Emily in Paris 2: recensione della seconda stagione della serie Netflix
Emily Cooper è tornata, prova ad imparare il francese e continua a districarsi tra lavoro e vita sentimentale sempre più complicati
Dopo il grande successo riscosso dalla prima stagione tornano le avventure di un’americana a Parigi. Emily in Paris 2 di cui vi proponiamo la recensione, ci riporta nella patinata ed eccentrica vita di Emily Cooper tra le vie di Parigi. La serie ha debuttato nell’ottobre dello scorso anno su Netflix rimanendo nelle prime posizioni dei prodotti più visti. Lily Collins torna a vestire i panni di una giovane social media manager che lavora per una nota agenzia di marketing americana ma in trasferta a Parigi. La serie riprende dalla conclusione della prima stagione sia a livello di trama che di tematiche, anche se con miglioramenti. Il punto centrale continua ad essere il lavoro di Emily che si intreccia sempre più spesso con la sua vita privata, molto in stile quanto è piccolo il mondo. Ma questa seconda stagione ha anche dei pregi e dei miglioramenti rispetto alla prima.
Il tono continua a rimanere molto leggero e frizzante. Si affrontano, in salsa diversa, i soliti drammi sul campo sentimentale e si affacciano nella vita di Emily anche piccole crisi lavorative. Cosa che indubbiamente contribuisce a dare una maggior ventata di veridicità alla situazione, sebbene la protagonista viva pur sempre in una bolla ideale. Un tono frizzante e mai troppo serioso contribuisce a rendere la serie piacevolissima da guardare, spingendoci a finirla in poco tempo: un prodotto di puro intrattenimento e leggerezza. Al fianco di Lily Collins tornano anche Ashley Park nei panni di Mindy la coinquilina di Emily e Lucas Bravo come Gabriel. Philippine Leroy-Beaulieu regala una brillante Sylvie, mentre Lucien Laviscount veste i panni della new entry, Alfie e Kate Walsh riprende il suo ruolo come Madelaine, il capo di Emily. Scopriamo nella nostra recensione i pregi e i difetti di Emily in Paris 2.
Indice:
Trama
Dopo aver trascorso la notte con Gabriel, convinta che le loro strade si sarebbero separate, Emily deve affrontare il fatto che il ragazzo rimarrà a Parigi. Cerca di fare ammenda soprattutto nei confronti di Camille con la quale sembra legare di più. La ragazza soffre per la separazione da Gabriel e percepisce che c’è qualcosa di più che lo allontana da lei. Nonostante Emily cerchi di stare il più lontano dallo chef, si ritrova a dover lavorare per lui in quanto il ristorante è stato comprato da un cliente dell’agenzia. Si districa tra nuovi ed esigenti clienti che cercano delle pubblicità incisive e di successo per i loro prodotti. Nel frattempo, proprio per migliorare i rapporti con alcuni di loro, Emily continua a seguire il corso di francese tra alti e bassi. Sarà proprio qui che incontrerà Alfie, un banchiere londinese diffidente e misterioso che imparerà a conoscere.
Parallelamente alle vicende di Emily, la serie ci propone un maggiore approfondimento dei personaggi secondari. C’è più spazio per Mindy che intraprende una carriera come cantante dalla voce strabiliante, e che a sua volta dovrà gestire problemi personali. Sylvie si spoglia del suo atteggiamento eccessivamente snob e mostra un lato più spensierato, con una vita sentimentale movimentata e una determinazione sul piano lavorativo che solo la sua esperienza può darle. Julien e Luc sono a loro volta esplorati di più ma rimangono allo stesso tempo le spalle comiche della stagione. Tra successi, crisi ed errori che riesce però a volgere a suo favore, Emily vive la sua esperienza a Parigi fino alla conclusione che ribalta le carte in tavola e che lascia la partita ancora tutta da giocare.
Una maggiore attenzione – Emily in Paris 2, recensione
Come già detto nell’introduzione questa seconda stagione ha dei pregi in più rispetto alla precedente. Sebbene il mondo del marketing e i social siano sempre dominanti e siano rappresentati in maniera veritiera, c’è una maggiore attenzione ad alcuni dettagli. In primis nell’uso del francese che diventa la lingua dominante nelle scene in cui Emily è assente. Questa è una scelta da lodare che spodesta la protagonista e non le fa più avere il mondo ai suoi piedi, ma la spinge a doversi adattare alla lingua e fare pratica se vuole imparare a muoversi in maniera indipendente nella città. I clichés sui francesi non mancano, sono solo diminuiti ma c’è una contrapposizione tra questi e gli americani nel modo opposto di percepire il lavoro. Per gli americani l’ottica è quella del profitto, del raggiungimento di un obiettivo per il quale si lavora in ogni momento buono.
