Shining, proiettata per due giorni in tutta Italia; una versione con circa 30 minuti di scene inedite.
Indice
- Sinossi
- Il micro universo della luccicanza
- Tra Flanagan, King e Kubrick
- Identità visiva e narrativa
- Conclusioni
Doctor Sleep: la recensione
1980. Dopo i tragici eventi dell’Overlook Hotel, Danny e sua madre si sono trasferiti e provano a proseguire la propria vita. Ciò che è accaduto, però, ha lasciato dei segni indelebili nella loro psiche, specie in quella del bambino. Danny, ancora estremamente turbato, riesce pian piano ad addomesticare i propri demoni. Nel 2011 quel bimbo non è più Danny, ma Dan. Egli sembra privato di ogni certezza, abbandonato a sé stesso tra alcool, donne e risse nei pub. Capendo che l’ora di dare una svolta alla propria vita è arrivata, decide di accantonare i suoi poteri psichici, archiviare il suo passato e ricominciare. Si trasferisce nel New Hampshire con l’obbiettivo di cercare una sistemazione. Qui conosce indirettamente Abra, una ragazzina che riesce a comunicare telepaticamente, a distanza, con l’uomo. Dan, in fondo, sapeva fin da piccolo di non essere il solo.
Dopo 8 anni la stabilità dell’uomo è nettamente migliorata. Quando Abra, attraverso i suoi poteri, ha delle visioni raccapriccianti, correrà da Dan per chiedergli aiuto. La loro ‘luccicanza’ li rende potenziali bersagli per qualcosa che Dan non immaginava di poter incontrare. Infatti, una setta capitanata dalla perfida Rose the Hat (Rebecca Ferguson) da anni da la caccia a chi possiede determinati poteri, per risucchiarli e mantenere uno status di eterna giovinezza e vigore. Dan e Abra sono in pericolo, così come tutti, chissà quanti, i possessori della luccicanza. L’uomo, però, porta dentro di sé i traumi di un passato che, utilizzando i suoi poteri, potrebbe farsi vivo irrompendo, insieme al nuovo pericolo, in una stabilità costruita con fatica e dedizione.
Il micro universo della luccicanza
Quando si ha a che fare con un capolavoro della portata di Shining, il rischio del confronto con esso e con Stanley Kubrick è sempre forte. Non solo per gli spettatori, però. Più che per noi il rischio incombe per chi produce, scrive e dirige il film, con la presenza di una sorta di demone del film precedente che aleggia attorno. Mike Flanagan, però, sa bene cosa vuole mettere in scena e soprattutto come farlo. Guardando Doctor Sleep non si può non riconoscere quel tipo di narrazione e atmosfere che hanno fatto la fortuna di King, forse più che in ogni altro film tratto dalle sue opere. Flanagan però cerca di conciliare la base narrativa del titolo con quella del film del 1980. Film che, come sappiamo, non fu poi così gradito da Stephen King.
Se nella prima parte del film, forse troppo blanda, Doctor Sleep incontra gli elementi narrativi kinghiani, è nella seconda che Flanagan erige il suo tempio devozionale per Kubrick e il suo film. Il rispetto per quest’ultimo aiuta a non intaccare l’aura del capolavoro; i frequenti rimandi, citazioni e omaggi rischiano però di scatenare la stessa caccia all’easter egg vista in film come Ready Player One (che proprio di Shining fa buon uso). Ma gli omaggi al film, pur essendo concentrati in larga parte nell’ultimo atto del film (troppo veloce in relazione a ciò che abbiamo visto precedentemente), sono ben amalgamati e quasi mai gratuiti. Flanagan utilizza le atmosfere, i luoghi, elementi e personaggi del film di Kubrick come contenitore per una nuova storia. Crea un “micro universo della luccicanza” nel quale le due storie possono esistere, legate da Dan Torrance e dalle sue esperienze.
Tra Flanagan, King e Kubrick – Doctor Sleep recensione
Come già detto sopra, Flanagan mette in scena una storia totalmente opposta a Shining. La narrazione potrebbe, per larga parte, essere indipendente rispetto al film precedente. La luccicanza potrebbe essere un qualsiasi altro “potere” e il film avrebbe comunque una sua identità. Ma è proprio lì che Doctor Sleep fa un passo falso. La sua identità e la sua indipendenza narrativa si scontrano sempre con la volontà di far conciliare King e Kubrick, Doctor Sleep e Shining. Il film è un prodotto differente, il racconto è diverso e, per certi versi, pure più ricco rispetto a quello visto nel film del 1980 (Kubrick non amava i grandi dialoghi e le impostazioni troppo narrative, anzi!). Nell’ultimo dei tre atti il film scatena tutti gli elementi di Shining con violenza e forse avremmo preferito vederli distribuiti più omogeneamente, soprattutto nella prima parte, più lenta e disorganizzata.
