Gauguin a Tahiti – Il paradiso perduto: recensione del film
Al cinema ritorna la Grande Arte con l'artista che ha reiventato la pittura occidentale
Gauguin a Tahiti recensione. Loving Vincent, da quando è uscito nelle sale cinematografiche nel 2017, ha dato il via a quel connubio arte-cinema che sembra oramai diventato indissolubile. Ad esso, infatti, sono seguiti una serie di film incentrati su artisti di un certo spessore. Da Michelangelo – Infinito, seguito da Caravaggio – L’anima e sangue apparso sempre nel 2017, fino ad approdare a Van Gogh, sulla soglia dell’eternità con William Defoe che vestiva i panni del famoso pittore olandese. Il cinema ha fatto appassionare i molti agli artisti più famosi e citati di sempre.
Questo binomio è tornato sul grande schermo grazie all’uscita del film Gauguin a Tahiti – Il paradiso perduto, proiezione prevista soltanto per i giorni 25, 26 e 27 marzo. Il film è diretto da Claudio Poli e si concentra sulla figura dell’artista passato alla storia come il padre del post-impressionismo: Paul Gauguin, appunto. La pellicola si concentra sugli anni che l’artista passò a Tahiti e in buona parte della Polinesia, all’epoca sotto la colonizzazione francese. Il contatto con queste terre fu voluto dallo stesso autore per ricercare quella verità artistica, quella ricerca interiore che riuscì a sfiorare le corde della sua anima.
Gauguin a Tahiti recensione: trama
Paul Gauguin nasce a Parigi nel 1848. Da quanto apprendiamo nel film, la prima parte della sua vita è costeggiata da una vera e propria serenità. Ha una moglie che lo ama, da cui ottiene 5 figli e si dimostra fin da subito padre e marito affettuoso. In più ha un lavoro alquanto stabile, poiché il suo impiego lo porta all’interno della Borsa. Vi lavora per dieci anni circa, durante la quale guadagna tanto denaro. Sembrava che non gli mancasse nulla. Eppure, dal suo epistolario, apprendiamo che una voce interiore inizia a farsi largo. Voce che gli permise di poter mettere le mani ai primi pennelli, ad intingerli sulla tavolozza e dare sfogo alla sua vocazione artistica.
Questa sua vocazione lo porta a compiere scelte drastiche nella sua vita. Fu licenziato, la moglie con i figli si recarono in Danimarca. Imperterrito, irascibile, ma con un talento infinito, iniziò i suoi viaggi all’affinamento della sua vocazione. Soggiornò brevemente in Bretagna (dove dipinse il famoso Cristo Giallo), per poi recarsi nelle terre della Polinesia, con cui entrò in contatto grazie alle testimonianze che iniziò a leggere. Questo viaggio venne intrapreso nel 1891 e lo cambiò per sempre. Cominciò a dipingere numerose tele, molte delle quali rappresentarono i suoi più famosi dipinti. A causa di una malattia, l’artista fu costretto a rientrare in Europa, ma il suo animo rimase sempre legato alla terra di Tahiti. Infatti, Gauguin tornò successivamente nelle terre asiatiche, restandovi per sempre. Fino all’anno della sua morte, avvenuto nel 1903.
Gauguin a Tahiti – Il paradiso perduto: artista visionario
Gauguin a Tahiti – Il paradiso perduto racconta quell’artista che il più delle volte non siamo propensi a conoscere. Scava all’interno di un Gauguin in presa ad un furore artistico, con cui abbandona la vita di vero e semplice benessere. Egli, con la sua arte, supera la corrente artistica del suo tempo, l’Impressionismo, andando alla ricerca di una autenticità che lo conduce ad un Eden e ad una pace interiore.
Il lungometraggio si concentra sul Gauguin selvaggio e dalla personalità complessa. Grazie alle varie testimonianze, possiamo conoscere le stanze in cui visse e gli atelier in cui realizzò i quadri più famosi. Tra l’altro, il film ci fa incontrare i nipoti e pronipoti che lo amarono. Senza dimenticare la proiezione delle sue meravigliose opere commentate dai più importanti esperti nel settore.
Grazie a queste informazioni che apprendiamo di quanto l’artista parigino fu all’avanguardia. Di tutti quei colori utilizzati, il cui anti-naturalismo ha lasciato un solco indelebile, facendo, soprattutto, scuola nel mondo artistico. Tra l’altro, creando una netta spaccatura con il secolo precedente. Apprendiamo un Gauguin moderno, proiettando sulla tela non tanto quello che l’occhio umano non riesce a vedere, quando quello che fremeva al suo interno. Tutte quelle emozioni che ci portano a definirci diversi gli uni dagli altri.
Gauguin a Tahiti: conclusioni
Grazie alla partecipazione straordinaria di Andriano Giannini e alle musiche di originali di Remo Anzovino, il film è accompagnato dalle parole dello stesso autore, mediante le lettere che ha inviato agli amici e parenti e narrazioni autobiografiche. Gauguin a Tahiti è per lo più girato in Polinesia, anche se lo sguardo si sposta anche all’interno delle metropoli europee.
Muovendoci dentro i più importanti musei, possiamo osservare le opere maestose dell’artista, dove migliaia di visitatori confluiscono ogni anno. Gauguin è stato un’artista senza dubbio ribelle, con l’atteggiamento di autoritrarsi come un selvaggio. Tuttavia, i suoi dipinti avevano come oggetto il mondo asiatico, quel paradiso che egli avvertiva perduto. E forse per questo il suo sguardo ha sempre avuto un rimando al mondo occidentale.
Gauguin a Tahiti
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Comparto tecnico: regia, montaggio e colonna sonora
- Ricostruzione storico-artistica
Lati negativi
- Mancato approfondimento poetica artistica