Governance – Il prezzo del potere: recensione del film con Massimo Popolizio
Michael Zampino realizza un affresco del settore energetico e delle sue contraddizioni
Michael Zampino è tornato. A distanza di dieci anni dal suo primo lungometraggio, il thriller psicologico L’erede, il regista ha deciso di tornare alla ribalta con un film ambizioso: Governance – Il prezzo del potere. Una pellicola che, come nella sua opera prima, si focalizza prevalentemente sul ruolo del potere, in questo caso nel settore energetico. Un contesto che Zampino conosce benissimo, vista e considerata la sua esperienza lavorativa di oltre 15 anni nel mondo petrolifero. Approfondiamo le tematiche di Governance – Il prezzo del potere nella nostra recensione.
Disponibile dal 12 aprile in digitale sulla piattaforma Prime Video, questa co-produzione italo-francese vede tra i suoi protagonisti gli eccezionali Massimo Popolizio, Vinicio Marchioni e Sarah Denys. L’opera è indubbiamente un affresco del settore energetico, delle sue contraddizioni e un’inarrestabile parabola sul potere del denaro. Il risultato appare positivo, per quanto ci siano alcune imperfezioni e incongruenze.
Indice
La trama – Governance Il prezzo del potere, la recensione
Renzo Petrucci, manager ricco e potente, deve abbandonare l’incarico di direttore generale della Royal. Si tratta di un importante gruppo petrolifero, di cui non fa più parte a causa di un’inchiesta per corruzione nei suoi confronti. Reticente verso le dimissioni e determinato a rimanere nell’azienda, decide di indagare su chi lo abbia tradito e consegnato alla procura. Convinto che a tradirlo sia stata Viviane Parisi, la giovane collega che ha preso il suo posto, Renzo le provoca un incidente stradale. Non solo, lascia la donna morire nell’esplosione dell’auto, coinvolgendo nel reato il povero Michele, un suo amico meccanico. Quest’ultimo appare molto turbato e, nonostante il suo passato da galeotto, comincia a fare sempre più domande a Renzo.
Man mano che le indagini sulla morte della donna vanno avanti, Renzo è sempre più nell’occhio del ciclone, braccato dall’ispettrice Ricciardi. La poliziotta non crede all’alibi dei due, i quali dichiarano di aver preso un’altra strada rispetto a Viviane. Michele sembra sul punto di cedere, ma Renzo paga il suo silenzio affidandogli una stazione di benzina della Royal. Un’opportunità imperdibile, che Michele decide di sfruttare ricattando Renzo. Ma grazie al ruolo strategico che ricopre nel mondo degli affari e alla sua rete di conoscenze, Renzo riesce a destreggiarsi tra le pretese del meccanico e le scomode domande della polizia, dimostrando a tutti di che pasta è fatto.
La rivolta degli umili
Ciò che colpisce dopo aver visto Governance – Il prezzo del potere e che è necessario menzionare nella nostra recensione è sicuramente il tema della rivolta degli umili. I due protagonisti, Renzo e Michele, sono infatti due uomini molto simili; questo nonostante abbiano intrapreso dei destini differenti. Entrambi hanno lo stesso background sociale: la periferia romana. In Michele tutto ciò risulta evidente: dai modi, dalla vulgata e dall’abbigliamento. Ma Renzo non è da meno e si capisce subito che dietro al macchinone, ai vestiti e ai comfort si nasconde un vecchio ragazzo di borgata. L’elemento rivelatore: il modo di mangiare e la sua fame atavica, totalmente estranea alla borghesia romana. Questi piccoli dettagli rendono nota la radice comune dei due caratteri principali, tanto simili quanto diversi. Simili anche nell’atteggiamento di rivolta.
