Go-kart: recensione del film australiano prodotto da Netflix
Il primo film australiano targato Netflix sbarca sulla piattaforma streaming
Non è certo un mistero che una delle ambizioni principali dell’essere umano sia quella di viaggiare ed esplorare nuovi territori. In questo periodo ci risulta impossibile, ma c’è qualcuno che lo fa per noi. Netflix si è presa questa briga, facendoci esplorare il mondo con film prodotti in vari stati. Go-kart, di cui parliamo in questa recensione, è il primo film della piattaforma ad essere prodotto in Australia. Il titolo si unisce a titoli provenienti da altre nazioni come A mente fredda, di produzione polacca, oppure a Isi e Ossi, commedia tedesca. Il regista è l’australiano Owen Travor, famoso per aver prestato le proprie mani al programma Top Gear. Il programma tratta di motori e autoveicoli, questo film non si discosta molto, trattando di go-kart.
Nessuno potrà fare a meno di notare le più che evidenti somiglianze con Karate Kid, che viene anche citato. In effetti la vicenda narrata è simile, ma è difficile pensare che il film potrà avere lo stesso successo dell’altro, divenuto cult. Lo sport è una tematica che da anni riempie le sale cinematografiche del mondo intero. Si sono visti film sugli sport più disparati: dagli scacchi al curling. Questo non è il primo film sui go-kart nella storia del cinema, ma è il primo dopo anni ad essere prodotto. Di film di corse abbiamo grandissimi esponenti nel passato prossimo; su tutti Rush e il recente Le Mans 66. I racconti di queste epopee e di grandi personaggi dell’universo a quattro ruote mettono i brividi. Riusciranno i go-kart a fare altrettanto? Scopriamolo in questa recensione.
Indice
Go-kart – Trama
Jack e sua madre si trasferiscono in una nuova città, più piccola. Il padre di Jack ha perso la battaglia con il tumore qualche anno prima, e la madre ha paura che Jack possa accusare questo evento più del dovuto. Arrivati in questa cittadina, i due si stabiliscono in una casa che sembra cadere a pezzi, ma non perdono l’entusiasmo. La madre acquista un locale in cui apre un negozio di alimentari, e un giorno fa al figlio una proposta. Jack riceve dalla madre l’invito per una festa di una ragazza della città, che si terrà in una pista di go-kart. La ragazza in questione è Mandy, che ha una passione per l’ingegneria meccanica e sa come gestire i motori dei kart. Jack rimane subito folgorato dalla ragazza; solo poi scopre che è sorella di Dean, asso del go-kart dal carattere particolarmente borioso.
La pista di go-kart è gestita da Patrick, campione ormai ritirato, a cui il padre di Dean vuole affidare la carriera del figlio. Patrick si rifiuta di accettare, ritiene che Dean non abbia talento a sufficienza, nonostante i successi. La gara di Jack va a gonfie vele, finché, per effettuare l’ultimo sorpasso, va sull’esterno ed esce di pista. Jack viene punto dall’insetto delle corse, e sembra che il suo destino non gli lasci altra via che quella di diventare un pilota. Chiede aiuto a Patrick, che però sembra soltanto sfruttare i suoi servigi, e non lo lascia salire su un kart. Jack allora decide di organizzarsi con Mandy e il suo amico Colin per gestire da solo la sua carriera. Costruiscono un kart e prendono parte alle gare provinciali. La carriera di Jack trova più di qualche imprevisto, ma con la sua squadra saprà farsi valere.
Go-kart – Recensione
Come detto, e come avrete capito, questo Go-kart è la copia su ruote di Karate Kid. Il problema principale del film risulta proprio essere la banalità dell’intreccio. La chiave di lettura dell’evento scatenante è quasi ridicola. La madre di Jack pensa che il figlio non sia contento del cambiamento di città, ma tra i due è evidente che quella che è meno contenta sia lei. Jack non sembra scosso minimamente, all’inizio. Solo dopo avremo prova del disagio dovuto alla morte del padre. La cosa può anche essere accettata, dal momento che il fulcro della narrazione sono i go-kart e non la relazione tra i personaggi. Ma il problema è che i go-kart non danno propriamente vita a competizioni avvincenti, anzi. Le strutture delle quattro gare che vengono mostrate sono esattamente identiche, ad eccezione dell’ultima.
Altra caratteristica che noterete inevitabilmente riguarda la scarsità di scenari presenti. L’impressione è che il set utilizzato fosse quasi sempre lo stesso, visto da angolazioni differenti. La pista su cui vengono eseguite le gare è la stessa, pochi dubbi. Ma la città in cui la vicenda è girata è incredibilmente mal definita. Il negozio della madre di Jack è in una via minuscola e priva di altre strutture. La regia di Go-kart non compensa del tutto queste lacune, ma lo vedremo più avanti nella recensione. Nel complesso è un film gradevole, soprattutto per un pubblico di ragazzi e bambini. C’è un enorme problema però, senza il quale probabilmente staremmo parlando di un film banale, è vero, ma molto dignitoso. Il film dura troppo. Ci sono moltissime sequenze inutili o, peggio, riutilizzate. Esatto, ci sono almeno un paio di sequenze che vengono riprese e riutilizzate.
