Grotesquerie: recensione della nuova serie horror di Ryan Murphy
Una serie horror onirica e particolare la cui bellezza subisce un brusco arresto a metà visione
Grotesquerie aveva tutte le carte in regola per essere una boccata d’aria fresca nella produzione di Ryan Murphy che iniziava a sapere di stantio. Assieme alla serie antologica Monsters, Grotesquerie torna a parlare delle tematiche care all’autore con le medesime atmosfere, ma con una costruzione narrativa che va in crescendo. Thriller, omicidi rituali, splatter, fantasmi che infestano la casa della protagonista, infermiere moleste e un circolo vizioso fatto di dipendenze che coinvolge ogni personaggio.
Indice
Trama – Grotesquerie, la recensione
Una famiglia uccisa nel modo più brutale possibile, una scena del crimine che somiglia più ad un mattatoio e poliziotti nauseati è il modo in cui Lois viene a conoscenza di Grotesquerie, serial killer spietato le cui uccisioni richiamano passi della Bibbia. La prima a rendersene conto è Suor Megan, una giornalista (e suora) che si occupa della cronaca nera del giornale cattolico. Tra le due nasce un’inusuale collaborazione che si trasforma in una sorta di sorellanza, quasi un’amicizia. Una connessione basata sull’ossessione per Grotesquerie e i suoi omicidi. Mentre Lois sogna di arrestare il killer, Suor Megan è fiera del suo lavoro al giornale in cui descrive nei più minimi dettagli il modo in cui le vittime sono state uccise.
Entrambe hanno una motivazione diversa per stanare l’assassino e nessuna è delle più nobili. Suor Megan agogna l’approvazione del prete della sua chiesa, Charlie Mayhew che sa come sfruttare i nuovi media per far avvicinare le persone alla religione e conosce il potere e la fascinazione per il true crime. Lois, dal canto suo, ha una vita inquieta: ha una forte dipendenza dall’alcol, la sua carriera brillante è in un vicolo cieco, suo marito, il cui matrimonio era ormai al declino, è in coma e la sua infermiera lo molesta quotidianamente e denigra Lois come donna e moglie; sua figlia ha una dipendenza dal cibo e una passione per i quiz.
Un inizio entusiasmante – Grotesquerie, la recensione
Le prime puntate di Grotesquerie attraggono quasi inaspettatamente. Il gore e lo splatter delle scene del crimine, di corpi dilaniati e messi in posa non disgustano, ma anzi la loro composizione pittorica è quasi poetica. Grotesquerie – o almeno le prime ore di visione – riesce nel tentativo di creare le atmosfere a cui Hannibal ci aveva abituato: una fotografia elegante, una regia che cura ogni inquadratura in cui la bellezza dei corpi supera il ribrezzo riescono quasi a far dimenticare che stiamo vedendo un horror. La trama, invece, abbraccia la prima stagione di True Detective grazie specialmente alla scrittura della protagonista molto classica nel mondo thriller. Con una famiglia disastrata alle spalle, una dipendenza che considera la sua migliore amica, Lois ha molti punti in comune con Rustin Cohle.
Anche i personaggi secondari sono irresistibili. Suor Megan con la sua ossessione per i serial killer, la sua ambizione e l’attrazione per il prete Charlie è un’ottima spalla di un duo inusuale, ma la cui chimica funziona alla perfezione. Charlie Mayhew (interpretato da Nicholas Alexander Chavez, già apprezzato in Monsters – La storia di Lyle ed Erik Menendez ) rappresenta il culmine del tema religioso portato avanti da Ryan Murphy dove la fede in tutto e per tutto è un brand che ha bisogno di rinnovarsi e di seguire le mode. Per quanto sia terribile, anche l’infermiera del marito di Lois è l’ennesimo tassello bislacco in un mosaico bizzarro.
E una rapida caduta – Grotesquerie, la recensione
Se si fosse fermata così, Grotesquerie sarebbe stata senza problema in qualsiasi classifica di fine anno sulle migliori serie tv. Onirica, oscura, un horror al limite del gore, una protagonista che si odia, ma con cui si spalleggia e un tripudio di personaggi bizzarri. Per quanto siano strani i primi episodi, è un viaggio che si fa con piacere, ma che ha un brusco arresto.
Per quanto siano eccentriche le regole del mondo narrativo di Grotesquerie ci si ritrova inaspettatamente ad abbracciarle, per questo quando tutto ha una risposta razionale l’interesse cala a picco. I personaggi che Ryan Murphy ci aveva presentato, così fuori le righe, ma con qualcosa da dire, diventano improvvisamente dei personaggi di una qualsiasi serie crime. Nessun dialogo strampalato a cui si fa fatica a credere, gli omicidi rituali perdono il loro fascino, perfino Lois somiglia ad una protagonista qualsiasi. È come se Hannibal fosse diventata una delle ultime stagioni di Criminal Minds, come se la prima stagione di True Detective avesse trasformato Rustin Cohle in un simpatico vecchietto che fa la spesa al mercato. Una delusione che viene amplificata con un finale aperto la cui scrittura è troppo pigra per essere realmente apprezzata.
Grotesquerie
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- I personaggi eccentrici
- Uno stile onirico accompagnato da una fotografia cupa e da una regia curata
Lati negativi
- Proprio quando ci si è affezionati allo stile narrativo e ai personaggi, la storia viene capovolta diventando una serie crime come tante altre