È indubbio che una ribellione ci sia; sebbene l’aspetto interessante di essa sia da ricercarsi più negli esiti che nelle motivazioni. Renzo si ribella per orgoglio e fame di vendetta, Michele per opportunismo. Ma lo spartiacque è rappresentato dai risultati che ottengono. Il primo riesce ad emergere, a riaffermare la sua immagine di squalo degli affari. Il secondo, dopo un sussulto di vittoria, torna bruscamente alla sua condizione iniziale. Ecco dunque il tema più interessante sviluppato da Zampino, ovvero decostruire la credenza che il destino di ogni uomo sia il “prodotto del suo ambiente”. E ci riesce, non cadendo nel mito capitalistico del self-made man, bensì distinguendo manzonianamente il mondo in oppressi e oppressori. Lo iato tra i personaggi non risiede nelle possibilità e nelle conoscenze dei singoli; piuttosto è nelle scelte morali. Nel prezzo che si è disposti a pagare per il potere.
Il lato tecnico – Governance Il prezzo del potere, la recensione
Procediamo nella recensione di Governance – Il prezzo del potere approfondendo il lato tecnico dell’opera. Tecnicamente la pellicola è ben interpretata, con uno strepitoso Massimo Popolizio nei panni di Renzo Petrucci. L’attore genovese riesce a catturare la discesa abissale di quest’uomo, facendo emergere tutta la sua destrezza nella dizione e nella forza espressiva; e manifestando una presenza scenica che sembra ricordare quella di Vittorio De Sica. Altrettanto eccellente pare l’interpretazione di Vinicio Marchioni, molto bravo nell’evidenziare le turbe e i dilemmi di Michele, un individuo diviso tra il bene e il male. La regia è molto interessante e “tampina” i soggetti con la camera a mano, cercando di immortalarne le reazioni, le emozioni e i pensieri dinamici. Oltretutto molti sono gli echi cinematografici, capaci di estendersi da La Frode di Jarecki a Il capitale umano e Margin Call.
La fotografia è buona, seppur in certi frangenti cada nel rilancio cromatico dell’atmosfera visiva. Le ultimissime scene sono troppo squilibrate, con un’alternanza luce-oscurità che non abbina con il contenuto. La scenografia è elegante e realistica, sebbene ci siano alcune défaillance, le quali possono imputarsi allo stile documentaristico scelto dall’autore. Il sonoro è invece una grande delusione; un lavoro accorto e ragionato su di esso avrebbe sicuramente innalzato la qualità della produzione. Bisogna invece elogiare il montaggio; pressoché perfetto, ben studiato e figlio di un ottimo découpage. Inoltre un ulteriore aspetto postmoderno sembra investire il film; vale a dire un’estrema somiglianza tra l’arco narrativo tracciato da Renzo e quello di Griffin Mill in The Player di Robert Altman. Quest’analogia non stupisce, soprattutto se si considera la formazione statunitense di Zampino e i suoi studi alla New York University.
Considerazioni finali
Nel concludere la nostra recensione di Governance – Il prezzo del potere vogliamo sottolineare come il lungometraggio sia indubbiamente un’opera curata e di valore. L’estrema attenzione si riscontra in tutto il comparto tecnico. La storia narrata, con le sue tematiche ed i suoi sottotesti, appare indubbiamente molto intrigante. Il lungometraggio intrattiene, fa riflettere e arrabbiare. Restituisce delle reazioni allo spettatore, rivelando uno dei poteri della settima arte: il coinvolgimento. Qui sì che si può parlare di arte, di una produzione pensata e realizzata con mano ferma e lucida, con intelligenza e passione. È indubbia la bravura di Zampino nel tratteggiare un mondo e nel farlo vivere allo spettatore.
Ma la sapienza del regista risiede anche nel non lanciarsi in giudizi retorici o moralisti; un atteggiamento che ai tempi del politically correct va sempre più sprecandosi. L’autore francese disegna dei personaggi e, mettendone in scena le azioni ed i drammi, non fa altro che sviscerare il primigenio dilemma etico dell’essere umano: scegliere il bene o il male. E lo fa senza scrupoli, senza ellissi o edulcorazioni: realizza tutto in maniera onesta. Alla luce di ciò, malgrado alcuni piccoli difetti ed imperfezioni, l’opera merita una valutazione alta. Una valutazione che tiene conto dell’indubbio spessore artistico.
Governance - Il prezzo del potere
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Approfondimento psicologico dei caratteri
- Buonissime interpretazioni
- Regia molto interessante
- Ottimo comparto tecnico
Lati negativi
- Colonna sonora quasi inesistente
- Fotografia non perfetta nel finale