Al lato opposto c’è la filosofia dei francesi che si concentra, potremmo dire, sulla qualità del lavoro e che da maggiore valore al tempo libero. Una riflessione che può uscire dallo schermo e applicarsi perfettamente alla realtà lavorativa, che soprattutto con la pandemia ha subito dei radicali cambiamenti. Si lavora di più per ottenere maggior profitto, ma chi lavora lo fa con uno stato d’animo tutt’altro che armonioso. Altro aspetto interessante, sempre in relazione al modo di vivere americano, è la forte critica alla diet culture, che vende false speranze. Questa riflessione, così come una lettura alquanto cinica o (forse realistica) della città di Parigi, venduta come magica città dell’amore, si sposano in maniera complementare con il lavoro della stessa Emily. Si fa marketing, si pubblicizza qualcosa per attrarre i clienti e i turisti, quando la realtà a volte è diversa, sia in meglio – che purtroppo – in peggio.
Considerazioni tecniche
Proseguendo nella nostra recensione di Emily in Paris 2, la serie fa un buon lavoro anche sul lato tecnico. La regia e la fotografia sanno perfettamente di trovarsi a Parigi e scelgono di sfruttare le bellezze che questa città offre. Abbondano le panoramiche sulla Senna, sui palazzi tipicamente francesi dalle atmosfere uniche e sulla città che brilla nella notte vibrante. Come nella prima stagione si entra nei social con Emily di cui leggiamo i messaggi o i post sullo schermo e vediamo le foto. La musica è molto più presente ed è perfetta in molte occasioni. Non si possono non lodare le performance canore di Ashley Park che in diverse occasioni regala delle scene molto belle. Il confine tra sobrietà, eleganza ed eccesso sfuma nel reparto costumi. Emily indossa abiti a volte eleganti altre davvero eccessivi e poco realistici, ma come già detto, è puro intrattenimento.
Tra i pregi di questa seconda stagione ci sono sia l’ottima caratterizzazione di Sylvie, destinata a rubare spesso la scena ad Emily, che una maggiore introspezione di quest’ultima. Il triangolo amoroso con Gabriel poteva essere l’unica dimensione in cui il personaggio si poteva muovere, ma la ragazza cerca di uscirne presto. C’è una maggiore crescita a livello lavorativo: è più sicura di sé, determinata e in grado di dimostrare le sue capacità che le fanno sempre raggiungere gli obbiettivi. Sylvie dal canto suo brilla come donna in carriera ma soprattutto come donna forte e sicura di sé, non priva di qualche debolezza che non viene però esplicitamente mostrata. Tra le altre donne si aggiunge anche Madelaine l’altra americana, la cui immagine è però volutamente ed eccessivamente stereotipata. Da lodare Lily Collins che fa, come sempre, un ottimo lavoro.
Conclusione – Emily in Paris 2, recensione
Giunti al termine della nostra recensione di Emily in Paris 2, nonostante ancora qualche difetto la serie resta comunque un prodotto di intrattenimento che funziona benissimo. Lily Collins si riconferma ottima nei panni di Emily, dandole vita e mostrandola a volta sicura di sé, altre goffa e pasticciona. La protagonista evolve un passo per volta in questa stagione e sarà costretta dalle circostanze a capire ciò che davvero desidera dalla vita. Ottima e indubbia la chimica con Gabriel, il cui rapporto si riconferma uno dei punti saldi della serie. Questa seconda stagione è quindi indubbiamente meglio strutturata, leggermente più con i piedi per terra e concede più spazio agli altri personaggi. Emily sarà anche la protagonista ma lo scena è equamente divisa con gli altri che riescono benissimo a reggere il confronto con lei.
È stato fatto un passo in avanti nel gestire meglio la presenza dei clichés e nel voler invece provare a proporre delle riflessioni un po’ meno superficiali. Dominano sempre la leggerezza e la spensieratezza, ma c’è ancora qualche scivolone su convinzioni errate e rappresentazioni a volte eccessivamente idealizzate. C’è sempre qualche dramma dietro l’angolo e qualche errore che aspetta di essere commesso, ma solo per poter imparare da essi. I colori sono vivaci e sprizzanti, esuberanti come la protagonista che cerca sempre di essere positiva. Si cerca anche di omaggiare la cultura francese e non solo con la moda. Positiva l’attenzione alla lingua e alla riflessione sul lavoro. Insomma la serie fa di nuovo centro con cambiamenti positivi e altre cose su cui lavorare. Considerato poi il finale, l’intenzione di fare di più in terza stagione c’è tutta. Non ci resta quindi che attendere.
Emili in Paris 2
Voto - 7.5
7.5
Voto
Lati positivi
- Maggiore attenzione alla lingua e aderenza alla realtà
- Riflessioni su tematiche inerenti il lavoro, la comunicazione e l’uso dei social nella quotidianità
- Sviluppo dei personaggi secondari che hanno avuto più spazio
Lati negativi
- Ancora alcuni elementi troppo stereotipati
- A tratti ancora troppi elementi trattati con superficialità