El Conde: recensione del nuovo film di Pablo Larraìn – Venezia 80
Augusto Pinochet è un vampiro che non vede l'ora di morire, ma guai a fargli tornare la sete di sangue
Pablo Larraìn torna alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia per presentare El Conde, di cui vi proponiamo la recensione. Il regista Cileno ha più volte trattato indirettamente la dittatura del generale Pinochet all’interno della sua filmografia, raccontando il punto di vista delle vittime, consapevoli o non. Dopo il fruttuoso approdo ad Hollywood, che lo ha posto sotto i riflettori del grande pubblico, Larrain torna a parlare del suo paese, questa volta senza troppi giri di parole raccontando le gesta del più feroce comandante dell’esercito.
Per fare ciò si è rivolto a Netflix, che puntualmente ogni anno sembra lasciare totale mano libera agli autori in una fin troppo sfacciata ricerca di premi. Se la formula dettata dall’algoritmo sembra funzionare per i prodotti destinati alla massa, appare fallimentare il tentativo di produrre cinema d’autore. Non esistono mezze misure per la grande N, che passa da una meccanica e ripetitiva produzione industriale, alla sregolata creatività la quale non sempre, come in questo caso, garantisce grande cinema.
Indice
Trama: come si suicida un vampiro? – El Conde, recensione
Augusto Pinochet, feroce dittatore Cileno che per anni ha imposto la sua volontà attraverso repressione e violenza è in realtà un vampiro. Anni dopo la sua presunta e finta dipartita è ancora in vita in una casa di campagna, in attesa però della morte. È più difficile per un vampiro morire e a meno di paletti nel cuore l’astinenza da sangue è quanto più vicino ad un trapasso naturale. Quando però delle persone iniziano a morire in maniera truculenta, deprivate del loro cuore, il primo sospettato è ovviamente il Conte DRA-ugusto. Ecco quindi accorrere in un fintissimo tentativo di aiuto la sua prole assetata di denaro, determinata ad impedirgli la morte fin tanto che gli ultimi fondi nascosti dal generale non verranno trovati.
Per riuscire nel loro intento chiedono l’aiuto di una contabile, che in realtà non è nient’altro che un’avvenente esorcista inviata dal Vaticano per eliminare una volta per tutte il diavolo dalla faccia della Terra. Sembra facile estorcere informazioni ad un vecchietto in procinto di morte, ma tutti sembrano avere a cuore unicamente i propri interessi, per di più in netto contrasto con quelli degli altri. Così nel mentre ognuno tenta di raggiungere avidamente il proprio obiettivo, l’animo violento del Conte rischia di risvegliarsi e caso mai questo accadesse il sangue riprenderebbe a scorrere in maniera incessante.
Una satira non pervenuta – El Conde, recensione
Pinochet è una figura ricorrente nel primo cinema di Larraìn, un’ombra che aleggia sulla vita di Raùl in Tony Manero, di Mario in Post Mortem e del determinato Reneè Savedra in No. Il regista si è poi concentrato sui biopic raccontando le travagliate vite di importanti personaggi storici come Diana Spencer o Pablo Neruda e, come già detto in questa recensione, El Conde sembrava la perfetta chiusura di un discorso iniziato tanti anni fa, il biopic sul villain numero uno. Appariva bizzarra infatti la scelta di trattare il tutto come una satira, una commedia nera sull’immortalità delle dittature e le conseguenze di un continuo spargimento di sangue, anche quando di sangue non ne scorre più. A visione terminata, più che bizzarro il risultato è non pervenuto. I continui tentativi di alternare una comicità che non colpisce mai ai toni horror e splatter del vampirismo, non fanno altro che accrescere la confusione in un film che sembra non avere chiara la propria direzione. Larrain elenca schematicamente le malefatte del generale, sovrapponendo il tutto a immagini crude e violente, imbastisce un discorso più ampio sulla dittatura in generale ed il suo mutare più che scomparire, restando sempre sulla superficie. I figli di Pinochet, suoi (in)fedeli seguaci, l’ideale linea comica del film non sono nient’altro che pupazzi, concetti ambulanti privi di reale spessore ed impatto.
Tutto sembra già detto in un continuo ripetersi delle stesse scene, degli stessi messaggi diluiti da una ricerca estetica che strizza l’occhio al cinema horror più classico aggiungendo ben poco al discorso del film. A poco servono i fantastici svolazzamenti del vampiro sulla città e la suggestiva, seppur estenuante, colonna sonora se non accompagnate da una sceneggiatura solida. Il regista cerca di costruire un mistero, imbastire colpi di scena e rivelazioni inaspettate che non sortiscono alcun effetto perche riguardanti proprio quei non-personaggi di cui parlavamo prima. La fantasiosa backstory del vampiro è forse l’elemento più interessante del film, che gioca probabilmente le sue carte migliori proprio all’inizio, per poi riproporre la stessa solfa più e più volte fino allo sfinimento. La reinterpretazione storica strappa qualche sorriso forzato, ma nulla di più risultando in nient’altro che un’aneddotica serie di eventi. Non c’è nulla di originale o profondo nella riflessione del regista, che seppur giusta appare quasi scontata. La dittatura non muore mai, il cuore umano è quanto di più dolce vi sia per il palato e anche se il conte Dracula perde appetito ci sarà sempre qualche altro affamato. Argomento fin troppo attuale per limitarsi ad una riflessione così spontanea, suggerita anche soltanto dall’incipit del film.
El Conde
Voto - 5
5
Lati positivi
- La fantasiosa reinterpretazione storica
Lati negativi
- Il discorso sulla ciclicità delle dittature è fin troppo superficiale
- La satira raramente diverte risultando il più delle volte noiosa