Quest’ultima ha spunti interessanti, sia narrativamente che nella messa in scena, ma sembra non esplodere mai. Anzi, a dirla tutta lo fa, ma solo incontrando Kubrick e Shining, mostrando la poca incisività della prima sezione. Un racconto fin troppo didascalico, in cui la narrazione di perde spesso nella ricercata comunicazione, laddove, forse, sarebbe stato necessario giocare più con l’aura di mistero kubrickiana. Vero è, però, che Shining rivoluzionò il concetto di horror e oggi, nel 2019, le estetiche e le narrazioni legate a questo genere sono state totalmente cambiate e sovvertite. Mike Flanagan, come sceneggiatore oltre che regista, conosce bene il mondo legato a questo genere e la sua maestria si vede in alcuni punti della sceneggiatura. Ma il risultato finale sembra voler attingere un po’ ad un una, un po’ all’altra fonte, generando un controverso menage a trois in cui Flanagan coinvolge King e Kubrick.
Identità narrativa e visiva – Doctor Sleep recensione
Non trova mai una sua vera identità ma, come abbiamo detto, quando lo fa sembra avere anch’esso una certa luccicanza. Doctor Sleep parte da ottime premesse, ha al suo interno sequenze quasi perfette ma poi si perde e si accartoccia su sé stesso. Una narrazione che raramente inquieta, reo di basarsi su una storia forse troppo debole. Doctor Sleep si perde nelle piccole cose. Sceglie di essere più didascalico e nostalgico, forzando anche un po’ la mano, ma poi lascia scoperti dei vuoti. Il personaggio interpretato da Rebecca Ferguson è una delle note positive del film; ben caratterizzato e costruito, pur lasciando il tempo che trova il suo background. Ewan McGregor fa un lavoro enorme, è straziante e speranzoso allo stesso tempo, interpretando nel migliore dei modi quel Danny vittima dei demoni del suo passato; tra gli attori migliori della sua generazione.
Se come sceneggiatore vive nel limbo tra i due poli attrattivi, il Flanagan regista sa bene che strada prendere. Egli si conferma uno dei registi di genere più interessanti, capaci di dare un’identità e una personalità visiva alle sue opere, anche quando esse hanno evidenti problemi di fondo nella scrittura e nella costruzione. L’uso di piani sequenza, panoramiche, inquadrature dal taglio particolare e un ottimo montaggio riescono a generare quel senso di inquietudine che non riesce mai a creare la sceneggiatura. Una regia precisa, che osa ma non esagera, mantenendo una sorta di rispetto e, forse, paura nei confronti del predecessore. Pur, però, permettendosi di citare, nelle modalità con le quali viene ripreso l’Overlook, il film precedente; come se, in fin dei conti, quell’hotel ormai può esser mostrato solo in quel modo, come faceva Kubrick. Nota agrodolce, l’uso della CGI: di buona fattura ma inutilmente sovrautilizzato.
Conclusioni
Dopo la più che sfortunata esperienza di 2010: L’anno del contatto, sequel di 2001: Odissea nello spazio, la paura era tanta. Il timore di veder storpiato, compromesso, il titolo precedente era alle stelle. Il risultato, però, soddisfa. Pur avendo tanti difetti, una storia troppo debole, un legame devozionale troppo marcato con il film precedente, Doctor Sleep risulta un film godibile. Il ritmo narrativo lento dei primi atti viene capovolto nell’ultimo, spaccando a metà un film che aveva trovato una sua piccola identità, pur confusa.
Certo, resta un buon horror, thriller, o come lo si voglia definire, a prescindere dal rapporto con Shining; è però vero che, pur amando i momenti nostalgici e citazionisti nei quali il film di Kubrick entra con prepotenza in quello Flanagan, Doctor Sleep avrebbe meritato uno sviluppo identitario più forte, più deciso e consapevole di sé stesso. Concludendo questa recensione di Doctor Sleep non possiamo che confermare che il film resta in ogni caso una visione piacevole che, per fortuna, non snatura l’opera del 1980 ma la glorifica.
Doctor Sleep, di Mike Flanagan
Voto - 6
6
Lati positivi
- La regia di Mike Flanagan
- Ewan McGregor e Rebecca Ferguson
Lati negativi
- Una seconda parte troppo veloce in relazione alla prima
- L’identità narrativa del film