Dream Production: recensione dello spin-off di Inside Out
Dream Production ci porta dentro le dinamiche di Hollywood tra algoritmi da rispettare, successi da creare a ripetizioni e una poco velata critica alla Disney
Dopo il successo che ha avuto quest’estate Inside Out 2 ed aver testato il terreno seriale con le due stagioni di Monsters and Co, la Pixar torna sul piccolo schermo con Dream Production. A metà strada tra il primo capitolo di Inside Out ed il secondo, la serie creata da Mike Jones amplia l’intricato universo narrativo composto dalle emozioni di Riley. In questo Dream Production è un tassello fondamentale di un progetto ambizioso che si sta pian piano concretizzando. Con Inside Out 2 e, in parte, Dream Production, la Pixar sta creando qualcosa di unico: l’intenzione di seguire un unico personaggio in ogni fase della sua vita.
Indice
Tra The Office e Boris – Dream Production, la recensione
Girato utilizzando la tecnica del mockumentary, Dream Production è una curiosa miscela tra The Office e Boris. Ma andiamo con ordine. La serie, riprendendo le dinamiche di Inside Out, va a spiegare cosa accade nel subconscio di Riley quando la ragazza e le sue emozioni principali si addormentano. Il subconscio non è altro che uno studio di produzione cinematografica con tutti gli elementi del caso: registi più o meno affermati, parenti raccomandati, la star, un algoritmo da seguire alla lettera e tutte le difficoltà nel riuscire a far carriera e a tenersi stretto il posto di lavoro. È quel che succede a Paula Persimmon, regista affermata che con molta nostalgia ricorda con passione gli anni d’oro della sua carriera, quando Riley era una bambina e poteva sbizzarrirsi con unicorni, una montagna di glitter e cupcake parlanti.
Uno stile che oramai non fa più presa su Riley, una ragazza che si sta affacciando all’adolescenza con tutti i cambiamenti che questa nuova fase della vita porta con sé. Paula però non riesce a lasciar andare il suo amato posto da regista di spicco né tantomeno il ricordo della piccola Riley e gli elementi che hanno caratterizzato la sua infanzia. Il mondo della Dream Production però non ha tempo da perdere: bisogna creare nuovi successi costantemente, un sogno (o un incubo) deve essere sempre migliore del precedente e non bisogna mai essere dimenticati.
L’aspetto tragicomico della Pixar – Dream Production, la recensione
Pixar continua a fare quello che gli riesce meglio, ossia creare storie sfaccettate i cui livelli di lettura sono molteplici. I più piccoli troveranno Dream Production divertente anche grazie ad un’estetica molto curata il cui livello dell’animazione è il medesimo dei film, ma le chiavi di lettura più mature permettono a tutti di godere della visione. Dream Production, infatti, segue la linea di Inside Out 2 che parlava ad un livello più profondo con il pubblico adulto e a chiunque soffre d’ansia, ma allo stesso tempo fa qualcosa di nuovo modificando ed ampliando completamente il funzionamento della mente di Riley.
Se quindi è divertente assistere ad un ballo scolastico rovinato da un giocattolo gigante con un unicorno sirena ed è commovente far di nuovo parte di un altro momento della vita della protagonista, dall’altro c’è una linea sottile che separa il comico dalla tragedia. Ne è l’esempio lampante proprio Paula, regista eccentrica che ha più difetti che pregi: egoista, non riesce a staccarsi dal passato, adulatrice dei suoi stessi anni di gloria fa tutto quello che è in suo potere per mettere i bastoni alle ruote nelle carriere altrui.
Una satira alla produzione di Hollywood – Dream Production, la recensione
C’è però un altro livello ancora di interpretazione che è quello che rende la serie leggermente pesante, meno spensierata e quasi cinica. La critica alla produzione hollywoodiana e al metodo di lavoro disneyano è presente in ogni momento dei quattro episodi e se le citazioni a The Office sono divertenti e il rappresentare un mondo lavorativo ingiusto e basato sul solo profitto può essere in qualche modo rassicurante, la satira al sistema cinematografico diventa troppo feroce per un prodotto Pixar.
Così come la crew di Paula si rende conto di aver perso di vista l’obiettivo principale del loro lavoro ossia quello di indirizzare Riley con i loro sogni verso una vita più felice, anche l’autore di Dream Production si perde nella lotta all’ingiusta Disney che relega la Pixar ad una semplice macchina per far soldi, minacciando licenziamenti (o passando direttamente all’azione) quando un film non va come si aspettavano. Una lotta più che onorevole, una critica che era giusto portare alla luce del sole, ma che allo stesso tempo devia un po’ dal concetto principale.
Dream Production
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- L'estetica e la cura dell'animazione non sono differenti da Inside Out 1 e 2
- La serie è divertente, una boccata d'aria fresca che smuove le dinamiche delle emozioni di Riley
- La critica alla Disney
Lati negativi
- La satira e la critica al sistema di produzione cinematografico statunitense è un bel tocco, ma prende in fretta il sopravvento su tutto il resto