Go-kart – Aspetti tecnici
Iniziamo da dove abbiamo concluso il paragrafo precedente. Nel 2020 riproporre delle sequenze uguali in diversi punti del film è inaccettabile. Sarebbe una situazione comprensibile se si utilizzasse per dei flashback, ma non è così, sono scene diverse e uguali allo stesso tempo. La regia è fluida ma stucchevole nelle sequenze di dialogo, in cui la macchina da presa inquadra con continui primi piani i volti di chi parla. Gli stacchi sono talmente tanti e talmente rapidi che a volte provocano mal di testa. Le sequenze migliori sono quelle, poche, in cui Patrick gioca a scacchi da solo, mentre Jack, sullo sfondo, si prodiga nelle strane faccende affidategli. La fotografia non eccelle né si lascia disprezzare. Ci sono poche sequenze al buio, abbastanza patinate e anche troppo illuminate per essere notte; data la scarsità di scenari diventa una conseguenza normale.
C’è una sequenza particolarmente brutta, in cui i due protagonisti si parlano sotto la pioggia. Inizia a piovere e un istante dopo i due sono zuppi come se piovesse da ore. Un’accortezza magari, o un semplice taglio di montaggio che, a questo punto, ha evitato di allungare ancora il film. Il montaggio è una componente che si salva sotto certi aspetti, ma commette anche errori grossolani. Le sequenze di dialogo di Go-kart le abbiamo già analizzate in questa recensione. Parliamo delle gare: sono montate sicuramente meglio di come sono girate. Una buona idea la camera divisa in quattro in stile mosaico di Formula 1. Neanche il montaggio può evitare che, a volte, si noti che le macchine vanno in direzioni diverse rispetto a quelle in cui si trovano un frame dopo. Gli attori maschi sono più belli che bravi, le attrici invece molto più centrate.
Considerazioni finali
Come sempre, quelle che sono analizzate in questa recensione sono le dinamiche più eclatanti di Go-kart. Non è un film da ricordare, ma neanche uno dei prodotti più scadenti presenti su Netflix. La durata è veramente un problema, e soprattutto lo si poteva risolvere facilmente. Ad esempio, la sottotrama della madre innamorata del poliziotto è inutile, non porta a nulla; dovrebbe farci consolare del fatto che la madre di Jack è riuscita a superare la morte del marito, ma non ne sembrava neanche lontanamente turbata. Oltre a questa ci sono anche altre sequenze che potevano essere ridotte all’osso, ma vengono dilatate. Il paragone con Karate Kid è giusto ed ingiusto al contempo. Stiamo mettendo a confronto questo film con uno di quei film che non hanno fatto la storia ma ricordiamo con affetto; Go-kart, come avrete capito dalla recensione, non ha le carte per diventare un cult.
Insomma, vi starete chiedendo, è da vedere? Non ce la sentiamo di dirvi di no. Merita comunque una quasi sufficienza. Se avete voglia di vedere un film leggero, gradevole in alcune sequenze e non impegnativo c’è di meglio, ma va bene anche questo. Un film come questo, del 2020, messo di fronte al più anziano Karate Kid perde il confronto; se non altro perché il karate è più avvincente dei go-kart, ma soprattutto perché Miyagi è più simpatico di Patrick. La banalità dell’intreccio vi stupirà, ma rimarrete esterrefatti di fronte al finale. Il consiglio che Patrick dà al suo allievo per sconfiggere la sua ansia è tutto da gustare. Dimenticate i discorsi motivazionali, le colonne sonore epiche o qualsiasi altra geniale forma di cinema. Patrick rivoluziona la settima arte, cosa che, come più volte detto in questa recensione, non farà Go-kart.
Go-kart
Voto - 5.5
5.5
Lati positivi
- Alcune scelte di montaggio
- Interpreti femminili
Lati negativi
- Durata eccessiva
- Intreccio banale
Allora sulla recensione sono perfettamente d’accordo. Ma sul fatto che il karate sia più avvincente dei kart, ho miei dubbi. E lo dico da appassionato sia di arti marziali che di motorsport.
Prima di dire una cosa del genere, vieni (riferimento a chi ha scritto questa recensione) a vedere una gara vera in un circuito vero come Lonato del Garda o Sarno. Magari in occasione dell’europeo o del mondiale.
Probabilmente chi ha scritto questa recensione, non sa neanche cos’è il vero spirito del karting, e non ha mai visto una gara vera. Spero che questo commento gli dia lo stimolo a rivalutare questo sport.
lo “spirito” del karting? suvvia, usa lo spirito per aspetti mooolto più importanti. tra essi, non certo in primo piano, è l’arte marziale, sia per concentrazione, come molto di più per difesa personale e attività fisica di buon riscontro. il karting, a cfr, neppure merita d’esser citato lontanamente. come parimenti e peggio, il motocross.