Dungeon Food: la recensione del nuovo, bizzarro anime Netflix
L'anime tratto dal manga di Ryoko Kui unisce in maniera esilarante e originale fantasy e serie culinaria, senza perdere il suo amore per il genere
Caricata con cadenza settimanale a partire da gennaio, oggi si è finalmente conclusa la prima stagione dell’anime Netflix Dungeon Food. Una serie, tratta dall’omonimo manga del 2014 di Ryoko Kui e diretta da Yoshihiro Miyajima, che si immerge in un universo fantasy medievale adottando una prospettiva decisamente inedita: quella di un gruppo di avventurieri intenzionati non solo a sconfiggere i mostri che gli si parano davanti ma anche a mangiarli (!).
Prodotti dallo studio Trigger di Promare e, soprattutto, di Cyberpunk: Edgerunners – altri due titoli che hanno saputo fare del loro stile inconfondibile e della loro smaccata originalità il proprio principale punto di forza – i 24 episodi che compongono la serie di Miyajima si impongono così come un oggetto decisamente particolare. Una storia esilarante e per certi versi assurda capace, però, di non scadere mai nella parodia, facendo emergere, dietro ogni svolta o espediente narrativo, un amore sincero per il genere di appartenenza.
Indice:
Trama – Dungeon Food recensione
In un mondo in cui le gilde organizzano spedizioni per razziare i dungeon, un gruppo di avventurieri ne percorre uno alla ricerca del mitico Regno d’Oro. Almeno fino a quando sulla sua strada non compare un temibile drago rosso che divora l’incantatrice della compagnia, la tallman Falin. Sconfitto e in fuga, il gruppo torna così in superficie ma Laios, leader della gilda e fratello di Falin, decide, assieme al mezzuomo Chilchuck e all’incantatrice mezzelfa Marcille, di tornare nei sotterranei prima che la ragazza venga digerita dal mostro.
Appena entrati nel dungeon i tre fanno la conoscenza del nano Senshi, esperto nel catturare e cucinare mostri. Senza più bisogno di pensare alle provviste il gruppo deciderà così (nonostante le rimostranze iniziali di Chilchuck e Marcille) di avventurarsi nei livelli più profondi di quel luogo maledetto mangiando i mostri che mano a mano sarà costretto ad affrontare. È l’inizio di un’avventura fatta di trappole, misteri da svelare (chi è lo stregone che ha creato il dungeon?) e ricette sorprendentemente succulente.
Non chiamatela parodia
Stufato di scorpione gigante e funghi deambulanti, crostata di frutti di piante mangiauomini, omelette di mandragora e basilisco. E ancora: tempura di pipistrello gigante, tentacles e carne di kelpie stufati nell’undine, parassita di kraken alla griglia con salsa…Inizia quasi come una strampalata ed esilarante parodia, Dungeon Food. Quasi riducendo il fantasy a spiazzanti episodi-ricetta verticali, nemmeno fosse una riproposizione animata e favolistica di serie come Midnight Diner o di format alla Masterchef.
Ma, dopo il disorientamento dei primi episodi, fatti di ricette elaborate e curiosamente credibili, è facile rendersi conto di come l’anime tratto dal manga di Ryoko Kui in realtà sia un’epopea fantasy a tutti gli effetti, con tutti i luoghi comuni e le figure ricorrenti del caso, dai combattimenti all’arma bianca agli incantesimi, dalle fanciulle da salvare alle più misteriose maledizioni. Basterebbe la struttura complessa in cui è organizzato il dungeon, d’altronde, per farci capire come, dietro all’apparente immediatezza e leggerezza di Dungeon Food, si nasconda un mondo decisamente ben strutturato e complesso.
Tra ricette e world-building
Dal mistero del suo creatore, lo stregone folle, ai rapporti che intercorrono tra le diverse razze e i diversi popoli della superficie, Dungeon Food, episodio dopo episodio (o, meglio, pasto dopo pasto) svela infatti il suo mondo fantastico. Un world-building minuzioso che non ha nulla da invidiare ai fantasy tradizionali e che andando avanti nell’avventura acquista sempre più rilevanza. Come se la componente leggera e comica non intaccasse mai una struttura orizzontale rigorosa e ben congegnata.
Un mondo legato a doppio filo a un immaginario che ben conosciamo, dunque, ma che la serie riesce a declinare in modi originali e per certi versi inediti. Dai riferimenti espliciti e numerosi a Dungeons & Dragons a quelli letterari e videoludici, Dungeon Food sembra infatti condensare tutti gli elementi tipici del fantasy sword and sorcery facendo da una parte la gioia degli appassionati e dall’altra mantenendo una sua specificità e leggibilità adatta anche ai neofiti.
Personaggi a tutto tondo
A fianco di ciò, a contribuire a fare di Dungeon Food una serie più interessante di quello che potrebbe sembrare a prima vista, è senz’altro il peso dato alla caratterizzazione dei suoi personaggi. Un gruppo eterogeneo che, pur composto da tipi ben precisi (dagli elfi ai nani, dagli umani ai mezzuomini, con tutti i pregiudizi e le rivalità del caso), spicca per le psicologie ben curate dei suoi membri, tra backstories e motivazioni personali svelate senza fretta nel corso degli episodi.
Forte di una realizzazione tecnica sopra la media, di trovate registiche tutt’altro che scontate (si ha pur sempre a che fare con lo studio responsabile di Cyberpunk: Edgerunners) e di un ritmo ben calibrato seppur quasi mai incalzante (soprattutto nei primi episodi), l’anime si dimostra così una bella sorpresa all’interno del panorama animato di Netflix. Un prodotto pensato per gli appassionati ma che non mancherà di coinvolgere anche gli spettatori più curiosi e digiuni (è proprio il caso di dirlo) di fantasy.
Dungeon Food
Voto - 7
7
Lati positivi
- Il tono comico e quasi parodico riesce sorprendentemente a sposarsi bene con lo spirito più classico del fantasy alla D&D
- Il world-building è minuzioso ed elaborato nonostante le premesse
Lati negativi
- I primi episodi, verticali e incentrati soprattutto sulle ricette, potrebbero sembrare lenti e fini a se stessi